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N. 68, VI anno 1 novembre  2009
 
 
 


  Biennale d'arte: itinerario d'autunno

Di Anna Paola Zugni-Tauro - foto di Giovanna Dal Magro

G. Kachaturian – CavalliL’Esposizione Internazionale d’Arte ai Giardini e all’Arsenale è aperta fino al 22 novembre, mentre parecchie sedi espositive decentrate hanno già chiuso i battenti in varie date dei mesi di settembre e di ottobre.
Anche in questo secondo articolo sul tema Biennale scelgo e propongo un itinerario che orienti il visitatore ad individuare esposizioni visitabili sia per date che per qualità.
Purtroppo è ancora aperta, ma chiuderà prima della data in programma ( 22 novembre) per essere trasferita in Russia, la eccezionale Mostra della pittrice Khachaturian, organizzata nel Padiglione della Repubblica d’Armenia, allestita accanto ad altre importanti esposizioni nell’affascinante sede di Palazzo Zenobio, al Collegio Armeno Moorat Raphael vicino ai Carmini nella Fondamenta del Soccorso. Chi l’ha già visitata ha goduto della straordinaria occasione di conoscere l’opera di un’artista meravigliosa e in Italia quasi sconosciuta Gayané Khachaturian , purtroppo morta di cancro nel maggio 2009. Armena vissuta in Georgia a causa della diaspora, rappresenta senz’altro una delle personalità più complesse e originali nell’arte contemporanea.
L’esposizione è corredata da un prezioso dvd, nel quale il grande regista armeno Sergey Parajanov ci presenta il personaggio immergendolo nel suo modo leggendario. Infatti appaiono immagini di Tbilisi, capitale della Georgia, solcata dal fiume Kura incassato fra dirupi sui quali sono aggrappate antiche chiese e monasteri, città formata da antiche case, molte di legno, con le vie percorse da carrozze antiquate, animata da uomini in costume che danzano nelle osterie, da processioni con personaggi che indossano maschere impressionanti. S. Gladwell – La strada -   Foto d’archivio Si presenta ai nostri occhi un mondo lontano, sconosciuto e avvincente, dal quale emerge la Khachaturian, pittrice dai grandi occhi sognanti, dalla fronte incorniciata da una larga banda di capelli neri.
Dopo il paesaggio, il filmato scorre l’album di famiglia di Gayanè, fonte per lei di immagini, volti, memorie, sguardi di antenati, memorabili volti ovali e bianchi. Parajanov fece cantare Gayané dalla voce vellutata e avrebbe voluto che lei si dedicasse solo al canto, ma l’artista gli rispose che la sua vita era dedicata alla pittura, immersa in Tbilisi città multietnica, comunità amata, popolata da uomini che danzano e donne affacciate al balcone. Gli rispose “gli dei e il vento m’ispirano” e Parajanov concluse che Gayané è in realtà uno sciamano.
Ammirando oggi i suoi quadri non si può dimenticare la vicenda umana e artistica di Chagall.
E’ significativo che la Mostra sia approdata in questa Venezia che donò agli Armeni fuggitivi l’isola di San Lazzaro, dove ancor oggi risiede la Congregazione Armena Mechitarista.
A caccia di emozioni consiglio di procedere con la visita alla mostra “ In-finitum” , aperta fino al 15 novembre a Palazzo Fortuny, nella quale si esplora la categoria dell’infinito, dal non finito all’illimitato, con sistema multidisciplinare che confronta, con ampia scelta di opere famose di tutti i tempi, arte, scienza, e riflessione. Consiglio la lettura del dotto catalogo, soprattutto per i saggi filosofici molto stimolanti. Nel magico palazzo è stato aperto anche il terzo piano con sorprendenti vedute su di una città come Venezia anch’essa aperta verso l’infinito.
A.El Siwi, A.Askalany  - Leggermente monumentale  - foto Giovanna Dal MagroFino al 22 novembre si possono visitare Arsenale e Giardini. Oltre alla ben nota e grande pittura di Miquel Barceló nel padiglione spagnolo, consiglio la visita dell’originale padiglione russo, dove si accostano la performance di Gosha Ostretsov, in una misera isba intitolata “Il nuovo governo” e la Nike di Samotracia in duplice copia di Andrei Molodkin: figure gemelle trasparenti di cui una si colora di nero, l’altra di rosso, cioè della densità del petrolio e della viscosità del sangue. Ciò significa che l’orribile mondo è costruito sul denaro e sulla morte. Non esiste un concetto così elevato e astratto in grado di mantenere il suo significato se si svela il contenuto!.
Nel Padiglione Italia, curato con particolare intelligenza da Luca Beatrice e da Beatrice Buscaroli, prevalgono nella pittura il maestro del colore Sandro Chia, e il raffinato Giacomo Costa con le sue atmosfere abitate da luci fosche e archeologie di un’umanità solo ricordata nella sua decadenza tecnologica, dove la natura è ricollocata al posto che le spetta. Nella scultura si distinguono Nicola Bolla con il simbolico e splendente unicorno e Marco Lodola con “Balletto plastico”.
Shaun Gladwell nel Padiglione Australiano espone un toccante video “Apology to Roadkill”. L’autore è famoso in Australia dove è attivo, ma ha lavorato anche in Brasile, in Europa, in Giappone, in Corea e in nuova Zelanda.
In un vasto paesaggio si avvicina un temporale e sulla larga strada rossastra il vento solleva la polvere e distorce la vista. Passano con possente indifferenza enormi camion, fin che appare un motociclista tutto nero, coperto da tuta ed elmo. Si ferma, raccoglie sul ciglio della strada il corpo morto di un canguro, lo esamina, lo culla, se ne va e poi torna più volte a spostare con tenerezza l’esanime animale in luogo più sicuro. E’ un “memento mori” significativo e commovente, condotto con eccellente rigore intellettuale e formalismo visivo. D.Chihuly – Mille fiori  - foto  Giovanna Dal MagroAnche l’Egitto offre un’appassionante esposizione con le sue enormi e simpatiche statue costruite col fogliame: non è la materia che conta, ma il valore di uomini e animali, non è l’eccezionalità a dar senso alla vita, ma la quotidianità. “ Leggermente monumentale” è il titolo del padiglione con le opere di Adel El Siwi e Ahmad Askalany.
Grande onore regala all’Italia il Padiglione Venezia, interamente dedicato al vetro, che ha la sua culla a Murano.
E’ stato curato dall’architetto Ferruccio Franzoia per la Regione Veneto con molta sapienza, cultura e gran buon gusto sia per l’ottima scelta degli artisti di oggi e di ieri, sia per l’allestimento. Sono stati invitati Cristiano Bianchin, Alessandro e Laura Diaz de Santillana, Ritsue Mishima, Yoichi Ohira, Maria Grazia Rosin, Lino Tagliapietra e ricordato Toni Zuccheri ed altri nella sala della memoria. Spettacolare l’allestimento all’esterno di “Mille fiori” di Dale Chihuly, un’esplosione di colori costituita da circa cinquecento elementi di vetro derivante da pezzi già realizzati in passato. Il suo prossimo progetto che riguarda Singapore presenterà venti sculture inserite in contesti interno-esterno in una bella località di villeggiatura appena fuori città. E il discorso sul vetro ci porta a Murano, al Museo del Vetro, dove si espone fino al 24 novembre l’opera Sassi di Luciano Gaspari ( Venezia,1913-2007). Le oltre settanta opere dal 1955 al 1995 provengono da tre grandi nuclei collezionistici.
Nel 1955 Gaspari divenne direttore artistico di Salviati e poi dimostrò il suo uso innovativo delle tecniche tradizionali con la capacità di guardare al passato per inventare il futuro. Scrive nel catalogo Aldo Bova “Nei vasi Sasso ad una forma semplice e irregolare in cristallo sono sovrapposte due o tre spesse fasce in colori diversi che, lavorate a caldo, di adagiano mollemente sul corpo dell’oggetto con esito felice e di assoluta novità.”

Di Anna Paola Zugni-Tauro - foto di Giovanna Dal Magro


 
 
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