n.85 IX anno, 1 aprile 2011
Susi Ciolella, i fatti della poesia

Di Alberto Leoncini

Parafrasare uno slogan vendoliano (“la poesia è nei fatti”) per titolare una recensione può essere un vizio o una virtù: il “fatto”, in questo caso, è una poesia maieutica, scritta per se stessi e successivamente condivisa, come si può evincere- anche- dalla dedica. Questo in sintesi l’esordio poetico di Susi Ciolella raccolto nel volume “Dimensione oblio” (Albatros, Nuove voci, € 11,50 pp.48 www.gruppoalbatrosilfilo.it ), decisamente riuscito, a mio parere. Mi pare si palesi una sensibilità mai malinconica e sicuramente matura, per quanto quasi priva di un sostrato letterario sistematico, caratteristica che accomuna l’autrice a molti contemporanei tanto più se neofiti del testo poetico.
La maturità appunto, caratteristica che si sviluppa attraverso tutte le poesie, è declinata sotto molteplici versanti: la maternità (“La ballata dei Figli”), la posizione nella famiglia (“Madre”, “Padre”. “A mia sorella”), gli affetti e, ovviamente, l’amore. Si percepisce dunque una personalità in un qualche modo compiuta, collocata su un piano dimensionale e su coordinate non intimistiche. Aspetto da sottolineare se riflettiamo su una certa “sindrome di Peter Pan” che coinvolge molti autori della fascia d’età della Ciolella, i quarantenni, per capirsi, sui quali è fiorita una sorta di “mitologia postmoderna”. Per lei questo non vale, anzi la dimensione esistenziale del “coraggio” è proprio quello che pare muoverla nello scrivere: un coraggio essenzialmente risemantizzato, o almeno piegato in una dimensione quotidiana seppur sempre molteplice, come dicevo poc’anzi.
Mi pare interessante sottolineare questo aspetto per chiarire come l’autrice si collochi, in un certo senso, all’interno della temperie contemporanea sotto il profilo della relazione con la tradizione poetica pregressa, ma al contempo se ne discosti quando si tratta di esplicitare un atteggiamento nei confronti della vita che non mi sembra comunemente riscontrabile, seppur io mi occupi di questo filone in modo abbastanza tangenziale.
Caratteristica pregnante in questo esordio è sicuramente la sensibilità verso “l’altro”, qualsiasi altro, non necessariamente spazialmente e temporalmente prossimo, ma tale da potervi instaurare una prospezione (cfr. “Volti”, “Rosso Addio”), senza rinunciare a riuscitissimi sfondamenti verso l’attualità con “Omaggio alle vittime di Gaza”. L’autrice, insomma, curva, mediante la poesia, l’orizzonte prospettico delle relazioni dilatandone e restringendone le dimensioni esorcizzando in tal modo l’oblio: come il sottotitolo riporta “viaggiare attraverso la paura”.
Il testo poetico, dunque, concepito come un dialogo con se stessi finalizzato a definire una prospettiva sull’esistenza che eviti lo smarrimento di un mondo di relazioni feconde. In questo senso la poesia rende partecipe il lettore di un percorso di elevazione spirituale dell’animo.
Decisamente criticabile, invece, la prefazione che risulta come un riassunto codino e privo di affondo critico rispetto ai molti input che il testo propone, specie perché esordisce considerando la malinconia come lo sfondo delle poesie, aspetto che non mi sembra assolutamente pertinente come non mi sembra pertinente l’insistenza sull’autobiografismo perché, a quel punto, non si attiverebbe alcun interesse critico, demolendo così il valore stesso del libro. Anche la copertina mi convince poco sotto il profilo grafico, essendo troppo sbilanciata sul versante meramente illustrativo, in antitesi, paradossalmente, con le poesie che di didascalico hanno poco o nulla. Si deve dunque registrare una marcata scollatura fra testo e paratesto.
Di Alberto Leoncini


 
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