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N. 63, VI anno, 2008 Venerdì 19 giugno  2009
 
 
 


  “Astronomia e sacre architetture”: All’Abbazia di Santa Giustina di Padova parole e musiche raccontano “Il Cielo di Galileo”

a cura di Abcveneto

Sarà l’Abbazia di Santa Giustina di Padova a ospitare, sabato 20 giugno, alle ore 21, la seconda tappa del progetto itinerante tra “Suoni, voci, immagini, luci tra Chiese e Monasteri del Veneto dal Medioevo alla contemporaneità”, articolato percorso artistico a cadenza annuale sostenuto dalla Regione Veneto, ideato e realizzato dalla direttrice artistica Elisabetta Brusa.

In omaggio all’anno dedicato all’Astronomia, indetto dalle Nazioni Unite per celebrare i 400 anni delle prime scoperte astronomiche, il tema svolto da questa quarta edizione è “Astronomia e sacre architetture – Levando gli occhi al cielo”, ed è quindi “astronomico” il filo conduttore dell’iniziativa che riporta negli spazi del sacro la più avanzata civiltà musicale e culturale contemporanea, mai disgiunta dalle radici delle più antiche espressioni artistiche, non escluse le voci o i suoni di mondi lontani.

Dopo il fortunato avvio del cartellone, con la serata intitolata “Dal cielo della Bibbia a Galileo”, (applaudita sabato 13 giugno a Santa Lucia di Piave da un pubblico attento e numeroso), sarà la grande Abbazia padovana il secondo spazio sacro prescelto per indagare tra i codici matematici, numerici, astronomici e mistici usati dagli architetti medioevali per tracciare con le pietre e nelle pietre segni e forme capaci, nel Medioevo così come nel XX secolo, di dialogare, maestosamente e intimamente insieme, con chi le osserva.

Musica e parole racconteranno, dunque, “Il cielo di Galileo” nel monastero in cui dimoravano due monaci benedettini allievi ma soprattutto amici dello stesso Galilei: il padovano Girolamo Spinelli e il bresciano Benedetto Castelli, quest’ultimo legato a tal punto al suo Maestro da seguirlo a Firenze e da restargli sempre vicino. Nella basilica dove anche i benedettini guardarono con occhi di scienziati al cielo di Galileo, la tromba di Andrea Barin farà risuonare la cupola rifulgente d’oro di evoluzioni sonore che daranno il benvenuto al pubblico, per poi lasciare la scena a “La création du Monde”, suite dalle forti suggestioni esotiche composta nel 1923 da Darius Millhaud per raccontare la creazione del mondo sulla base della mitologia africana, qui interpretata dalla pianista Alessia Toffanin e dal Quartetto Paul Klee. Sempre alternando creatività del XX secolo con espressività antiche, Armando Carrara leggerà, poi, documenti storici che ritraggono ombre e luci tra scienza e fede in quella Padova dove Galileo trascorse (sono sue parole) "Li diciotto anni migliori di tutta la mia età", alternandosi con i Cantori Cantus Anthimi diretti da Livio Picotti (con il contributo del soprano Ulrike Wurdak, della dulciana di Paolo Tognon, e dell’arpa di Matteo Zenatti), intoneranno una serie di antiche preghiere medievali. Tra queste, il salmo “In Exitu Israel” musicato da Vincenzo Galilei, che sottolineerà il racconto della morte di suo figlio, assistito dal benedettino Castelli, che per accompagnare Galileo negli ultimi momenti dovette chiedere “la grazia” all’Inquisizione.

Sabato 20 giugno 2009 – ore 21

Padova, Abbazia di Santa Giustina

“Guardando al cielo di Galileo”

(Info: Comune di Padova - Assessorato alla Cultura,tel. 049 8205619)

Musiche di Darius Millhaud (1892 – 1974), Hildegard von Bingen (1098 – 1179), Adamo di San Vittore (1177) Vincenzo Galilei (1520-1591), dai codici del XII, XIV e XV sec. e della tradizione russo ortodossa.

Andrea Barin, tromba; Alessia Toffanin, pianoforte; Quartetto Paul Klee (Alessandro Fagiuoli, Stefano Antonello, violini; Andrea Amendola, viola; Luca Paccagnella, violoncello); Cantori Cantus Anthimi diretti da Livio Picotti; Ulrike Wurdak, soprano; Paolo Tognon, dulciana; Matteo Zenatti, arpa

Letture da documenti storici “Ombre e luci tra scienza e fede sotto il cielo di Galileo”

Armando Carrara, voce recitante

Ingresso libero

Astronomia e sacre architetture

è un progetto ACIES, Associazione Culturale - cel. 335.6779953

APPROFONDIMENTI:

“Il cielo di Galileo” di Elisabetta Brusa

Qui si narra, in un importante e suggestivo luogo di culto della città di Padova, la complessità di un’epoca portatrice di grandi cambiamenti. Galileo, a cavallo tra il XVI e il XVII secolo parlava da scienziato, ma con una componente mistica che evocava accenti agostiniani.

Difendendo la centralità del Sole rispetto a quella della Terra, celebrava un vero e proprio “trionfo della luce” con riferimenti puntuali alla creazione descritta dalla Genesi, nei salmi, dai profeti.

Eppure le sue scoperte erano destinate a produrre rotture e costringevano un’intera società, fatta di prìncipi e cardinali, a confrontarsi su temi difficili, complessi, che obbligavano la Chiesa a posizioni scomode. Dai domenicani ai gesuiti, molti furono i nemici che ostacolarono le sue ricerche che, dopo il Concilio di Trento, più facilmente venivano lette come eresie.

Il famoso affresco di Raffaello del 1509 La disputa dell’Eucarestia funge da spartiacque fra un mondo dove la visione teologica si unisce al sentimento cosmologico e un mondo in cui la fede si separa dalla scienza.

Il processo, la condanna, l’abiura, l’esilio, il silenzio …diventano quasi tappe inevitabili di un percorso accidentato.

Eppure pochi sanno che tra gli amici fedeli di Galileo si nascondono due nomi: padre Benedetto Castelli di Brescia e padre Gerolamo Spinelli di Padova, entrambi monaci benedettini dell’Abbazia di Santa Giustina, entrambi menti illuminate da un’intelligenza scientifica.

Restano ancor’oggi testimonianze scritte delle splendide lettere che Galileo inviava a questi due allievi, che rimasero dalla sua parte fino alla fine. Padre Castelli, che lo aveva seguito in Toscana, era con lui anche l’8 gennaio 1642, il giorno della sua morte ad Ancetri.

L’Inquisizione gli aveva concesso la grazia di sostenere spiritualmente lo scienziato, ormai cieco e stremato, con il rischio della scomunica se solo gli avesse permesso di teorizzare sul cosmo. Padre Spinelli, invece, dopo aver preso le difese di Galileo, pubblicando libretti sotto falso nome in risposta alle provocazioni subite dal Maestro, rimase a Padova e divenne abate di quest’Abbazia, continuando comunque a intessere rapporti con Galileo. In una lettera del ’37 gli scrive “rendo grazie a lei che con questa lettera mi ha porta occasione di attestarle la continuazione della mia divozione et obligatissima volontà verso di lei, giacché dell’amor suo verso di me non ho mai potuto dubitare…”.

A cura di Abcveneto


 
 
 
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