Abcveneto - webmag telematico sul Triveneto
N. 100, IX ANNO, LUGLIO 2012 - SCRIVI A INFO@ABCVENETO.COM
L'ARTICOLO DEL MESE

INTERVISTA A PAOLO PORTOGHESI PER LA BIENNALE ARCHITETTURA 2012

Di Lucia Tomasi

CALCATA: un grumo di case di pietra arroccate sopra una rupe, e del suo stesso colore; l´ origine si perde nella notte dei tempi, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, quasi una cinquantina di chilometri a nord di Roma.
Vicinissimo a questo borgo, immerso nel verde, circondato da animali che pascolano felicemente liberi sulla collina e fedeli collaboratori, vive ed opera il notissimo Professore ed Architetto Paolo Portoghesi.

DOMANDA di L.T.

Egregio Professor Portoghesi, Lei è stato il Direttore della prima Biennale di Architettura a Venezia nel 1980.
La famosa "Strada Novissima", per cui coinvolse i più significativi architetti di allora, è stata il Manifesto del Post-Moderno.
Come concepirebbe oggi una "Strada Novissima"?

RISPOSTA di PAOLO PORTOGHESI:

Paolo PortoghesiIl compito della Biennale è quello di cogliere ciò che avviene nel campo dell´arte allo stato nascente.
Secondo me in questo momento sta nascendo una cultura che reagisce all´attuale crisi economica, ancora difficile da definire, ma che si basa essenzialmente sulla conclusione, sulla cesura rispetto all´architettura degli ultimi decenni, che potrebbe essere definita "architettura dello spreco".
Siamo arrivati a costi degli edifici monumentali assurdi, 10-15 volte il costo di una costruzione di edilizia normale residenziale.
Continua ad esserci la volontà da parte degli architetti di emergere attraverso l´invenzione di uno stile personale. I cosidetti "Archistar": un ventaglio di stili personali diversissimi uno dall´altro, in cui l´unica cosa che li accomuna è, in un certo senso, l´esagerazione individualistica.
Per contro, se io avessi dovuto oggi organizzare una Biennale, avrei cercato, invece, di evidenziare le architetture soprattutto del Terzo Mondo.
Dirigo da anni una Rivista intitolata "Abitare la Terra" in cui pubblico solo ciò che mi sembra andare nella direzione giusta, che è quella di riportare l´architettura a migliorare la vita degli uomini, verso un´istanza etica che domini su quelle di carattere estetico, che sono sempre relative ed in una certa misura anche illusorie, perché i valori artistici non sono mai garantiti.
Quindi non basta dire mettiamo in vetrina i giovani, perché purtroppo molti sono stati sedotti dalla negazione del valore sociale dell´architettura.
Secondo me bisognerebbe riunire ciò che professionisti vecchi e giovani stanno facendo per uscire da questa logica del consumismo, che l´architettura ha sposato in pieno.
La tendenza è quella di produrre per vendere, far consumare;
l´esigenza a cui si cerca di rispondere non è il bene dell´umanità o il miglioramento della vita degli uomini, ma unicamente la possibilità di produrre profitto. Naturalmente il guadagno è una legittima aspirazione, ma quando diviene l´elemento cardinale per decidere in che direzione andare, significa che siamo in una fase patologica non fisiologica.
Secondo me l´architettura deve abbandonare questa logica patologica che ha vissuto negli ultimi decenni, anche se ha dato dei capolavori di carattere artistico, ma questi ci possono essere sempre, persino in un´arte che ha deciso di sposare la distruzione della cultura.
Opera di Paolo PortoghesiAll´epoca di Hitler ci sono state delle costruzioni disegnate per esempio da Albert Speer che sicuramente hanno un valore artistico.
L´arte non serve a distinguere il bene dal male. L´arte è una delle caratteristiche dell´attività umana.
Credo che l´architettura si debba muovere sulla strada per ritornare ad essere un modo per far abitare la gente secondo i propri desideri.
Durante il periodo del Movimento Moderno, gli architetti si erano presi il compito di insegnare alle persone come dovessero abitare.
Questa ideologia, per cui l´architetto diviene il demiurgo che decide della riforma della società, è tramontata.
Oggi dovremmo tornare ad un´architettura dell´ "ascolto", cioè, prima di decidere "come", bisognerebbe interrogare le persone che la devono utilizzare.
E´ necessario cercare di far esprimere i desideri, le emozioni. le esigenze, i bisogni della gente comune che abita la città, e alla luce di questo interpretarne i luoghi.
E´ un problema che riguarda non solo l´architettura residenziale ma anche quella monumentale. Fondamentalmente è quello che avevo cercato di dire nella prima Biennale di Architettura nel 1980 con "La Strada Novissima".
Volevo richiamare l´attenzione sulla "strada come valore", allora molto sentito dalle persone. In America erano nati movimenti di cittadini per proteggere le vie con tutto ciò che stava loro intorno, poiché in quelle si svolgeva la vita urbana.
Avevo pensato alla "Strada Novissima" come luogo che esprimesse la ricchezza della nostra cultura, della nostra società, quindi che non fosse una monotona fila di edifici tutti uguali, ma in cui viceversa la personalità dell´architetto potesse esprimersi; però almeno nelle mie aspirazioni, potesse manifestarsi con umiltà, non che ognuno cercasse di strafare e di mettere in difficoltà quello vicino.
Seguendo una logica comune, avevamo dato anche delle regole che quasi nessuno rispettò. Diciamo che avevamo pensato ad un´utopia.
Devo dire però che soprattutto in Germania (dalla quale sono appena rientrato), a 30 anni di distanza, riesco ancora a coglierne l´eco in alcune costruzioni. Specialmente là dove si è riesciti ad anteporre, al problema dell´espressione architettonica, il valore della città, il valore comunitario dell´ambiente urbano.

Di Lucia Tomasi

Abcveneto - webmag telematico sul Triveneto

 
abcveneto.com

Il sistema operativo basato su Linux

pdf icona