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N. 66, VI anno, 2008 1 Settembre  2009
 
 
 


  "Un provinciale in fuga" di Luigi Urettini

Di Sara Miriade - Foto di Maria Ester Nichele

De Nardi, Trentin, UrettiniLuigi Urettini, storico trevigiano ha raccolto e pubblicato le sue ricerche su Giovanni Comisso nel volume Un provinciale in fuga, Cierre edizioni 2009, e le ha esposte domenica 14 giugno a 'Treviso allo specchio', un'iniziativa del centro giovani della città, che ha messo in comunicazione l'editoria locale sulla tematica dell'identità culturale. Sono state presentate interessanti pubblicazioni. Quella su Giovanni Comisso ci è parsa particolarmente rilevante proprio per la comprensione dell'identità trevigiana e per questo vogliamo segnalarla.
In dieci capitoli viene ripercorsa la vita di Comisso che si intreccia con eventi, incontri e amicizie significativi. Il titolo del volume è in piena sintonia con ciò che l'autore voleva mettere in risalto: la vita di questo scrittore trevigiano che ripetutamente ripudia il suo ambiente nativo perché angusto e meschino nella mente e nello spirito, ma che continuerà ad essere, nonostante le esperienze culturali sul piano nazionale e internazionale, la sorgente della quale attingere, fino alla fine, la sua visione del mondo. Comisso ha vent'anni allo scoppio della Prima Guerra mondiale. Ai primi del Novecento -non ora- può permettersi di continuare a studiare, nonostante gli insuccessi, perché figlio di un sostanzioso commerciante e nipote, da parte di madre , di quei Salsa, di cui uno, Giovanni, era presidente degli ordini degli avvocati e l'altro, Tommaso, era stato eroe della guerra di Libia. La guerra lo esalta, perché così può fuggire e liberarsi dall'opprimente Treviso e dalla famiglia, che lo obbliga a dei rituali che lui non condivide, però usa la famiglia per avere le raccomandazioni che gli consentono di stare nelle retrovie in luoghi sicuri dove poter leggere e scrivere. Non la politica, ma la stessa esuberanza vitalistica lo farà rimanere a Fiume, quando arriva D'Annunzio con i suoi arditi ad occupare la città, il 12 settembre 1919. Qui è in stretto contatto con l'entourage del Comandante, ed è felice perché vive a contatto con la natura e può godere di un paesaggio incantatore. Dopo il trattato di Rapallo, la rivista Yoga, che faceva capo a lui e a Guido Keller, si dimostra ostile ad ogni forma di compromesso con il governo Giolitti e molto vicina alle posizioni di Pietro Marsich, leader dell'area più rivoluzionaria del fascismo veneziano, anche se non sono stati provati i contatti tra i due. Di fatto, quando nel luglio del 1921 il fascio di Venezia, guida 1500 fascisti e occupa Treviso, Giovanni Comisso “cerca prudentemente di prendere le distanze dagli squadristi fascisti, ostentando una presunta posizione di neutralità dei legionari fiumani, ampiamente smentita nella pratica”. In raltà il ribellismo del periodo fiumano si sta progressivamente stemperando per dar posto a quel richiamo all'ordine che in fondo era in sintonia con la sua tradizione familiare. Nel frattempo, mentre la sua famiglia concentrava ogni sforzo per laurearlo in legge, Giovanni frequentava i salotti romani, conosceva poeti come Arturo Onofri, artisti come De Pisis. Negli anni Venti, oltre a laurearsi in legge, farà, "con il distintivo facista all'occhiello della giacca", l'inviato speciale a Parigi, in Nord Africa, in India, in Indocina, in Cina, in Giappone e in Russia. Conosce tra i tanti, Eugenio Montale, Isaak Babel, Sandro Penna, Umberto Saba. Ignora le avanguardie del Novecento, sfiora Solaria e approda a L'Italiano di Leo Longanesi, condividendo la corrente di Strapaese e poi a Primato di Giuseppe Bottai. Con i proventi ricavati dall'attività di giornalista compera nel 1930 una casa attorniata dalla campagna a Zero Branco, dove va ad abitare prima con la madre e poi con qualche amico. Rimane fascita fino alla fine, anche durante quindi la Repubblica Sociale, continuando a scrivere e a pubblicare, senza andare “oltre una visione puramente individualistica dell'arte, che ignora qualsiasi rapporto con la società”. Il libro è stato scritto con precisione doumentaristica che porta a una conoscenza approfondita dell'uomo e dello scrittore Giovanni Comisso. Io credo, però, che lo studioso Luigi Urettini, sia stato troppo crudele o eccessivamente moralista nei confronti di Comisso. Certamente le lettere e gli scritti non rivelano una personalità priva di ombre, ma in fondo se si va a scavare nell'essere umano si trovano, sicuramente a diversi dosaggi, le stesse nefandezze. Molti artisti o personaggi pubblici hanno avuto nella loro biografia delle macchie indelebili, che però sono rimaste, anche se non del tutto, indipendenti dalla loro opera. Per fare degli esempi estremamente banali, ma che forse possono rendere l'idea: Caravaggio era un assassino e Giotto un usuraio, ma le loro opere non vengono da parte della critica culturale continuamente accostate a queste esperienze deplorevoli. Dall'altra parte Hitler non credo possa essere sgravato dalle sue responsabilità perché vegetariano, amante degli animali e non fumatore.
L'opera di Giovanni Comisso rimane avulsa dalla politica, dallo scontro sociale, se vogliamo "infantile" perchè fuori dalla storia, però indirettamente si possono trovare delle descrizioni della società contadina dell'epoca e del paesaggio veneto anche dal punto di vista psicologico ed umano che hanno di per sè un valore storico e linguistico perché la prosa d'arte che gli dà sostanza è una delle migliori della nostra identità veneta. Sara Miriade

Di Sara Miriade- Foto di Maria Ester Nichele


 
 
 
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