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N. 59, VI anno, 2008 Sabato 1 febbraio  2009
 
 
 


  La paziente

di Luccia Danesin

Foto di Luccia DanesinDi solito ci va sempre accompagnata dal marito ma quel giorno mi chiamò perché lo zio era raffreddato e con tre linee di febbre.
“Luciana, mi potresti portare tu dalla dottoressa? Ho bisogno di qualche prescrizione, di alcune ricette”.
Arrivai con una buona mezz’ora d’anticipo tanto che volle fare a tutti i costi il caffè. “Ma, scusa, lo prendo solo io?”
“Sono già così nervosa, figurati se lo prendo. No, no, dai bevi.”
La vedevo aggirarsi per casa con la borsetta e i vari documenti sanitari.
“Cosa devi farti prescrivere dalla dottoressa di base?”
“Prescrivere? E’ sempre un terno al lotto. Quella appena mi vede gli scappa subito una smorfietta.”
“Ma come si permette?”
“Eh cara, i vecchi, le loro lagne, infastidiscono. Si pensa sempre che vista l’età ce la dovremmo metter via e sopportare tutti i dolori. Ma io ormai non ci resisto più con questo herpes che non mi hanno diagnosticato in tempo e s’è incancrenito: voglio vedere che altre cure ci sono. Ma quella mi farà passare per la solita esagerata. Mi dirà che non devo pensarci. Ma se hai male – dimmi – come fai a non pensarci?
E poi, appena entri in ambulatorio, vedi che ha fretta e allora io mi agito perché bisogna far presto, ricordarsi di dirle tutto: mi manca questo, sto finendo quello, non mi sono trovata bene con quel farmaco. Dopo, la dovrò pur informare su come mi sento, e cosa mi consiglia, o no? Se tutto va bene, scrive le ricette e me le dà chiudendo così ogni discorso.
Te ne dico una per tutte: non mi ha mai misurato la pressione di sua volontà.”
Si avvicina al lavandino, e beve qualcosa con un sorso d’acqua.
“Dai, andiamo, un Tavor e il tempo di arrivare che son calma.”

Di Luccia Danesin


 
 
 
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