n.77 VII anno, 1 agosto 2010
Le leggi ingiuste: la cittadinanza agli stranieri

Di Raffaella Biasi
Salvo le singole persone con desiderio personale di riequilibrare le ingiustizie di questo Paese, la nostra bella Italia è diventata progressivamente più razzista, il Veneto poi batte tutti. Basta fermarsi ad ascoltare i luoghi comuni della gente, che non si rende conto abbastanza che senza stranieri la nostra natalità va sotto zero e la nostra economia si arena.
Perlomeno nelle dittature le leggi sono più chiare e il popolo non viene preso in giro con false promesse. Non c’è niente di più vergognoso di abitare in un Paese con opinioni e leggi razziste. Per esempio l’ultima nata, quella che allunga il tempo di ottenimento della CITTADINANZA. Per ottenerla non bastano cinque anni di permanenza nel territorio e, fino a poco fa, se eri sposato, bastavano due anni dalla richiesta. Ora questa legge è diventata retroattiva, cioè prende con il suo braccio mortale anche chi ha depositato la domanda prima che il decreto entrasse in vigore. Ma una legge retroattiva è ridicola! Prende in giro l’italiano che sposa lo straniero. Bisogna pagare altre tasse e aspettare di nuovo mesi o anni per poi non essere ancora sicuri che non facciano un'altra legge retroattiva.
Questa ultima legge era stata fatta per diminuire il numero delle richieste di ingresso in Italia (per rallentare le migrazioni), disincentivare gli stranieri a fermarsi nel territorio (perché ormai non c’è più lavoro), scoprire i matrimoni falsi. A questo punto i falsi e i veri vengono messi tutti nello stesso calderone. I buoni e i cattivi vengono tutti mandati al macello, perché dopo aver aspettato e pagato centinaia di euro bisogna ancora pagare e aspettare. E così non c’è l’integrazione tanto agognata, perché non c’è lavoro alla pari senza cittadinanza. E comunque la persona non si sente psicologicamente parte del sistema. Per esempio il matrimonio finto non è cosi piacevole da accettare ed è solo l’ultima ratio per sfuggire a una dittatura o perché in Italia non c’è altra soluzione per essere legalmente protetti. Ma può costare quanto un trasferimento in un barcone, cioè fino a 10mila euro. Chi ne è costretto lo fa controvoglia, ma le due parti sono in accordo e non c’è violenza e quindi il matrimonio finto non dovrebbe interessare al governo poiché ad esso non riguardano i sentimenti che ci sono in una coppia. Ci sono tanti matrimoni di interesse anche tra italiani stessi eppure il governo non si mette in mezzo.
Sono i governi a incrementare le mafie di questo genere perché non offrono soluzioni di equità e costringono persone ‘sane’ ad aggirare l’ostacolo. Infatti lo straniero non vuole la cittadinanza perché l’Italia è bella e offre opportunità o perché gli stranieri vogliono votare e decidere le nostre leggi. Semplicemente nel curriculum per trovare lavoro se sei cittadino italiano puoi accedere ai concorsi pubblici. Comunque se hai deciso di vivere in Italia e hai una famiglia qui, perché non puoi darle una vita dignitosa o perché non hai pari opportunità? Nossignore, lo straniero ha meno opportunità di chiunque, anche se è una brava persona e si comporta bene. E se le carceri pullulano di stranieri forse bisogna fare un distinguo tra i buoni e i cattivi e sul perché tanti vanno in carcere. Solitamente spaccio, reato in genere dovuto alla mancanza di lavoro, per poi certamente considerare i reati più gravi, ma anche considerare che loro non hanno un buon avvocato!
Fino a non molto tempo fa il gioco era questo: l’Occidente, con lo stile di vita, affamava i paesi del terzo mondo; i più forti o i più arrabbiati dei giovani dei Paesi soprattutto dittatoriali cercavano di fuggire; per fuggire dovevano pagare un prezzo altissimo alle mafie che fanno la tratta degli umani (la terza più redditizia dopo droga e armi); chiedevano un prestito a parenti e amici locali che - pena la morte - dovevano restituire, arrivavano in Italia spesso in mezzo a difficoltà e sofferenze e talvolta torture, se trovavano lavoro restituivano progressivamente la somma, se no erano costretti ad arrangiarsi. Insomma agli immigrati si chiede uno sforzo sempre doppio: di comportarsi con leggi e abitudini diversi dal loro Paese (e questo ha una logica), ma nel contempo di lavorare per questa società, pagando le tasse ma senza avere i loro diritti, come si vede per esempio nei contratti di assunzione o di affitto. In questo modo non si sentono al sicuro a causa delle leggi retroattive, perché così non si sa se un domani faranno leggi che tolgono loro altri diritti e non garantiscono equità.
Gli unici requisiti per la cittadinanza, oltre al corretto comportamento e rispetto delle leggi italiane (quindi non di leggi a doppio canale come quelle religiose), dovrebbero essere la conoscenza della lingua e della cultura, ossia i corsi con test per conoscere la nostra storia e la nostra leggi, comprese le regole della strada e le regole civiche comuni per poter decidere se ci si sente onorati di diventare cittadini italiani. Insomma più istruzione obbligatoria, in modo che la cultura dei nostri concittadini non si fermi alla televisione, la nostra più grande spazzatura, ma sia basata su informazioni che dimostrano la grandezza del nostro popolo e non le vertigini in cui è caduto.
Di Raffaella Biasi


 
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