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N. 68, VI anno 1 novembre  2009
 
 
 


  Progetti per Straniere

Di Raffaella Biasi

Non è cosa da poco rendersi conto della difficoltà che hanno molte donne nel sentirsi considerate, non sfruttate, messe alla pari e inserite in un contesto sano. Figuriamoci poi quando una donna abita anche in un territorio che non conosce e quindi è doppiamente chiusa in una situazione di isolamento. Straniere e donne quindi.
Di questo vasto argomento qui focalizziamo una lodevole iniziativa messa a segno in un comune del Treviso: Spresiano. Il comune ha dato spazio e aiuto socio-economico ad un gruppo culturale che si chiama “Donne dal mondo”, per favorire l’integrazione e il benessere delle cittadine straniere nel nostro territorio. Perché è importante? E’ importantissimo, perché a riguardo degli stranieri ci si schiera sempre su fronti ben definiti, ma solo per variare le sfumature discriminanti o per denigrarli per le varie insoddisfazioni che hanno creato al nostro territorio.
Ho intervistato la coordinatrice, Asseya Bouzekri, una donna del Marocco, 28enne, che abita in provincia di Treviso da sei anni. Collabora col Comune e una volta alla settimana insegna l’arabo classico ai bambini che frequentano la Moschea di Villorba.

Da semplice cittadina come le è venuta l’idea di collaborare col comune?

Quando sono arrivata in Italia ero costretta ad andare sempre a traino di mio marito perché non sapevo la lingua e quindi mi sentivo stupida e dipendente. Volevo essere indipendente.
Avevo già studiato un anno di lingua italiana in Marocco, ma non mi bastava. Mi sono iscritta al CTP ed ho preso il diploma di Terza media, ma mi vedevo comunque ignorante rispetto al territorio e quindi ho cercato di sapere se c’erano dei corsi di lingua. Avevo voglia di imparare. Dal momento che non c’erano, ho seguito uno stage al comune di Spresiano, dove ho conosciuto l’assessore Manola Spolverato. Mi sono offerta di aiutare anche gratuitamente all’ufficio stranieri e cosi l’assessore mi ha parlato del loro progetto di integrazione delle Donne nel territorio e stiamo lavorando insieme.

In cosa consiste il Progetto?
Il progetto ha lo scopo generale di una buona integrazione tra cittadini nel territorio e nello specifico si comincia dalle donne straniere, che sono il fulcro dello scambio sociale. Per esempio molte donne sono madri di future generazioni di bambini che cresceranno qui in Italia e saranno frutto di una buona integrazione anche dei genitori, per non far nascere fazioni opposte in futuro.

Come si articola?
CI sono vari livelli, piccoli progetti all’interno di un grande scopo. Al momento ci troviamo ogni sabato dalle 10 alle 12 presso la biblioteca di Spresiano e studiamo l’italiano riportando all’interno del gruppo le lezioni che abbiamo appreso fuori e coltivando l’amicizia.

Quali sono i vantaggi immediati?
Innanzitutto l’amicizia attraverso la quale passa il senso più stabile dell’integrazione. Poi il miglioramento della lingua parlata e scritta. Già questi sarebbero fattori sufficienti, ma non è da sottovalutare che il comune offre anche un contributo per motivare le donne a partecipare.

In cosa consiste il contributo? Quanti soldi?
No, no! Se una donna frequenta questo gruppo, il Comune una volta al mese le porta la spesa alimentare a casa. Una iniziativa pratica e lodevole. Inoltre ogni sabato viene un’assistente sociale che si informa per noi e ci porta tutte le opportunità di lavoro che ci sono nel territorio. Insomma ogni sabato sappiamo se c’è nuovo lavoro e prendiamo nota.

Naturalmente il vantaggio è molto più complesso e articolato della semplice lista che stiamo sgranando ora, per esempio il fatto stesso che molte donne che si sentono qui sperdute e si trovino accolte in un luogo sano e sicuro, dà garanzia anche ai mariti ‘apprensivi’ o gelosi che il loro tempo sia ben speso. Inoltre so che ci sono donne che non escono mai se non hanno un invito o un motivo pratico e sono completamente isolate e all’oscuro di tutte le possibilità che offre il territorio. Spesso le donne musulmane possono partecipare solo a gruppi o lezioni dove non ci siano maschi. Ma ci sono anche vantaggi a lungo termine Quali sono quindi i vantaggi ulteriori?
Si, una volta al mese invitiamo una personalità o un esperta che ci può aiutare a capire il vivere quotidiano.
A ottobre abbiamo invitato una sociologa. Abbiamo in Calendario per novembre la ginecologa e poi di seguito un' avvocatessa, una psicologa e un’insegnante. Ognuna di noi, per esempio, si prepara delle domande da porre alla ginecologa, perché magari non avrebbe modo o coraggio di andarle a chiedere a un dottore. Abbiamo anche un progetto che si chiama "micro-solidarità" e che consiste nell’avere un servizio di baby-sitting durante il nostro incontro del sabato. Ogni settimana una delle donne tiene i bambini delle altre ed il comune la paga. Oltre a questo, se una di noi deve andare a lavorare o a studiare, basta che trovi una sua amica che le tiene i bambini ed il comune la paga. Penso che questa sia una vera soluzione per un grande problema che abbiamo noi donne straniere perché siamo in Italia lontane delle nonne, zie...e parenti.

In un certo senso quindi ci si sente protetti dal gruppo e si ricrea l’ambiente familiare che avete lasciato nel Paese di origine. Quale è quindi il prossimo evento?
Sabato 21 novembre alle ore 21 presso la Biblioteca comunale di Spresiano (Treviso) verrà tenuto l’incontro con la ginecologa. A questo incontro possono partecipare anche le persone non iscritte. E a dicembre?
A dicembre ci siamo ripromesse di impegnarci ad imparare come si fanno i compiti per casa, per poter seguire meglio i nostri figli altrimenti non si integrano bene neanche loro e magari col tempo ci sfuggono di mano… Insomma impareremo da una insegnate come funzione il sistema scolastico e i metodi di insegnamento, nonché anche i dettagli per poter fare le lezioni con loro.

Ci racconti altri obiettivi che lei si è posta?
Ero partita dall’idea che non volevo che gli italiani considerassero le donne straniere solo elementi per la manodopera e la pulizia. Gli italiani pensano che siamo solo cameriere o operaie. Invece no. Ognuna di noi ha una testa e pensa. Ma spesso la distanza socio-culturale non permette che ci conosciamo. Spesso confondono la persona con la religione.

Questo progetto ha a che fare con l’islam?
No, il progetto è al solo scopo di integrazione, la religione non c'entra niente. L’integrazione significa vivere bene il territorio dove sei andato ad abitare. Per esempio gli stranieri che vengono a lavorare qui al Nord Italia cercano quasi solo i soldi. Parlano solo di questo e della vostra civiltà o società non la considerano tanto, ma anzi, salvo rari casi è solo fonte di corruzione. Questo è l’unico motivo per cui vengono e solitamente non interessa tutto il resto, ma io penso che la vita sia fatta anche del vivere quotidiano e comune che offriamo a noi e a i nostri figli. Inoltre bisognerebbe cercare il bello che ogni popolo sa offrire.

Non crede che l’Italia abbia già fatto abbastanza? Spesso non ci si accorge, ma è una terra generosa e offre opportunità molto più che all’estero. Anzi molti abitanti si lamentano che gli stranieri assorbono tutto il budget dei comuni. Ormai la società è mista e multiculturale e l’integrazione delle persone alla lunga favorisce un miglioramento di tutta la società. E poi, provi lei a trovarsi per anni in un Paese straniero e a non capire la burocrazia, come muoversi, cosa fare. Ed è per questo che se le donne ci frequentano hanno la nostra solidarietà. Bisogna passare parola.

Straniere vuol dire marocchine?
No, devo precisare che siamo un gruppo di donne da molti paesi, i più disparati, dai Balcani all’Africa. La mia cooperatrice principale si chiama Asta ed è africana per esempio. Comunque i codici di comportamento sono simili in molti Paesi musulmani ma non del tutto uguali, siamo assolutamente diversi dal Marocco alla Palestina e ancora qui le persone non lo capiscono, è come la differenza tra Svezia e Grecia.

Cosa dice suo marito? Lei per esempio è velata e segue il codice di comportamento musulmano (Il codice di separazione dei sessi) che qui da noi non viene ben compreso e considerato ridicolo e mortificante. Mio marito mi incoraggia. E’ molto aperto. Lui è qui da 15 anni ed è ben integrato. Abbiamo due bambini che frequentano l’asilo. Ma le persone qui hanno un’idea molto sbagliata delle donne musulmane. La donna non è sottomessa. Ho il velo e non me lo leverei per nulla al mondo, neanche se mi dessero un lavoro solo se me lo tolgo. Sono libera di fare quello che voglio, basta che io faccia la cosa giusta.

Giusta per chi? Per il marito? Per la società? La convenienza? Giusta per la mia religione. Se mi dicono di togliere il velo non lo tolgo perché è una scelta personale che non c’entra niente con l’integrazione.

Nessuno vuole integrarsi al punto di rinunciare alle proprie caratteristiche, quindi quale è il modello di integrazione che lei si prefigura? Lei sa che l’integrazione non è assimilazione. Ma qualsiasi modello sociologico si può ottenere realizzare solo se c’è reciprocità, solo se entrambi lo vogliono . Per esempio le italiane devono imparare a capire i vari perché dei nostri usi e costumi senza per questo giudicare le usanze o le scelte della separazione tra sessi, ma viceversa le italiane non vogliono sentirsi giudicate come ‘leggere’ solo per il loro senso di libertà o la scelta delle minigonne. E’ per questo che nelle fasi successive del progetto invitiamo molte donne italiane a partecipare alle nostre iniziative, affinché si crei quell’amicizia che favorisce il vero spirito di convivenza e l’integrazione sia reale. Bisognerebbe fare entrare le straniere nel proprio giro chiuso di persone e amiche, perché nel proprio giro non si può entrare mai se non sei nato qui.

Come si può entrare nel gruppo?
Basta venire ed iscriversi !

Di Raffaella Biasi


 
 
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