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Direttore Federico De Nardi www.abcveneto.com venerdì 1 febbraio  2008
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Islam e diritti umani

Di Raffaella Biasi

Della parola Diritti Umani certe volte ci si riempie solo la bocca. Per fortuna, da un lato, perché solo con le battaglie per questi diritti molti esseri umani sono stati salvati, per esempio le donne indiane sfregiate con l’acido o gli uomini nelle carceri egiziane. Solo da poco queste persone si sono rese conto che esistono altre opportunità di vita differenti da quelle imposte nel loro paese. Ma, dall’altro lato, intere masse sono state strumentalizzate in nome dei Diritti Umani, come quelle della striscia di Gaza, che, quando comoda alla politica internazionale, vengono strumentalizzate con la scusa dei Diritti umani. Quindi per parlare di Diritti Umani bisogna escludere la geopolitica e concentrarsi sulla persona. Il passo successivo è capire che il pensiero occidentale non si attaglia a quello Orientale e che gli orientali non hanno nessuna intenzione – ed hanno diritto! – di pensare in maniera differente e quindi di non procedere con il metro dell’Occidente. Il terzo passaggio è capire, però, dove sono gli inghippi di entrambe le Dichiarazioni dei Diritti e quindi in cosa sono di aiuto e in cosa sono migliorabili. Diamo per scontato che si conosca la Dichiarazione dei Diritti del 1948, cerchiamo di accennare alla dichiarazione dei Diritti dell’Uomo Islamico.
I Diritti Umani sono frutto della cultura occidentale e non di quella consolidata in medioriente. Per questo è stata promulgata e contrapposta una “DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO ISLAMICO” (Il Cairo, 1981 e modifiche del 1990), la quale - pur affermando gli stessi principi che vengono sanciti in quella Internazionale – ha la postilla “purché questi non si contraddicano con la shari’a”(art. 25). In questa Dichiarazione anche le omissioni sono significative, per esempio le omissioni sulla libertà di cambiare religione (per tradimento, art.2) o sulle scelte matrimoniali o sul fatto che i figli sono di proprietà del padre (art.19). Nell'articolo 18 della Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani si parla della possibilità di cambiare religione, e questo è un conflitto tra i maggiori del rinnovamento musulmano e del dibattito filosofico.
Inoltre, la Dichiarazione del Cairo è stata scritta in arabo e le traduzioni sono state edulcorate o rese incomplete in campo semantico, per cui risulta difficile il controllo sugli abusi. 
L'idea dei diritti umani, richiama per i musulmani l'idea dei shirk, che dal punto di vista etimologico significa semplicemente ‘associare o partecipare’. Ma ha una connotazione negativa, perché il concetto di ‘libertà’ nella umma significa il caotico mondo pagano precedente all'Islam. E il termine shirk è il più appropriato per tradurre la parola ‘libertà’ contenuta nell'articolo 18 della Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani. I traduttori delle Nazioni Unite incaricarti di trasporre lo statuto in arabo, usarono invece quattro parole per rendere "libertà di cambiare religione", invece di usare la parola shirk che nel Corano si trova 160 volte. Nell'articolo 18 e nel concetto di shirk  risiede il conflitto tra Islam e democrazia. In sostanza l’Islam protegge e riconosce la ‘comunità’ e non ‘l’individuo’, come invece avviene in Occidente. Se la comunità è riconosciuta a livello giuridico allora si ritiene che ‘esista’, altrimenti la relazione è nulla. D’altro canto in Occidente l’esasperazione dei Diritti Individuali ha portato a perdere la bussola su moltissime questioni morali che ormai rendono l’Occidente un luogo di marciume avvallato dalla legge.

Comunque gli Stati musulmani hanno firmato molti articoli che parlano di uguaglianza e diritti umani, ma sono propositi che sono rimasti solo virtuali, poiché la popolazione non ne è al corrente e quindi non sono ancora Stati messi in pratica nella quotidianità. Nell’Islam la via Maestra di tutte le Leggi è la Shari’a, per cui l’Islam è quanto di meglio si possa pensare per il bene dell’essere umano, perché è vicino alla legge naturale e alle leggi sociali: “La umma è la miglior nazione che sia stata prodotta dagli uomini” (sura II). Ma la shari’a – che pure è servita a migliorare le condizioni degli abitanti del 7° secolo - non è più adeguata ai nostri tempi perché si basa su tre disuguaglianze:


uomo e donna
musulmano e non
credente e miscredente

La prima vittima di questi soprusi comunque è la libertà di ogni persona: oltre agli abusi sull’individuo, anche il pensiero viene limitato tramite la censura sulle pubblicazioni e per mezzo di gruppi che intimidiscono gli scrittori anche con qualche fatwa (sentenza capitale) sugli scrittori stessi. Cioè: ognuno ha la libertà di parola ma solo in apparenza perché in sostanza se dici qualcosa di troppo forte vieni messo in carcere.
 La seconda vittima è la Donna perché la tradizione è più forte della modernità e confina la donna nei soliti ruoli. I capi delle nazioni arabe presentano una faccia moderna alle Nazioni Unite e una faccia da dittatore antico in casa propria. Inoltre la massa delle persone comuni non conosce nemmeno l'esistenza di una carta dei Diritti Umani. Un dato interessante è che le traduzioni dei documenti di Amnesty International hanno cominciato a circolare in arabo solamente negli anni '90.

Una delle sfide del rinnovamento dell’Islam è proprio il rinnovamento dei Diritti individuali e proprio questa potrebbe essere una delle vie maestre di rinascita degli Stati musulmani.
Il salto principale, senza nulla togliere alla fede personale, dev’essere la democratizzazione degli Stati islamici e di conseguenza la separazione tra Stato e Religione (ricordiamo che questo è molto difficile perché l’islam si propone come ‘din wa dunya wa dawla’, ossia religione, società e Stato).
Bisogna guardare con ottimismo al cambiamento poiché un numero sempre maggiore di musulmani non accetta più il vecchio modo di pensare. E’ molto importante che ci si batta per il rinnovamento poiché ogni diritto conquistato per il singolo musulmano aiuta anche l’intera comunità.

 

Di Raffaella Biasi

V anno,  2008
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