n.93 ottavo anno, 1 dicembre 2011
Manciù, l'ultimo imperatore è la quarta e ultima mostra che Treviso dedica alla Cina nella casa dei Carraresi

Di Anna Paola Zugni-Tauro
DAL 29 OTTOBRE 2011 AL 13 MAGGIO 2012
La Mostra di Treviso illustra l’ultima dinastia cinese, la dinastia Qing, che regnò a lungo dal 1644 al 1911 ed era di origine manciù, un popolo nomade che alla fine del secolo XVI° era riuscito a unificare diverse tribù e poi a superare la Grande Muraglia e a conquistare la Cina. I Qing raggiunsero l’apice del potere verso la metà del Settecento. Importanti imperatori furono Kanxi ( 1662-1722) e Qianlong (1736-1796) considerati confuciani ortodossi, anche se i Qing omaggiavano anche le credenze sciamaniche e lamaiste.
La minaccia delle potenze europee fu pesante. Nella prima “guerra dell’oppio” (1840-42) la Cina fu soccombente e dovette sopportare rivolte interne e nella seconda (1858-1860) dovette riconoscere agli stranieri importanti concessioni. Le agitazioni costarono dai venti ai trenta milioni di vite.
La vedova dell’imperatore , Cixi, morta nel 1908, non riuscì a dissipare la corruzione e i “ Boxer” cercarono di riscattare la nazione dalle umiliazioni subite, ma la sommossa fu soppressa dalle potenze colonialiste. Nel 1911 la dinastia Qing venne rovesciata dai repubblicani e nel 1912 il piccolo imperatore Puyi fu costretto ad abdicare, pur continuando a rimanere nel Palazzo Imperiale di Pechino fino al 1924.
Questa drammatica fine dell’impero Qing fu raccontata con stile indimenticabile nel capolavoro cinematografico da Bernardo Bertolucci nel film “ L’ultimo imperatore”. Tracciata in breve la storia dei Qing, che cosa possiamo ammirare nelle sale espositive della Casa dei Carraresi che già ci fecero conoscere i tesori delle precedenti dinastie che regnarono in Cina?
Iniziamo a parlare della giada, la materia nobile per eccellenza, considerata più preziosa dell’oro.
Perfino nell’impugnatura delle spade imperiali si adottò questo prezioso materiale, di cui è ricca la Birmania.
Le ceramiche dovevano riprodurre le sottili tinte della giada. Gli artigiani inventarono la porcellana per imitare la giada bianca e crearono i famosi “céladon” per rendere le infinite sfumature della giada verde.
Fu a partire dal secolo X° che le fabbriche si consacrarono a quest’arte e proprio allora numerosi forni produssero i più bei “cèladon” riservati alla corte, spesso sprovvisti di decorazioni, ma notevoli per la forma e la bellezza delle loro “vetrine” bianche, blu, grigie, verdi, gialle. Nacque allora la cerimonia del tè, poi esportata in Giappone. Nella Mostra sono esposti vasi, coppe, piatti, boccali dalle forme più varie e sempre di grande bellezza, stimatissimi e preziosi quanto in Occidente i quadri e le statue. La dinastia dei Qing creò le porcellane policrome come la “famiglia verde” con i suoi otto toni di verde e la “ famiglia rosa” che declina tutte le tonalità del rosso.
Impressionante è un esemplare di un grande frigorifero verde con due fori che serviva a sprigionare fresco vapore creando un effetto di aria condizionata. Molti pezzi qui esposti non erano mai usciti dal Palazzo Imperiale!
Altra tecnica sbalorditiva per la sua precisione e per la creazione di effetti preziosi è quella degli smalti “ cloisonné” , apparsi verso la fine dell’Impero , che con una tecnica appresa dall’Occidente, come si capisce dal nome francese, permetteva di saldare su un oggetto di bronzo sottili bande di metallo morbido per formare dei compartimenti, detti “cloison” , e a produrre il decoro fine come un ricamo. E per avere esempi di mirabili ricami su seta è qui possibile vedere magnifiche vesti di seta dai colori brillanti e dai ricami che raffigurano draghi e le nubi care all’imperatore, figlio del cielo.
Affascinati dai prodotti di lusso a loro sconosciuti, i grandi Stati europei fondarono le “ Compagnie delle Indie”, che commerciavano soprattutto in tè, ceramiche, porcellane e seta.
Nel campo della pittura è presentato il missionario italiano Giuseppe Castiglione ( !688-1766), divenuto famoso alla corte di Ch’ien-lung . Con il nome cinese acquisito Lang Shih-ning egli creò una collezione stupenda di pitture cinesi antiche e recenti.
La tradizione della pittura cinese antica, con i suoi canoni, la sua disciplina , i suoi testi e i suoi maestri, sviluppò in modo particolare il paesaggio. Il termine cinese “shanshui” indicava la rappresentazione di “montagne e acque” e racchiudeva tutto l’amore e il rispetto dell’antica Cina verso la natura. Paesaggi del Nord e del Sud apparivano su grandi rotoli di seta , verticali o orizzontali. Più tardi le dimensioni si ridussero fino alle miniature dei fogli d’album o in piccoli dipinti da applicare ai ventagli. I letterati raffigurati erano immersi nella natura, dediti alla musica, al canto di poesie, alla contemplazione, al sogno, alla discussione filosofica. Le belle arti della Cina erano la calligrafia, la poesia e la pittura. I “Quattro Tesori” erano il pennello, l’inchiostro, un miscuglio di gomma e nerofumo, la pietra e la carta. Utilizzata dagli inizi dell’era volgare, la carta cinese derivava da un miscuglio di fibre vegetali e tessili e fu utilizzata a fianco della seta predisposta per scrivere e per dipingere. La calligrafia, inventata in Cina più di tremila anni fa, diventò l’elemento principale della cultura e nel tempo si diffuse in Corea, in Giappone, in Vietnam dove poi si adattò agli usi locali.
Di Anna Paola Zugni-Tauro


 
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