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N. 64, VI anno, 2009 Mercoledì 1 Luglio  2009
 
 
 


  Padiglione Venezia “… Fa come natura face in foco” Le opere “ieratiche” in vetro di Crisitano Bianchin

A cura di Luigia Stefanelli

Sono in esposizione, presso il Padiglione VENEZIA, anche le opere dell’artista veneziano Cristiano Bianchin (1963), vetri concepiti attraverso la lavorazione “a mano volante” e soffiati con l’uso del vetro nero, pasta di vetro grigio o vetro incolore. La lavorazione della superficie vitrea di queste nuove opere è accuratamente costituita dall’utilizzo di tecniche alquanto complesse quali la “mola” ed il “nastro”.
Figure, dette crisaliformi, urne, contenitori che assumono la forma del lingam, ed un amuleto: una collana che l’artista ha metaforicamente trasformato in un bijou di quattro metri con tanto di pendente antropomorfo.
Sono queste le opere concepite con il vetro durante un lungo periodo d’ininterrotto lavoro in collaborazione con il maestro soffiatore Andrea Zilio ed il maestro molatore Giacomo Barbini presso la fornace Anfora di Murano.
Per Bianchin il vetro ricopre un ruolo più che mai essenziale del proprio fare arte. L’Artista così afferma: “Immagino, oggi, la materia vitrea come una molecola simile a quella del corpo umano nella quale vi sono idealmente inseriti tutti i codici genetici forniti di un proprio DNA, di una forma pensante…” E ancora: “Ho la percezione che l’utilizzo di questa materia, rivolta a tutte le vicende sperimentali che ho avuto motivo di sviluppare, mi appartenga da sempre. Al solo pensiero che questo medium possa essere così instabile nella sua malleabilità non fa che accrescere la mia curiosità di ricercatore”.
Per quest’appuntamento espositivo, in occasione della 53a Esposizione Internazionale d’Arti visive la Biennale di Venezia, l’artista ha voluto accompagnare il vetro con spirito austero sperimentando, dalle precedenti tematiche essenzialmente rivolte alle forme naturali, un tema a lui caro rivolto alla figurazione del corpo umano e al canopo.
Sorprendenti sono i risultati tecnico-formali. L’uso della figurazione è da sempre rappresentata da Bianchin quale descrizione attenta ai turbamenti emotivi dell’essere. Il disegno, il tessile, oltre al vetro, rappresentano momenti di pensiero diversi anche se uniti da un unico linguaggio: quello poetico. Nata essenzialmente con l’ausilio del vetro nero, quale approfondimento plastico della materia, questa nuova matrice figurativa sviluppatasi nel 2003 s’avvale appunto anche del tessile che, intrecciato sulla superficie medesima del vetro, in questa esposizione si propone come identità rituale attraverso anche l’utilizzo d’oggetti di recupero, oltre ad un rigoroso allestimento cromatico studiato dallo stesso autore.
L’artista, a tale proposito, afferma: “…le tecniche cui mi riferisco sono state, in parte, sviluppate da progetti risalenti al 1988. Il vetro, allora, non faceva parte dei mezzi d’espressione in uso. Lo erano il disegno e la canapa intrecciata. Il vetro ne fece parte più tardi, nel 1992.”.
Anche questo singolare materiale appartiene al tempo. Bianchin è riuscito a dialogare con esso consegnandocelo come un pensiero reso, attraverso la materia, tridimensionale.
Importante, infine, è il confronto che l’artista instaura con le forme lignee africane. Questa serie d’opere sono dettate da un’inequivocabile forza primaria. Una forza che queste immagini positivamente emanano raggiungendoci direttamente al cuore.

A cura di Luigia Stefanelli


 
 
 
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