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N. 61, VI anno, 2008 Mercoledì 1 Aprile  2009
 
 
 


  Eventi di gran classe evocano lo spirito di Mariano in Palazzo Fortuny a Venezia.

Di Anna Paola Zugni-Tauro

Cappucci a VeneziaNel 2008, da marzo a luglio, Isabelle de Borchgrave, artista belga ( pittrice, disegnatrice, stilista, regista) creò al Museo Fortuny una “mostra-installazione” intitolata “Un mondo di carta” ispirata all’eredità culturale di Mariano Fortuny. Oltre a ottanta tra abiti e accessori realizzati in carta si sono trasformati nelle sue magiche mani con effetti di seta, damasco, pizzo, plissé. La virtuosistica abilità e il finissimo gusto di Isabelle rievocavano l’arte di Fortuny (1871-1949), pittore, fotografo, creatore di abiti e costumi, di mobili, di scenografie e di luci per il teatro, nato a Valencia e vissuto a Venezia, sua città di elezione.
Si è aggiunta poi al piano terra la deliziosa Mostra “ La nascita del Déco” dedicata a George Barbier , arricchita da incontri musicali con concerti di autori dell’epoca.
Ed ora dal 7 marzo al 4 maggio 2009 Roberto Capucci fa sì che Palazzo Fortuny sia di nuovo un “luogo-non museo”, come scrive nel Catalogo Sandro Parenzo, Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia, “e non l’ennesimo spazio museale…un luogo vivo e stimolante”.
Capucci, personaggio mitico del mondo dell’arte e della moda, nella sua lunga attività (nacque nel 1930) ha esposto nei luoghi più prestigiosi del mondo, dall’Europa alla Cina, al Giappone, all’Egitto, a New York. A Firenze, a Villa Bardini, ha sede la Fondazione Roberto Capucci. Innumerevoli sono i premi e le onorificenze che gli sono state assegnate.
Fu l’abito “Colonna” a rompere la tradizione sartoriale e ad inaugurare i celebri “ abiti-scultura” alla fine degli anni Settanta , opere che Capucci con innovativa libertà continuò a creare negli anni Ottanta con inserti a pannello, tubolari, a forma di fiore, di scatola, di capitello, lanciando anche verso l’alto il volume del plissé.
Negli anni Novanta il successo continuò con la partecipazione alla Biennale (1995) e con Mostre nei più importanti musei del mondo.
Ora al Museo Fortuny le straordinarie apparizioni di Capucci sono accompagnate anche dai gioielli originali di Vhernier e soprattutto dalle opere esposte nel Museo Fortuny che sembrano intrecciare un dialogo con partecipazione ispiratrice e coloristica.
Palazzo Pesaro degli Orfei, ora Fortuny accoglie dunque in perfetta sintonia gli “abiti-scultura”, apparsi altre volte in luoghi storici e suggestivi come Parma e Vienna , però qui a Venezia la condivisione è perfetta!
Opere spettacolari, come quella al primo piano ispirata al Tiepolo, abito con enorme strascico rosa e verde, ornato di ghirlande che invadono i colori dell’acqua e del cielo con naturalistica gioiosità, o l’altro al secondo piano di organza bianca e gialla con coda spropositata fanno dimenticare chi li indossa, la donna, entità superiore alla realtà accidentale.
I manichini fanno pensare alla frase con luce al neon di Mario Merz del 1982, esposta ora nella mostra “ Italics” a Palazzo Grassi: “ Se la forma scompare,la sua radice resta”, che bene esprime il senso della relazione arte-vita. La frase è ricavata dal testo del grande Rumi ( XIII° sec.), il profeta turco dei dervisci, “ Ogni forma che vedi ha il suo tipo supremo nell’Oltrespazio: se la forma scompare, non temere: la sua radice è eterna.”
Con questo ruolo di interprete e spettatrice astratta la donna scompare come identità corporea, lasciando il dono della sua bellezza, come una preziosa conchiglia il cui contenuto organico e generatore sia sparito.
E vengono alla mente altri paragoni: l’Albertine scomparsa di Proust e forse audacemente la stessa Venezia di oggi, la grande e potente Repubblica Serenissima che ci ha lasciato le sue fulgide forme di ammaliante bellezza, che ancor oggi ci lasciano stupiti ed increduli, come se fossimo di fronte ad un essere eccezionale, ma già uscito di scena. Riflessioni che aleggiano intorno alla misteriosa attrazione che suscitano gli abiti- manichini di Capucci. Emblematico l’abito di taffetas nero e verde con maschera, che conferma il paragone fra il fascino della donna e di Venezia.

Anche l’abito “Donna-gioiello” di taffetas nero, rosso e bianco con maschera e copricapo rossi è dedicato al Carnevale di Venezia.
Sempre sul tema dell’enigma nasce l’esotica “ Orchidea” in taffetas plissé nero con bordi bianchi. L’effetto dell’ abito-scultura “Angelo barocco” in lamé plissé con toni oro dotato di ali sul dietro è esaltato dal quadro nello sfondo nel quale appare un vero angelo. Cito questo accostamento per sottolineare un significativo dettaglio del colto e sensibile allestimento di Daniela Ferretti, ricco di suggerimenti che sanno ispirare nel visitatore originali suggestioni. Al contrario “ Ventaglio” è travolgente e illusoriamente danzante: è tutto realizzato in sauvage rosso con elementi a ventagli inseriti nei fianchi.

Anche per questo prestigioso evento gli organizzatori hanno ideato un’interessante attività collaterale, cioè un laboratorio di plissettatura.
Infatti negli anni Ottanta Capucci impreziosì le proprie opere d’arte in tessuto per mezzo della plissettatura, sempre nel ricordo di Mariano e del celebre “delphos”.

L’interessante proposta dei corsi, articolati in attività di laboratorio e in esercitazioni, consentono di acquisire un primo livello di apprendimento da utilizzare poi anche da soli. Si può aderire ai corsi esclusivamente su prenotazione, fino ad esaurimento dei posti disponibili, telefonando ai numeri 041-52366830- 041-2715911.
L’orario della Mostra è dalle 10 alle 18. La biglietteria chiude alle 17.
Chiuso il martedì.

Di Anna Paola Zugni-Tauro


 
 
 
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