n.81 VII anno, 1 dicembre 2010
Giovanni Casellato, l'intervista

A cura di Anna Paola Zugni Tauro
GIOVANNI CASELLATO – Intervista pubblicata da AREAARTE-estate 2010 (www.areaarte.it)
Giovanni Casellato, laureato in Architettura presso lo IUAV di Venezia, da diversi anni si occupa di design e scultura, utilizzando il ferro come materiale principe per i suoi lavori, variamente ossidato smerigliato. Nello studio laboratorio ad Altivole (Tv), con l’aiuto fondamentale di quattro collaboratori, le idee prendono forma di sculture che vengono esposte in Italia e all’estero. Le realizzazioni per scenografie teatrali sono un altro campo d’indagine per la creatività di Casellato, come pure i progetti di design per la produzione seriale ai quali egli dedica la stessa cura dei “pezzi unici”.
Cosa significa il ferro per lei?
Convivo con il metallo da quando ero bambino, prima di me due generazioni di fabbri. Ricordo l’odore per me nauseante del liquido usato per raffreddare le seghe circolari durante il taglio dei profili nel laboratorio, il rumore a volte assordante, a volte armonico. Il dolore al contatto occasionale con tubi, lamiere riccioli o decori appena forgiati accompagnati da un “sta tento” di mio padre. Il ferro, un metallo che ho imparato ad amare lavorandolo e che uso quasi con sfida perché è sporco, pesante, difficile da gestire, scomodo da trasportare. Un gioco, una alchimia tra conoscenza e statica, sfruttandola e sfidandola per ottenere illusioni, cercare di dare leggerezza a strutture molto pesanti come il “nastro” agli occhi morbido e leggero nelle curve e pesa come una utilitaria, o gli “aquiloni”, che seppur di ferro volano. Sfruttare la metamorfosi dello stesso favorendo processi di ossidazione, esaltando i toni caldi dal marrone al giallo ocra o smerigliature , per contrastare i grigi naturali della calamina del ferro, contribuendo a togliere quel luogo comune che vede il ferro naturale verniciato trasparente come una finitura esteticamente “fredda”. L’esperienza di uno studio più “strutturato” all’università, ha aumentato il suo campo d’azione?
Sì. Appena laureato sono stato selezionato per partecipare ad una esposizione durante il Salone del Mobile di Milano con oggetti di design da me disegnati e autoprodotti in diversi materiali, compreso il ferro. Questo mi ha dato la possibilità di confrontarmi e conoscere molti maestri come Achille Castiglioni che mi esortò ad usare il ferro come materiale da cui partire per i miei progetti , vista la capacità che avevo di plasmarlo, lontano dai canoni tradizionali del “ferro battuto”, e io…ho seguito il suo consiglio.
Quando nasce il suo rapporto con l’arte?
I miei primi approcci con il mondo dell’arte nascono successivamente, in contemporanea all’innamoramento di questo materiale e alla nascita dei miei figli, fondamentali “muse” ispiratrici del mio lavoro con gli “aquiloni di Filippo” e le “barchette di Laila”. Riuscire a staccarsi dalle destinazioni d’uso pratiche e dedicarsi alla pura interpretazione di oggetti e non oggetti che a me suscitano curiosità o regalano sorrisi. L’uso di tecniche diverse per affrontare l’uno o l’altro tema per sperimentare come l’ “Arazzo” o i “Gomitoli” o “Canzone di Marinella”. Quasi che appropriatomi di una tecnica di lavorazione per raccontare o rappresentare un soggetto, diventasse dopo obsoleta nell’approccio con il progetto successivo.
Esiste una scansione evolutiva nei temi che affronta nelle sue opere di scultura?
Il mio percorso di crescita lo vedo attraverso le mie opere, penso alla diversità tra la “ Mano di Brunello” e i “Dervisci”, tra la “Farfalla” esposta in Biennale di Venezia e i tavoli “ Omaggio all’emigrante”.
Evoluzione o involuzione come riflesso del mio stato d’animo espresso in modo anche inconscio dalle cose che ho progettato e realizzato. Osservo le sculture in ordine cronologico e rivivo le emozioni provate mentre crescevano, ripercorro le difficoltà, le gioie, le fatiche, i cali e i picchi di energia nella fase embrionale, le risate…le imprecazioni. Se penso alla fortuna che ho nel vivere il mio lavoro con passione, interpretare fisicamente concetti o riflessioni, riconosciute a fatte proprie da persone che se ne appropriano per esaltare il loro spirito o semplicemente perché vedendole strappano un sorriso rievocando ricordi.
Giovanni Casellato opera ad Altivole (Tv) e abita a Maser ( Tv) 31010 – www.giovannicasellato.it- info@giovanni casellato.it
CATALOGO – Giovanni Casellato, Grafiche Antiga, 2010
A cura di Anna Paola Zugni Tauro


 
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