n.92 IX anno, 9 novembre 2011
Bisol, i vini veneziani e i libri
A cura di Federico De Nardi - foto di Maria Ester Nichele
Gianluca Bisol e Andrea GabbrielliCosa ci è andato a fare a Venezia un viticoltore di Valdobbiadene, di Prosecco, Cartizze e altri ottimi vini?
Il vino è ovvio, ma trattandosi di Gianluca Bisol, non un vino, ma il Vino per eccellenza: la Dorona veneziana, il vino scomparso dei Dogi che è rinato a Mazzorbo - Burano, l'isola delle case colorate, l'isola di Baldassarre Galuppi.
E parlare di Venissa, ovvero del luogo dove è rinata la vigna della Dorona, (è già stata fatta la prima vendemmia), offre anche l'occasione di parlare di Andrea Gabbrielli, giornalista, scrittore, viaggiatore, enologo, gastronomo, che ha scritto un libro sulla difficoltà e bellezza, di coltivare la vite nelle isole d'Italia ("Il vino e il mare").
A Venezia, di isole-vigneto ce ne sono tre, la suddetta Venissa a Mazzorbo; l'Isola di Santa Cristina e la notissima isola di Sant'Erasmo, la campagna di Venezia famosa per i carciofi violetti e i gatti che si scaldano al sole.
Abbiamo incontrato entrambi questi personaggi all'hotel Europa Regina in una serata veneziana di novembre, dove abbiamo assaggiato i tre vini veneziani, ancora freschi, ancora novelli, ancora acerbi ma pieni del profumo del vento della laguna che annuncia quello che saranno, una volta maturi e pronti per essere apprezzati.

Sempre nell'occasione, Andrea Gabbrielli ha presentato "Il vino e il mare" e ha parlato di queste isole dove si continua a coltivare con molta difficoltà questi prodotitti unici dell'enogastronomia italiana.

Insieme a loro, c'era Roberto Cipresso, bassanese di origine (anche se ora vive e lavora a... Montalcino) enologo, ambasciatore del vino nel mondo. Quest'ultimo ci ha raccontato la storia di ciò che a volte beviamo senza saperne l'origine, di come non si possa bere senza conoscere la storia di ciò che si ha nel bicchiere o nel piatto (per storia Roberto Cipresso non intende solo l'origine di denominazione del vino, ma proprio la storia con la S maiuscola, la Falanghina, per esempio, era il vino con cui si inebriavano le falangi della Legione Romana che doveva reggere l'urto dei barbari). Karen Corak accanto ai suoi lavori su carta giapponese
A coronare la bella serata, la presenza di tre lavori fotografici di Karen Corak, stampati su washi, carta giapponese Kozo Torinoko, fatta a mano. Le immagini, in bianco e nero, legate alla natura, riprendono una dimensione estetica e spirituale profondamente giapponese, dimensione che Karen studia da molti anni con successo e grazia. Ovviamente, non eravano da soli, c'erano più di cento persone nella sala Canaletto di questo albergo veneziano, un tempo casa del Tiepolo...

A cura di Federico De Nardi - foto di Maria Ester Nichele


 
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