n.88 IX anno, 9 luglio 2011

LA MODA IN MOVIMENTO: Sfilata nel Metrotram di Padova
A cura di Abcveneto
La moda in movimento: modelle vestite con abiti icona dagli anni ‘50 agli anni ‘70 hanno sfilato questa mattina, venerdì 8 luglio, nel tram di Padova attraversando tutta la città. Emblema di continui passaggi tra modernità e retrò e a diretto contatto con il pubblico, la sfilata è una anteprima della nuova edizione del Padova Vintage Festival 2011, organizzato da Andrea Tonello e Paolo Orsacchini dell'Associazione Funkytown 70, che si terrà al Centro culturale Altinate/San Gaetano il 9, 10, 11 Settembre prossimo, con il Patrocinio del Comune di Padova.
Una sfilata su tram di sei outfit accuratamente scelti tra gli archivi messi a disposizione da collezionisti privati, fusi in un mix&matches di colori e combinazioni. A sfilare sono stati giovani e affermati modelli e modelle, che vedono nel loro background esperienze con brand come Benetton, Converse, Diadora, Lower Alpine, partecipazioni a concorsi nazionali come Italia Next Top Model, e suggeriti da agenzie come Ascom ed Elitè Model. Protagonista è la commistione tra passato e presente: atmosfere retrò create con soundtracks e abiti vintage, in un mezzo di trasporto contemporaneo, ma dal sapore antico; contemporaneo e rapido collegamento per gli abitanti di Padova, “meltin pot” di culture diverse, il metro tram rende metaforicamente l’idea di un Festival accessibile a tutti, performativo della nostra realtà globalizzata.
Così fa l’attuale filosofia Vintage, rivisitazione del passato, ma paradossalmente viva espressione del nostro tempo. La moda appare sempre meno radicalmente nuova, traendo piuttosto dal passato linfa vitale per rigenerarsi.
L’invenzione del vintage
Il termine Vintage è un anglicismo che deriva dal francese antico vendenge, a sua volta derivante dalla parola latina vindemia, ovvero la vendemmia dei vini più pregiati. Per quanto riguarda la moda, un vestito vintage è in generale un indumento che è stato creato almeno vent’anni prima. Riguardo alla nascita, innanzitutto non è un caso se questa abitudine di consumo sia nata negli anni novanta, gli anni di transizione e dell’incertezza, della parabola del grunge, della nascente globalizzazione e della logomania, testimoniati dall’opera-manifesto di Naomi Klein, No Logo. Gli strateghi del marketing intrappolarono la creatività degli stilisti in precise strategie che dovevano rispondere alle ricerche di mercato. Ma la magia del marchio (Gap, Benetton, Nike) e delle firme (Gucci, Chanel, Dior) creò un incantesimo da cui ben presto gran parte dei consumatori e degli stilisti si risvegliò, iniziando a rinnegare quell’inconsapevole voglia del logo e della standardizzazione. Dalla metà degli anni novanta i no-global assalirono i mercatini dell’usato, e non solo i McDonald, assieme a coloro che erano semplicemente stanchi del logo e si dedicarono alla ricerca di un nuovo stile. Il vintage nacque come movimento parallelo e di reazione alla dittatura dell’immagine che aveva sostituito il prodotto. In generale alla base del vintage c’è la volontà di riappropriazione dei valori e dei simboli di un passato recente o lontano che possa conciliarsi con le nostre esperienze. Discreti o eccentrici, questi abiti simboleggiano la nostra storia, lontana (lo stile liberty degli anni venti) o recente (i favolosi anni sessanta). Gli amanti di questo nuovo filone vogliono distinguersi, ricercando l’originalità e dando credito agli studi sociologici che parlano di un consumatore ormai emancipato e creativo. Come sosteneva Braudrillard già nel 1972 la moda non è più un incrocio di oggetti ma di significati, e oggi quest’affermazione è vera più che mai.
A cura di Abcveneto


 
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