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L'ARTICOLO DEL MESE

Padova - Andare per Mostre Claudio Onorato "Intorno a noi tutto si muove"

Testo di Alessandra Pucci, fotografie di Luccia Danesin

Padova, Galleria Cavour, piazza Cavour

17 Dicembre 2011 - 29 Gennaio 2012

Non sempre si ha la fortuna di uscire da una mostra con la sensazione di sentirsi più leggeri, stupiti di vivere il mondo e di guardarlo con gli occhi di "Argo" - Onorato che capta il visibile traducendolo in segni e forme galleggianti nel vuoto.
La maggior parte delle opere ha come sostrato il cartoncino ritagliato: sono appese distanti dalle pareti in modo che la luce possa giocare tra le maglie fitte come ricami delle superfici monocrome, tutte di grande formato (cm 140x100, 200x70) con l'eccezione di alcuni parallelepipedi di cartone riciclato (alimenti) posti dentro scatole di plexiglass, piccole preziose sculture che sembrano coloratissime per l'intervento di smalti, invece è ancora il colore originale della stampa che l'artista ha trasformato in magici labirinti tridimensionali.
Le ampie sale della Galleria Cavour danno il respiro necessario ad ogni manufatto in modo che siano tutti leggibili con attenzione per la complessità del racconto che si snoda come grandi pagine di un libro realizzato da un gigante. La fantasia di Claudio Onorato gioca con tutto, come vuole il titolo di questa mostra, e ogni cosa è davvero in movimento, bloccata in un istante che coglie gli aspetti della realtà e li trasfigura in un intricato ma chiarissimo messaggio. Sguardo acuto e crudo alleggerito dall'ironia che domina tutte le opere anche quelle dedicate all'Afganisthan: colori acidi, tinte piatte, quasi un gioco da tavolo per denunciare un dramma senza fine. Ecco un modo per fare una lezione di storia contemporanea a tanti ragazzi che del tempo in cui viviamo nulla sanno e non per loro demerito.
Dunque Onorato è un ideologo, un moralizzatore? No. L'Artista esprime il senso di sconfitta della nostra civiltà con un suo linguaggio poetico apparentemente semplice ma che arriva alla mente e al cuore. Quando si dice che l'arte è morta, è l'annuncio di sempre intorno al superfluo, ma quando il messaggio è sentito ed è vissuto allora l'Arte diventa vitale e fa luce.
Traggo dal catalogo quanto ha scritto di queste opere Nicola Galvan, curatore della mostra insieme a Mattia Munari: "... L'artista milanese, appunto da abile giocatore, si affida nell'operare agli strumenti del disorientamento e dell'inganno visivo: vincolando cioè l'osservatore, attraverso una proliferazione di dettagli e possibili tracce narrative, ad una lettura periferica, "nomade" di molte sue composizioni, e contemporaneamente pervenendo a sottili illusioni riguardo la loro identità materiale. Le sue opere si rivelano essere, dopo una prima impressione facilmente inesatta, effimere strutture di carta, dove ad ogni figura corrisponde non un "pieno", come insegna la storia della forma, ma un "vuoto", una sottrazione di materia determinata dall'intaglio effettuato con il cutter sulla superficie. ." Tutte le opere scelte per questa mostra sono significative, ma nella mente c'è una sorta di selezione che nel ricordare amplifica l'emozione di alcune: vorrei descrivere la coppia dei due celebri grattacieli di New York, l'Empire e il Chrysler. Sono due pannelli gemelli per ideazione e misure; i due edifici sono inquadrati in diagonale verso la sommità, accerchiati da un fitto intreccio di figure umane e animali a cui s'intersecano scritte e vari oggetti. King-Kong troneggia come lanterna sull'Empire circondato da pesci e siluri con su scritto "Deluge"; ancora astronauti e facce dei Simpson e altri miti scaraventati dal diluvio gli uni sugli altri "allegramente". Nell'altro pannello la situazione è simile, ma cambiano i figuranti di questa catastrofe scandita con precisione da miniaturista ma dove in ogni particolare c'è l'inizio o la fine di una storia. La nostra storia! Profetico? Forse scaramantico, nel mostrare ciò che già è accaduto e per evitare che si ripeta.
C'è anche tutta una serie di "pensieri veloci" quelli che si devono scrivere o disegnare al volo, e che siamo abituati ad attaccare sul frigo, sulla porta d'ingresso e a volte sul cruscotto dell'automobile: sono i Post-it, che Claudio Onorato inserisce entro bacheche di legno fino a formare un grande collage di ciò che era provvisorio ma che l'Artista ha saputo trattenere fino a diventare parte del racconto dei pensieri e dei desideri.
A ben guardare viene da chiedersi a chi si è ispirato l'Artista per approdare a queste scelte espressive; per certi aspetti si potrebbe pensare al mondo pirotecnico di Fortunato De Pero, ma anche allo stile grafico degli espressionisti tedeschi (manifesti della secessione viennese) e non ultimi, Haring e J. M. Basquiat. Tutte osservazioni personali che possono essere smentite dall'autore nel caso mi fosse dato di conoscerlo. Prima di chiudere il bel catalogo di questa mostra, vorrei dare solo l'idea del pannello intitolato" Finalisima": qui si gioca una partita in un campo di calcio in cui le silouette nere dei giocatori e i vari segnali poggiano su un tappeto di api. Tutto il campo appare come un merletto di un centro tavola che ha per bordura tre file di teste inquadrate sul vuoto-bianco.
Nella fissità degli elementi registrati c'è l'inquieta geometria degli insetti che suggeriscono una lettura kafkiana dell'opera, ancora una volta un gioco ma anche un presagio...
Credo che nel concludere questa rapida scrittura, sia necessario tracciare un profilo di Onorato, essenziale ma sufficiente per stabilire l'importanza anagrafica in ogni campo di ricerca.
Milanese, nato nel 1967. Architetto di formazione, lavora da più di un ventennio nel mondo dell'arte, spaziando tra pittura, scultura e installazione.
Usa materiali poveri o di recupero che raccontano attraverso la leggerezza formale i problemi del mondo attuale, spesso ispirati anche ai fatti di cronaca.
Dal 2000 in poi il suo lavoro è concentrato sulla tecnica del ritaglio della carta.

Per ulteriori informazioni consultare il sito:
www.anfiteatroarte.com

info@anfiteatroarte.com
+39 0498075616

Testo di Alessandra Pucci, fotografie di Luccia Danesin


 
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