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Quando la tombola e la frutta secca stanno strette… Misfatti natalizi e viaggi esotici

Di Alberto Leoncini

I giorni attorno al Natale sono stati tutt’altro che felici per il trevigiano, per il Veneto e per l’Italia intera. Vari sono stati i motivi, ma vale la pena ricordare la tragica scomparsa di una famiglia e di altri connazionali nel mare venezuelano. Quell’episodio ha suscitato parecchio sgomento, difatti pensare che una famiglia sia stata eliminata da un momento all’altro senza dubbio tocca nel profondo la nostra sensibilità. Eppure ad analizzare la cosa sotto il solo profilo causa-effetto, con quel determinismo tanto caro alla contemporaneità, senza lasciarsi-almeno nelle intenzioni- trasportare dall’umanità, verrebbe da dire: “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”. Ogni anno, specie sotto Natale quando gli spostamenti verso i paesi tropicali sono più intensi a causa del freddo delle nostre zone, i media ci ripropongono svariate storie di “disavventure”, alcune finiscono bene, altre male, alcune sono più gravi ed altre meno, certo che sono tutte correlate con atti che di responsabile hanno ben poco. La Farnesina aggiorna continuamente un database sui paesi e le destinazioni a rischio per rapimenti, violenze, guerre e malavita, eppure i tour operator continuano indefessi a proporre pacchetti per quelle zone e viaggiatori continuano ad acquistarli. Perfino nei giorni di massima tensione in Kenya, dove è bene ricordato i morti “ufficiali” superano le diverse centinaia, le reti televisive mandavano in onda interviste a villeggianti che partivano per quelle zone con grandi sorrisi. Personalmente trovo tutto ciò scandaloso, specie perché quando si manifestano i problemi devono sempre essere le ambasciate e i consolati a risolverli, ovviamente a spese della collettività. Certo non ho nulla da ridire sugli spostamenti per lavoro o per fare informazione, poiché sono necessari ed insostituibili, ma il turismo “esotico” che, capeggiato da politici come Gianfranco Fini, grande amante del sub nei mari tropicali, o la  ex ministra Melandri, titolare di una casa a Malindi, sempre in prima fila quando si tratta di partire si fa un baffo delle raccomandazioni e degli avvertimenti, lo reputo una delle tante vergogne nazionali. Da parte dei cosiddetti rappresentanti, poi, mi sembra davvero l’ennesimo schiaffo alle classi meno abbienti, che di quei posti possono al massimo vedere i documentari, anzi, con l’aumento del canone RAI, forse nemmeno quello!
Basta con le scene lacrimevoli degli scampati che atterrano a Ciampino, con i collegamenti telefonici con i parenti. Mi risulta che tutti coloro che partano siano adulti e responsabili, quindi la collettività non ha alcun tipo di “onere” nei loro confronti, e ciò vale, al fine di non fare sterili polemiche, anche per coloro che vanno a sciare fuori pista nonostante le raccomandazioni delle guide alpine e dei bollettini meteo. E’ tanto strano pensare che le persone abbiano la capacità di valutare il rischio e di ragionare la fattibilità dei propri atti?
Se proprio tale voglia di avventura è insopprimibile, sarebbe almeno auspicabile che, chi parta per destinazioni a rischio sia tenuto a pagare una quota su un fondo pubblico a scopo assicurativo, che, qualora non venga pagato e si presentino dei problemi, le spese sostenute per l’assistenza siano completamente a carico dell’interessato. Tale cauzione dovrebbe essere tanto più alta quanto più alto è il rischio indicato dalla Farnesina. E’ ovvio che si rischia anche uscendo di casa, ma credo sia ben differente trovarsi alla cassa del supermercato rispetto a trovarsi nel deserto dello Yemen; non v’è dubbio che la statistica abbia i suoi limiti, ma l’evidenza e il buon senso credo li superino.
E’ insomma ipocrita parlare di “vittime” perché di andare in zone ad alto rischio non c’è nessun obbligo, ma solo una precisa scelta, peraltro profumatamente pagata, quindi non riesco davvero a cogliere i motivi per i quali la società debba farsi carico di queste situazioni, tutt’altro che casuali e fortuite. Non dimentichiamoci poi che anche altre conseguenze non degne di spazio sui media si manifestano in relazioni a queste “trasferte esotiche”, come per esempio le malattie tropicali o le intossicazioni alimentari.
Desidero poi ricordare che questi spostamenti sono estremamente dannosi per le economie locali e gli ecosistemi del terzo mondo, dove, per il profitto e per il turismo, si compromettono equilibri naturali e paesaggistici, oltre a costituire un pesante danno per la nostra economia locale trattandosi di una continua fuga di capitali, va poi detto che il grande traffico aereo è uno dei grandi responsabili dell’inquinamento globale.
La responsabilità nelle vacanze non è una questione superficiale o perfino sciocca, come i tanti VIP finto-disinvolti tentano di far credere per giustificare il loro sciatto comportamento, bensì una necessità anzitutto nei confronti di se stessi ed in secondo tempo verso la collettività.
Il turismo senza dubbio è una grande risorsa economica e un volano per l’incontro fra le culture, tuttavia non deve essere una consuetudine con il solo fine di ostentare ricchezza e benessere, per potersi fare belli “ore rotundo” una volta rientrati a casa, magari raccontando gli imprevisti come “fuga” dalla “routine”, perché in molti casi ciò è possibile, ma in altri, purtroppo, la sorte non è altrettanto benigna.

Di Alberto Leoncini

V anno,  2008
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