Il giorno di Pollock al Guggenheim
Di Lucia Tomasi
Nell'ambito delle varie iniziative della Fondazione Guggenheim di Venezia il 21 aprile si sono festeggiati i 100 anni della nascita di Jackson Pollock.
Peggy Guggenheim fu la scopritrice di questo artista e lo fece conoscere in Europa come uno dei più significativi rappresentanti della pittura americana.
All'apertura della giornata, sulla magnifica terrazza inondata di sole, il direttore Philip Rylands con gli studiosi Ivan Bianchi e Luca Cerizza hanno ricordato l'artista.
Nella sua pittura non c’è inizio, né fine, spazio senza confine, vasta orizzontalità.
La sua pittura possiede la forza di un primitivismo che si rifà agli indiani d'America, al West. Lavora su una tela in posizione orizzontale, come i pellirossa disegnavano i loro segni sulla sabbia, il suo modo di muoversi mentre lavora rapito e quasi in estasi, ricorda l'azione di uno sciamano indiano.
Alla domanda sul perché non dipingesse la natura, rispondeva: - io sono la natura-.
La sua fine inizia quando diviene famoso ed un mito, si dà al bere, muore in un incidente stradale nel 1956, da sé stesso - pare - provocato.
La sua tecnica: il "dripping" identificazione arte-vita, lo rappresenta perfettamente; gesto come liberazione della soggettività, gesto non come pittura, ma come performance; espressione di una eroica impotenza (G. Dorfles), un'opera aperta (U. Eco).
E come Fontana, anche Pollock vuole uscire prepotentemente dalla tela…