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Treviso: La chiave dell'ascensore di Agota Kristof

Spazio Antonino Paraggi . Via Pescatori 23, Treviso venerdì 10, sabato 11 e domenica 12 dicembre, ore 21.

a cura di ABCV

Per la comprensione di ogni testo drammatico e no, ci si spinge a utilizzare la metafora della chiave. Chiave di lettura, chiave per entrare, accedere. E ciò accade ancor più quando si smonta un testo drammatico, ci si affonda oltre le parole scritte. Nella pièce di Agota Kristof la chiave viene esibita, ostentata fin nel titolo.

È uno strumento minuto, la chiave, ma reale; concreto. Come concreta è la condizione della protagonista: una Donna. Sola. Condannata ad una solitudine perpetua. Separata dal mondo, nell'esclusione dei sensi. Nulla può se non regredire nella condizione larvale. Ma ancora esistere. Ha osato conoscere il mondo; o il mondo - diavolo tentatore! - ha cercato di conoscere lei; ed è stata condannata per troppo amore e per sua propria candida fede. Nell'alto di una maschia torre lui, uomo-marito, edificatore del mondo - e architetto! - la conserva, priva di ogni senso, in una vita priva di senso. Lei non possiede più la chiave, quella ferrigna per l'ascensore che la potrebbe condurre nella foresta, nella pianura. La chiave dunque per conoscere la vita. Possederla. Non più. Non può più il corpo, chirurgicamente mutilato. Ma l'anima sì. La musica, che lei non può più udire ma che ha comunque dentro, rimbrotta, urla in silenzi che accompagnano la sua solitudine pseudofiabesca. I suoni incalzanti chiedono, alludono, sostengono. E tutto ribolle. Fuori, dentro. L'ironia pervade tutto il monologare della donna; al cantilenato del racconto fiabesco iniziale succede un raccontarsi più schietto e prosaico. E il sarcasmo è sempre pronto a sputare il suo acido corrosivo. C'è l'ombra di una patetica complicità nel tragico evolversi degli eventi. Ma l'eroe, la vittima, trova una chiave. Una chiave. E il dentro fuoriesce. Magma sanguinolento, violento. Chi ribolle si ribella; dal vivo. È bastato paventare la sottrazione della voce: di mettere nell'impossibilità di comunicare, di usare la parola.
Ecco che la metafora si raddoppia. La prima che denuncia esplicitamente ogni crudeltà segretativa su qualsiasi essere vivente, regimentale o piccolo borghese familiare, o ancora (e vale per l'oggi) distolta intransigenza confessionale; e dunque una valga per tutte: la donna come lo è Agota Kristof: donna vissuta in Ungheria durante il regime totalitario. La seconda in cui si evince la donna attrice che non può rinunciare al primo mezzo comunicativo umano: la parola. Mezzo che riassume e concerta tutti gli altri. E scappa l'azione. Il gesto drammatico. Dunque un atto (teatrale), un agire che riscatta, salva la parola. E con essa tutti possono sapere. Devono sapere. Possedere la chiave: la chiave per riprendersi la vita.

Raffaello Padovan Diastema-Teatro ha già prodotto i seguenti spettacoli musical/teatrali, con Giuggi Di Paolo, regia di R. Padovan e musiche originali di P. Troncon: "Assenze" (S. Beckett), 2000;

La chiave dell'ascensore di Agota Kristof, liberamente adattata da Raffaello Padovan Regia: Raffaello Padovan Interpreti: Giuggi Di Paolo, Alberto Regis, Raffaello Padovan. Musiche originali: Paolo Troncon Voce e liuto: Elisa Marchesin Assistenza tecnica: Natalino Bragato Produzione: Diastema-Teatro (Treviso)

Orari: venerdì 10 e sabato 11 dicembre, ore 21.00; domenica 12 dicembre ore 16.30. Ingresso libero, fino a capienza dei posti. La Chiave dell'ascensore.

"La Chiave dell'ascensore" (A. Kristof), 2001; "Sinfonia di si minore" (J. Roth), 2002; "Adamo ed Eva" (M. Twain), 2003.

Info: Associazione culturale fotografica Antonino Paraggi: 0422-56657 (negli orari di apertura); 339-1116399 (Alberto Munari); e-mail: info@antoninoparaggi.it

a cura di ABCV

 

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