n.86 IX anno, 3 maggio 2011
Andrea Zanzotto su Satura di Eugenio Montale e altri critici dell’anno 1971

Di Camilla Bortoluzzi
L’idea iniziale era quella di proporre un lavoro che mi permettesse di ricollegarmi alle mie origini, alle colline trevigiane dalle quali provengo. Per questo ho pensato di fare omaggio a uno dei poeti più importanti del Novecento italiano, che ha dedicato i suoi esordi poetici, e non solo, a cantare in metro la bellezza delle mie stesse colline: Andrea Zanzotto, poeta, insegnante e, tutt’oggi, grande oratore.
In un secondo momento però – su suggerimento del prof. S. Pagliaroli – ho pensato che sarebbe stato non meno interessante affrontare quella parte meno conosciuta, ma ugualmente importante, dell’attività di Zanzotto: di lui come critico letterario.
Indagando mi sono imbattuta dunque in un saggio critico di Zanzotto sulla grande raccolta di Eugenio Montale intitolata Satura e pubblicata nel 1971. Il saggio ha titolo In margine a Satura ed è stato pubblicato poco dopo l’uscita della raccolta stessa nella rivista trimestrale «Nuovi argomenti», una rivista che riporta alla memoria grandi personalità dell’epoca, come Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini.
Il 1971 parrebbe rappresentare tra l’altro un periodo particolare per Zanzotto: il poeta pubblica poco oltre a questa recensione letteraria.
Nello scritto in questione, Zanzotto fornisce un ‘giudizio’ assolutamente emblematico sulla raccolta montaliana, definendola, con icasticità quasi scatologica, la «naturale evoluzione biologica» di un percorso poetico iniziato già da tempo, nonché come il vero e proprio testamento di Montale, introdotto soprattutto da Botta e risposta 1° che, per Zanzotto, riassume «tutto il discorso montaliano sulla deiezione, sulla vita-detrito, sul prevalere delle scorie; è il riconoscimento di uno stato finale di soffocazione stercoraria, del trasformarsi di tutto in una massa di escrementi in cui qualunque forza liberatrice si impaluda».
Una volta trovato il soggetto del mio lavoro, ho cominciato il vero percorso filologico, mettendo a confronto il testo ‘originale’ del 1971 con le successive ristampe del medesimo in Fantasie di avvicinamento del 1991 e, dallo stesso titolo, Fantasie di avvicinamento nel primo volume degli Scritti sulla letteratura del 2001.
A seguito del confronto effettuato, mi sono accorta che nelle ristampe mancavano parti cospicue del testo originale, ad esempio la sezione «Satura è un libro che chiede molte riletture, forse più che gli altri libri di Montale~nell’atto stesso in cui le nega per evocarle».
Il vero problema da un punto di vista testuale e critico-letterario è rappresentato dal fatto che nelle ristampe, all’altezza delle ampie omissioni da me segnalate, non compaiono indicazioni che denuncino tali cospicue lacune: quattro pagine su sei del saggio iniziale pubblicato su «Nuovi argomenti». Lo stesso Zanzotto ha in qualche modo autorizzato questa sutura?
Analizzando poi il saggio critico, ho notato che lì Zanzotto fa riferimento a ben tre interviste di Montale, uscite nello stesso anno 1971, due pubblicate sul «Corriere della Sera» e una sulla rivista «Uomini e libri», articoli che sono riuscita ad ottenere grazie alla collaborazione del personale della Biblioteca Civica di Verona.
Leggendo queste interviste, mi sono resa immediatamente conto di come la stessa raccolta Satura avesse suscitato non poco interesse da parte di molti altri scrittori e giornalisti dell’epoca.
Mi sono dunque dedicata a raccogliere altri articoli che trattassero di Satura, con l’intento di capire come la raccolta in questione fosse stata accolta nel panorama critico-letterario dell’epoca.
Tra gli articoli trovati e, successivamente, trascritti e da me ‘riediti’ mi è parso particolarmente significativo ed emblematico quello di Domenico Porzio intitolato I ripensamenti del poeta Montale, pubblicato ne «La stampa» di martedì 2 febbraio 1971, a pagina 3. All’interno di tale articolo si prende in considerazione, nello specifico, la questione relativa al lavoro di Montale in quanto scrittore e creatore. Lavoro che riguarda soprattutto l’iter editoriale del volume Satura e dunque tutto ciò che concerne le bozze, le correzioni, per altro riguardanti specialmente l’aspetto ritmico-stilistico dell’opera stessa. Tra gli interventi del poeta, Porzio ne sottolinea in particolar modo uno che riguarda il primo giro di bozze e, nello specifico, la conclusione della poesia Dopo una fuga, inizialmente costituita da tre versi separati dal resto del componimento, ma successivamente cassati. Quando poi, all’interno dell’articolo, il critico pone la fatidica domanda al poeta, chiedendogli il perché di questa scelta, Montale risponde semplicemente dicendo che i versi in questione gli erano parsi in quel frangente eccessivi, ma che forse in futuro riappariranno.
Altro intervento critico fondamentale riguardante Satura di Montale è sicuramente quello di Giulio Nascimbeni intitolato Uno specchio per Montale, pubblicato sul «Corriere della Sera» di domenica 7 febbraio 1971, a pagina 13. Qui il Nascimbeni propone la ‘questione’ Satura da un punto di vista molto più intimo, scegliendo come mezzo d’indagine dell’universo montaliano l’intervista personale, piuttosto che l’articolo di giornale, sicuramente più oggettivo, ma forse anche un po’ più freddo. Nascimbeni racconta della chiacchierata avvenuta tra lui e il grande poeta genovese, svoltasi in casa di quest’ultimo: ed emerge un Montale sicuramente poco incline alla ‘modernità’, schivo e, a mio parere, già molto stanco. Sicuramente, però, il fatto che il critico tiene più a sottolineare, proprio in prossimità dell’uscita dell’ultima raccolta poetica montaliana, è il ruolo, da lui assunto involontariamente, di primo testimone dell’esistenza degli Xenia (all’interno di Satura). Montale infatti rende nota al giornalista l’esistenza di tali componimenti, sottoponendo alla sua attenzione un sottile plico di foglietti dattiloscritti e chiedendogli, imbarazzato, di fotocopiarli, mantenendo però il segreto. Dunque: una piccola raccolta nella raccolta, risalente al 1964, dedicata alla moglie che lui chiama affettuosamente «Mosca», morta cinque anni e mezzo prima, e che segnerà il grande ritorno di Montale alla poesia.
Mi soffermo poi sull’articolo di Mario Miccinesi intitolato Il Montale di Satura. Eugenio Montale: una costellazione di armoniche, pubblicato su «Uomini e libri», 4 (1971), pagine 21-22. Anche Miccinesi, come Nascimbeni, persegue un contatto con Montale attraverso il mezzo della conversazione diretta. Ma le due interviste sono sicuramente di segno diverso: intima e confessionale la prima, oggettiva e ‘professionale’ la seconda. All’interno dell’articolo in questione, il Miccinesi, attraverso una serie di domande contraddistinte dalla continua citazione dei versi stessi dell’autore, pone in primo piano la tematica della storia, come ‘contenitore’ di un ‘telos provvidenziale’, nonché della forte musicalità che contraddistingue questa grande raccolta. Una raccolta, quella di Satura, nella quale «in un certo senso la spinta che mi sostenne nei pochi mesi di composizione fu di ordine musicale. Volevo buttar fuori una costellazione di armoniche tale da rendere inutili gli alti e i bassi della lirica tradizionale alta». Musica e provvidenzialismo, ecco cosa dunque, secondo l’intervento di Miccinesi e le parole del poeta genovese, è costitutivo di Satura.
Per passare, quindi, ad una riflessione più generale e riassuntiva sugli interventi critici da me raccolti e trascritti, posso affermare che ciascuno dei grandi giornalisti e scrittori da me citati ha affrontato la ‘questione’ Satura in modo sicuramente autonomo e originale, ma che, nonostante questo, in ciascuno di questi scritti appaiono alcuni concetti ricorrenti: la percezione di una sfiducia generale nella storia e nella società contemporanea, soprattutto nei confronti di una borghesia capace esclusivamente di inscenare un’inutile ‘farsa’, l’uso di un linguaggio diverso, più umile, ma decisamente più musicale, la presenza costante di una figura femminile che lo guida tra i risvolti della sua intimità.
Una raccolta, dunque, che ha colto l’attenzione di illustri personalità dell’epoca, una raccolta della quale anche il grande Andrea Zanzotto si è occupato, offrendo un saggio critico dall’immenso valore letterario, che fino ad oggi potevamo leggere solo drasticamente impoverito e decurtato.
Di Camilla Bortoluzzi


 
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