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N. 94, IX ANNO, GENNAIO 2012 - SCRIVI A INFO@ABCVENETO.COM
L'ARTICOLO DEL MESE

Havel Václav l'opposizione al potere: intervista allo storico

A cura di Abcveneto

Di Francesco LEONCINI, esperto di Europa dell'Est, è appena uscito il volume, da Rubbettino Editore L'Europa del disincanto. Dal'68 praghese alla crisi del neoliberismo. A lui abbiamo chiesto chiesto di 'raccontarci' Havel.
Abcveneto:"Professore, ci racconti qualcosa di questo personaggio uscito dalla Guerra Fredda."
Francesco Leoncini:"Havel era figlio di quella Praga tragica e disincantata, che Angelo Maria Ripellino aveva insignito dell'appellativo "magica" per sottolinearne, nonostante tutto, il suo ciclo vitale, egli aveva partecipato attivamente alla dissidenza. Con la fondazione di Charta 77, assieme a Jan Patocka e Jirí Hájek, e il suo scritto Il potere dei senza potere aveva dato vita ai documenti più significativi che illustravano la filosofia dei movimenti di opposizione nei Paesi del blocco sovietico. Vi era il senso profondo di un pensiero antitotalitario che partiva da una decisione autonoma e personale, da una scelta morale che mettesse in discussione gli assetti consolidati e le gerarchie sociali stabilite da un sistema astratto e disumano qual era quello comunista."
Abcveneto: "Questo era l'intellettuale, quale fu la sua esperienza come uomo?"
Francesco Leoncini: "Fu 'ospite' abituale delle patrie galere, era personaggio scanzonato e ironico, fumatore accanito e frequentatore assiduo delle birrerie praghesi, ma anche era nello stesso tempo lucido esponente del teatro dell'assurdo, critico spietato della società che lo circondava ma anche delle democrazie occidentali, che considerava inadeguate a garantire all'uomo una condizione veramente dignitosa e indipendente."
Abcveneto: "Dopo la caduta del muro cosa successe a Havel? Voglio dire, l'identità spesso cresce e trova la sua funzione in protesta a un potere forte, molti grandi intellettuali, come Andrei Dmitrievich Sakharov e Aleksandr Isaevic Solzenicyn, caduta l'Unione Sovietica e il Patto di Varsavia, scomparvero anche loro...o sbaglio?
Francesco Leoncini: " Dopo la caduta del Muro di Berlino quella protesta, che per lunghi anni era rimasta sostanzialmente elitaria, diventa di massa e inonda le strade e le piazze della Cecoslovacchia. Ritorna alla ribalta anche Alexander Dubcek e ritrova una vasta popolarità ma appare estraneo alle giovani generazioni che erano protagoniste della "rivoluzione delicata o affettuosa" (nezná revoluce/nezná revolúcia), e comunque sembrava muoversi piuttosto all'interno di un comunismo riformatore di stampo gorbacioviano. Espressione di quell'intelligencija centro-europea in cui la dimensione culturale era strettamente collegata all'impegno politico, Havel emerge invece come la personalità più qualificata a rappresentare il nuovo ordine democratico. Come presidente avallerà molte scelte in contrasto con gli ideali da lui espressi e finirà per aderire a quel "pensiero unico" neoliberista, che sta conducendo gran parte della popolazione mondiale a una condizione di profondo disagio sociale.
Ebbe anche delle sconfitte, la separazione tra cechi e slovacchi, probabilmente evitabile con un referendum, che invece non venne indetto (e da chi, se non dal Capo dello Stato?) e alla quale Dubcek era decisamente contrario. Fu di cattivo auspicio il fatto che la prima visita ufficiale che egli compì in qualità di presidente avvenisse in Germania per chiedere perdono ai Sudeti espulsi nel '45 e non a Bratislava, dai fratelli slovacchi e dal suo collega drammaturgo Milan Knazko, che aveva subito assunto un ruolo guida nella sollevazione contro il regime."
Abcveneto: "Il suo giudizio di storico?"
Francesco Leoncini: "Era una personalità contraddittoria e sfuggente, fatta di slanci e di ammissioni di impotenza, in bilico tra esigenze di una morale rigorosa e le opportunità che sembravano offrire le nuove condizioni politiche, ma sicuramente di grande visibilità sul piano internazionale. Lo testimonia la larga partecipazione di esponenti di assoluto rilievo alle solenni esequie, per le quali è stato recuperato il carro funebre usato nel 1937 per dare l'ultimo saluto a Tomás Garrigue Masaryk, il "Presidente Liberatore", senza la cui azione nel corso della I guerra mondiale né cechi né slovacchi si sarebbero scrollati di dosso il secolare dominio austro-magiaro."

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