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Direttore Federico De Nardi www.abcveneto.com Sabato 3 maggio  2008
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Richieste allo Stato

Raffaella Biasi

Raffaella BiasiForti della loro fede che li vede uniti come se fossero una grande famiglia e consapevoli che l’Islam è una religione che detta le regole del vivere quotidiano (Religione, Società e Stato), i musulmani spingono per ottenere molti appoggi dallo Stato, a differenza delle altre religioni che non hanno richieste. La base del pensiero, per cui non si può scindere la Religione dallo Stato, è che all’interno del Corano e della Sunna ci sono tutte le regole del vivere quotidiano e l’Islam è strutturato in maniera completa per funzionare come codice civile e sociale. Gli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione italiana stabiliscono che lo Stato italiano può sottoscrivere intese con le rappresentanze delle diverse confessioni religiose. Ma chi ha diritto di rappresentare i musulmani in Italia? Anche se adesso ci si è accordati con alcuni gruppi rappresentativi, questo è il primo nodo da sciogliere, perché non si è riusciti a trovare un unico capo. Sotto il profilo giuridico le organizzazioni operanti in Italia sono estremamente diverse tra loro – moderate, laiche e integraliste - e rivendicano l'essere capi a vario titolo. Il problema di fondo è che l'Islam sta ancora attraversando una fase di insediamento e le comunità non hanno ancora riconosciuto un leader. Sarebbe forse più opportuno affrontare a livello locale le richieste urgenti e aspettare la maturazione di una comunità omogenea.

Le richieste allo Stato vengono fatte di solito in nome della tutela delle minoranze e del rispetto delle differenti identità. Ma spesso le nostre Leggi sono ambigue e così ci saranno sempre delle ingiustizie. Ci si deve muovere in un quadro di compatibilità con i fondamenti all'ordinamento giuridico italiano senza ambiguità. I capisaldi italiani sono: la laicità dello Stato e quindi la distinzione tra ordine statale e spirituale, la parità tra l'uomo e la donna, la libertà di coscienza.

Detto questo molte richieste sono già state ottenute, per esempio la macellazione secondo il rituale islamico (tramite sgozzamento e con la benedizione). All'inizio vi erano delle perplessità sul maltrattamento dell'animale che poi sono state superate soprattutto dal fatto che vi è una forma di rispetto nel ringraziare Dio del sacrificio che l’animale fa di sé per nutrirci.


Anche l'assistenza religiosa all'interno delle carceri, degli ospedali, delle caserme, viene incontro alle richieste spirituali dei musulmani e può essere gestita senza grandi difficoltà, a condizione che gli imam siano riconosciuti e selezionati anche dal governo italiano poiché possono suggerire comportamenti integralisti.

Riguardo ai cimiteri islamici, diventa facile offrire la possibilità di una sala a di preghiere separata dalle sale di preghiera per altre religioni, invece diventa più oneroso offrire spazi di sepoltura diversi per ogni diversa confessione religiosa. In Egitto, per esempio, i cristiani sono nello stesso cimitero dei musulmani. Si auspica che almeno nella morte siamo tutti uguali e abbiamo uno stesso cimitero.

Ben venga il velo in testa, ma solo se è una libera scelta. Ma questa pratica di indossare il velo non è riconosciuta come importante da tutti i paesi islamici, piuttosto viene utilizzata per fare propaganda religiosa e politica o richiamo ai costumi islamici. È la tendenza radicale islamista che ha progressivamente imposto questo uso negli ultimi trent’anni. Il velo è anche un richiamo sessuale e di possesso. Il Corano dice di nascondere tutte le parti che possono indurre in tentazione. Qualsiasi parte bella, quindi, potrebbe diventare oggetto di tentazione e quindi si è andati coprendo tutto ciò che potrebbe essere un richiamo sessuale fino ad arrivare a coprire le mani o gli occhi. A proposito della separazione sessuale, alla base della cultura islamica, potremmo sottolineare una differenza tra la civiltà occidentale e quella orientale: il matrimonio è un Remedium concupiscentiae, per sfogare sessualità e avere famiglia. Dal momento che non tutti possono sposarsi , è di cattivo gusto tentare le persone per strada esibendo la propria sessualità attraverso l’esibizione del corpo. In Europa e in America, invece, il corpo è esibito all’eccesso e questo ha anche indotto ad un errato uso della sessualità, ormai decadente e perversa. La via di mezzo, quindi, aiuterebbe l'oriente a non essere eccessivamente possessivi e fanatici e l'Occidente a ripensare alla propria esagerazione.

Per quanto riguarda il considerare il venerdì come il giorno di riposo settimanale e quindi di potersi assentare da scuola per partecipare alla preghiera o al Ramadhan o il riconoscere come festività di Stato alcune ricorrenze del calendario islamico, alcuni passi sono già stati fatti per il rispetto dei singoli individui. Ma il Corano non prescrive all'uomo di riposare nel giorno di venerdì. L'unico obbligo religioso previsto per il venerdì è la preghiera comunitaria che si tiene verso mezzogiorno e dura circa mezz'ora per cui risulta di per sé compatibile con lo svolgimento delle normali attività lavorative. Comunque negli Stati da cui proviene la maggioranza dei musulmani residenti in Italia, il venerdì non è giorno festivo: Albania, Senegal, Tunisia, Turchia hanno scelto la domenica. Il Marocco lascia libera scelta tra venerdì, sabato o domenica o il giorno di mercato.


Sulla tradizione islamica delle cinque preghiere giornaliere, ricordo che essa consente di raggrupparle in tre momenti della giornata: per esempio la prima e la seconda si possono fare prima di andare a lavorare, la terza durante la pausa pranzo, la quarta e la quinta si possono fare al ritorno dal lavoro. Questa usanza, per esempio, viene portata avanti nel religiosissimo Iran. In Sicilia in Lombardia e nel Veneto molti sono gli imprenditori hanno offerto sale di preghiera per poter recitare le preghiere.

FESTEGGIARE IL RAMADAN da noi? . Non si deve contrastare una religione rendendo difficile il festeggiamento dei suoi riti, ma bisognerebbe favorire quelle richieste che non vengono a cozzare con le leggi dello stato italiano. I lavoratori che seguono il Ramadhan si sa che stanno a DIGIUNO. Questo inizia dalla pubertà, non in maniera forzata, ma graduale. In genere la comunità aiuta col controllo chi digiuna e chi no. Qui in Italia non c'è una vera comunità di controllo per cui è difficile che un musulmano protragga un vero e proprio digiuno per 30 giorni. In occasione del digiuno tutti gli adulti sani (sono esentati gli impuberi, le donne in gravidanza, i malati, gli anziani e gli invalidi) devono astenersi totalmente dall'ingerire alimenti soldi e liquidi, dall'entrare in contatto con sostanze gassose (profumi o anche fumo) e dal compiere qualsiasi atto sessuale: ciò dal primo apparire del sole fino al tramonto. Quando invece il 'filo bianco si confonde col filo nero' allora si può cominciare a mangiare, bere ecc. Questa pratica di penitenza è piuttosto gravosa, specie se invece di meditare si deve lavorare duramente e non è facile protrarla. Perciò suggerirei agli imprenditori di pazientare per i primi giorni di Ramadhan, senza infierire su un lavoratore non molto ‘produttivo’. Avrà tempo di recuperare.

Inoltre il Ramadhan rinforza i legami sociali e familiari, rendendo la società più coesa e più tranquilla.


Per l'insegnamento della religione islamica nelle scuole sarebbero necessari tutta una serie di chiarimenti preliminari relativi ai programmi, agli insegnanti, ai libri di testo. Le lezioni dovrebbero essere impartite in lingua italiana per favorire il processo di integrazione nel tessuto sociale ed anche perché il contenuto di insegnamenti in lingua araba è difficilmente controllabile. Nulla vieta comunque, che sia insegnata la lingua araba. Tutto questo perché c'è chi teme l'infiltrazione di personale docente legato alle organizzazioni più radicali, che potrebbe trasformare l'ora di religione in una esercitazione di stampo anti-occidentale. Finora i nostri insegnanti di lingua araba sono stati scelti in accordo con il governo del Marocco, in quanto nei Paesi islamici esiste un Ministero della Religione che forma insegnanti adatti ad andare all'estero.


Appendere il Crocifisso? Secondo l'islam il Crocifisso non rappresenta Gesù Cristo, che comunque è venerato come Profeta, ma un'altra persona morta al suo posto (Giuda). Secondo i racconti coranici, differenti dai nostri Vangeli, Gesù è asceso al cielo non appena i soldati stavano per catturarlo nell'orto di Getsemani. Per questo i musulmani credono che veneriamo un morto e non lo stesso Profeta venerato anche da loro. La Madonna invece è un simbolo condiviso da entrambe le religioni. Ma è ovvio che il simbolo della Croce va ben oltre.


Un'altra richiesta controversa è quella di riconoscere il matrimonio islamico. Esso permette la poligamia, il ripudio soprattutto da parte maschile senza ricorso al tribunale, l'affidamento della tutela dei figli al padre in caso di divorzio, l'attribuzione ai figli maschi di una eredità doppia rispetto alle figlie femmine, l'obbligo per i figli di seguire la religione del padre. Questi aspetti non sono compatibili con la Legge italiana. Non dimentichiamoci che il piano religioso e quello civile per l'islam non sono condivisibili e separabili e spesso la risposta dei giuristi islamici è che 'Dio non si può sottomettere alle leggi di uno Stato'. Gli esperti stanno mettendo a punto proposte per rendere compatibili alcuni aspetti del matrimonio islamico con il rito italiano, introducendo una sorta di " doppio binario " (in base alla confessione religiosa dei cittadini), che prevede il riconoscimento di certe prerogative a titolo personale senza conseguenze sul piano civile. Il rischio è che molte situazioni anomale creino ingiustizie. Il matrimonio temporaneo, invece, è un'usanza a mio avviso molto civile, perché tutela la donna e gli eventuali figli nati dalla relazione e diminuisce il malcostume della prostituzione o di avere volatili amanti.
Il divorzio è molto più semplice negli stati musulmani, fermo restando il diritto della donna a divorziare in maniera identica all'uomo, la qual cosa scritta nella carta, ma non è così nella realtà.
In generale è meglio che in materia di diritto familiare non si debba incoraggiare la nascita di una sorta di 'Diritto parallelo', stabilito in base alla confessione religiosa dei cittadini o al loro paese di provenienza, proprio perché la laicità è un'acquisizione dalla quale la società civile e lo Stato non possono recedere e che ciò può rappresentare un'opportunità per favorire un processo di modernizzazione favorevole anche alla 'rinascita' del mondo musulmano.

Tra le richieste allo Stato vi è anche la richiesta di terreni o finanziamenti o permessi edilizi per costruire moschee. E' bene quindi sapere che la moschea è di due tipi. Esistono due termini per indicare moschea: masjid e jami'. Quest'ultimo vocabolo è il più usato e il più diffuso nel mondo islamico. La prima parola deriva dalla radice s-j-d e significa 'prostrarsi', la seconda parola deriva dalla radice j-m-' , e significa 'radunare'. La moschea è un luogo dove la comunità si raduna per affrontare tutto ciò che la riguarda: la preghiera, le questioni sociali, culturali e politiche. Quindi le decisioni della comunità vengono prese in questa sede. Il venerdì dopo la preghiera, fa seguito un sermone dell'Imam che affronta le questioni più importanti del momento che vanno oltre gli aspetti spirituali, talvolta anche le decisioni politiche. Considerare la moschea un luogo di preghiera è quindi limitativo. Essa è come un centro culturale in cui si insegnano varie discipline: dalla scienza, alla letteratura, alla politica, alla lingua. Il minareto, oltre che un valore pratico - ossia quello di richiamare i fedeli alla preghiera - ha anche il valore simbolico di affermare la presenza di una comunità islamica. L’unica questione da ricordare, che ormai non è un segreto, è che gran parte delle moschee e dei centri islamici d'Europa vengano finanziati da governi stranieri in particolare dall'Arabia Saudita che quindi, poiché paga, mette imam di sua fiducia. Dalla moschea partono sia le raccolte per la zakat (carità) ma anche per il Jihad.
Equivoci e dannosi si sono rivelati alcuni comportamenti italiani - per esempio quello di concedere le chiese o le parrocchie ai musulmani - adottati quasi sempre in buona fede, ma ingenuamente in nome della solidarietà sociale o dell’ecumenismo. Questi comportamenti di apertura e di buonismo ingenuo fanno pensare che il cristiano è un credente blando, perché abdica alla propria fede e quindi implicitamente riconosce la superiorità dell'Islam. Ogni luogo consacrato all'Islam, infatti, viene considerato anche giuridicamente una sorta di proprietà islamica.

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Raffaella Biasi

V anno,  2008
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