n.80 VII anno, 1 novembre 2010
Giorgione a Palazzo Grimani

Di Luigia Stefanelli
Si è conclusa con enorme successo di pubblico la Mostra di Giorgione (29 agosto – 10 ottobre 2010. Prolungata fino al 30 ottobre, curata da Vittorio Sgarbi) che è stata la occasione per la inaugurazione della riapertura del cinquecentesco palazzo Grimani a Santa Maria Formosa a Venezia, che, acquistato dallo stato nel 1981, era stato fino ad agosto visitabile solamente su appuntamento.
Palazzo Grimani, internoOra l’intento è di aprirlo tutti i giorni con mostre di pochi capolavori, perché la vera “mostra” è lo stesso Palazzo, un “ insolito” assoluto a Venezia per architettura e decorazione di manieristi dell’Italia centrale.
Il Palazzo si trova nel primo braccio Grimani e si apre con il suo monumentale ingresso in ruga Giuffa, che prese questo nome, forse, da una storpiatura del nome della persiana Isfaham da cui provenivano molti mercanti armeni concentrati in questa zona.
Come si diceva, il Palazzo è un vero “unicum” per l’architettura, il cortile, una novità assoluta, e la decorazione, secondo il manierismo centro italiano voluto dal cardinale Giovanni abituato ai soggiorni romani, una eccezionale novità.
Importantissimo fu anche per i personaggi che lo abitarono e le collezioni che conteneva. Il Palazzo fu iniziato da Antonio Grimani, che inglobando ed ampliando edifici preesistenti bizantini li riadattò a forme gotiche. Procuratore e capitano da mar, considerato all’epoca “ricchissimo”, nel 1499 guidò le truppe veneziane che furono travolte da quei turchi che riuscirono allora ad invadere la “Venezia di terra” fino al Friuli e proprio per quella sconfitta finì in carcere … ma alla fine riuscì a divenire Doge.
Agli inizi del 1500 egli donò la casa ai figli, la ristrutturazione che trasformò la “casa stazio” in una lussuosa residenza patrizia durò oltre un trentennio e fu opera particolare del nipote cardinale Giovanni, Patriarca di Aquileia e del fratello Vettore.
Una scala a chiocciola è attribuita al Palladio, più che probabile l’intervento diretto dei committenti nella decorazione, in quanto nel palazzo si fondono elementi toscano-romani con l’ambiente veneziano. Sale con colonne e pareti con sagome di facciate di palazzi, marmi policromi alle pareti in varia combinazione con i pavimenti a pastellone veneziano rosso pompeiano,ricche porte fatte di marmi antichi adattati, affascinante e spettacolare la tribuna a doppia altezza, il cortile e lo scalone di accesso. I soffitti poi sono straordinari per soggetto e qualità di fattura, come le volte, dipinte con fasce figurate rosse, tra cornici dorate e bianche o con fittissimi giardini pieni di fiori, frutta ed uccelli.
Il Palazzo grande e lussuoso non sarebbe stato tale senza una importante collezione d’arte, una di archeologica ed una biblioteca che lo fecero diventare punto di incontro privilegiato per artisti ed intellettuali.
Palazzo Grimani fu tutto questo grazie al primogenito di Antonio, Domenico che divenne cardinale verso la fine del 1400 di Alessandro VI Borgia, ma soprattutto, grazie ad una elargizione paterna che restò negli annali della Serenissima (si parlava di una somma enorme come di 25000 o 30000 ducati) egli poi diventò patriarca di Aquileia con incarichi in curia a Roma anche con Giulio II della Rovere e con Leone X Medici, e fu impegnato moltissimo nell’attività diplomatica per Venezia.
Dottore in diritto canonico a Padova, aristotelico, considerato un umanista “doctissimus” tenne relazioni personali con personaggi di enorme levatura come Poliziano, Pico della Mirandola, Erasmo da Rotterdam, fu uno dei pochissimi nomi veneziani citati da Leonardo, nel suo brevissimo soggiorno del 1500 a Venezia ,come importante appassionato d’arte.Fu amico personale di Michelangelo di cui possedeva dipinti e disegni. Si dice che anche Sebastiano del Piombo fu introdotto a Roma dai Grimani: non è ben chiaro come Giorgione entrò in relazione con la famiglia ma lo fu probabilmente grazie a tutta questa rete di artisti che vi gravitavano, di lui infatti i Grimani possedevano la “Testa di Putto” e “l’Autoritratto in veste di David” insieme a splendide opere fiamminghe di Memling e di Bosch, non di meno opere di Durer che a Venezia fece due viaggi.La Vecchia di Giorgione Leggendaria era anche la biblioteca di Domenico Grimani che aveva avuto l’opportunità di acquistare dagli eredi di Pico della Mirandola, migliaia di volumi italiani, ebraici, greci, latini ed anche arabi di tutte le materie.Orgoglio della biblioteca era il famoso “Breviario Grimani” acquistato nel 1500 dal duca di Milano Massimiliano Sforza che comprendeva circa 800fogli miniati da artisti fiamminghi, ora tale capolavoro si trova alla Biblioteca Marciana.
Busti romani decoravano il portale di ingresso da terra del palazzo; la collezione archeologica era stata collocata nella “Tribuna”, la cui doppia altezza era stata pensata proprio per accoglierla nello spazio più alto. Nel centro della sala nella sua posizione originale c’è la scultura di Ganimede rapito dall’aquila nell’Olimpo, replica romana di un originale ellenistico.
Molto importante fu il fatto che il collezionismo dei Grimani ed in particolare quello dell’arte antica diede vita ad una competizione–imitazione di collezionismo tra le grandi famiglie veneziane.
Il primo nucleo del museo archeologico della città di Venezia proviene proprio da una donazione testamentaria che il cardinale lasciò alla Serenissima, anche importanti dipinti: per esempio, furono donate le tavole di Bosch.
Il nipote Marino, divenuto anche lui patriarca di Aquileia ereditò la collezione di monete, medaglie, ori, cammei, pietre dure e parte dei dipinti tra i quali i due Giorgione che si portò poi a Roma.
Quindi con tutto rispetto per la storia e l’arte del Giorgione non potevamo, questa volta almeno, non dare la precedenza del nostro racconto al cinquecentesco palazzo ospitante.
I tre capolavori in mostra sono “la Vecchia”, “la Nuda “ e “la Tempesta” resa ancora più affascinante dai suoi significati non ancora decifrati.
Di Luigia Stefanelli


 
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