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numero 4, anno primo - 29 luglio 2004 giornale online gratuito (a 30 giorni)
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I Protagonisti dell'estate asolana

"Fedra" di Ghiannis Ritsos e "54" di Wu Ming, nel giardino del castelo della regina Cornaro

a cura di ABCV

Asolo : Giardino Castello Regina Cornaro Venerdi¹ 30 luglio ore 21.20
Elisabetta Pozzi "Fedra" di Ghiannis Ritsos, regia Francesco Tavassi, con Elisabetta Pozzi,musiche originali Daniele D'Angelo, scene Alessandro Chiti, costumi Maria Rosaria Donadio, organizzazione generale Mariangela De Riccardis, produzione COMPAGNIA DELLE INDIE OCCIDENTALI

Una vera 'signora' della scena teatrale italiana, insegue il mito di fedra, lungo una trama musicale inquieta e poetica che esalta le infinite sfumature della sua voce.

Fedra appartiene ad un ciclo di monologhi di ispirazione mitologica (la Quarta dimensione) composti dal grande poeta greco Ghiannis Ritsos durante l¹esilio a cui fu costretto dalla dittatura dei colonnelli alla fine degli anni ¹60. L¹operazione di Ritsos e la sua straordinarietà sta nella sapiente e appassionante attualizzazione dei miti classici, riscritti secondo tematiche contemporanee. Questo testo esplora i turbamenti contrastanti di una donna vittima delle proprie passioni e dei sensi di colpa che ne scaturiscono. Un monologo di rara intensità su cui Elisabetta Pozzi lavora unendo la propria voce alla musica di Daniele D¹Angelo e utilizzando tecnologie audio che aiutano a portare allo scoperto il mondo di suoni occulto, sotterraneo o, a volte, estraneo e lontano, in cui vive il mito. ³Le parole di Ritsos arrivano da un passato lontanissimo - sottolinea Elisabetta Pozzi - e nello stesso tempo sono impregnate del mondo di Ritsos, così quotidiano, così contemporaneo.
Fedra è morta da duemila anni ma è continuamente risorta nei secoli, e Ritsos la pone in uno spazio-tempo non identificabile che ci contiene ed appartiene a tutti noi. Forse per questo le sue parole ci arrivano così dirette, semplici, profonde, evocano fantasmi di passioni, di dolori che tutti abbiamo provato, raccontano deliri che non ci sono mai estranei. La sua voce è la nostra voce in mezzo a vie piene di traffico, con sirene che risuonano in lontananza o in luoghi deserti, con insetti che ci ronzano sulle teste o dentro ad appartamenti pieni di elettrodomestici che prendono a vivere insieme a noi².

Fedra è una figura mitologica descritta da Euripide nella tragedia Ippolito. Ippolito, figlio di Teseo, venera Artemide e non si cura di Afrodite. La Dea dell¹amore, offesa, fa innamorare perdutamente di lui Fedra, sua matrigna. Commossa dalla disperazione di Fedra la sua nutrice va a confidarne la causa a Ippolito. Da ciò nasce il tragico epilogo: Ippolito impreca senza pietà contro Fedra che si uccide e che, per vendicarsi, lascia a Teseo una lettera in cui accusa Ippolito di averla violata. Teseo, quindi, maledice il figlio e Poseidone lo esaudisce, facendo travolgere Ippolito dai suoi cavalli in riva al mare. Portato morente a palazzo, Ippolito viene difeso da Artemide e, poco prima di morire, si riconcilia con il padre. Fedra è quindi l¹innamorata oscura, è l¹amante fredda della pazzia, dell¹unica creatura che sia mai riuscita a sopravvivere in quella specie di mondo, in quello stagno orribilmente piatto e deliziosamente ammorbato che è la reggia clinica sigillata di Teseo. Erano brividi quelli che permettevano ai suoi muscoli di strisciare come fa un corpo privo di arti, lei, la progenitrice di rettili assai più evoluti di noi. Fedra corteggia la vita e la morte amando l¹impossibile e per non soffrire, o per soffrire di meno, lascia che la sua psiche e il suo cuore si dividano paurosamente come amebe senza un ordine. Così Fedra inventa, partorisce, il più antico dei mostri: la follia.
L¹unica creatura che possa salvare Fedra da Fedra, noi stessi dallo specchio di noi stessi. Scrive Ghiannis Ritsos: 'Tutto il giorno attendo la notte, caso mai le mie ombre si fondano con l¹oscurità, per poter occupare meno spazio, chiudermi nel mio guscio, essere come un chicco di grano nella terra. Non ci riesco. Le mie ombre non si fondano col buio; anzi, al contrario, conquistano la notte tutta intera. E allora mi dilato anch¹io con esse, stupita, muta, sprofondata, con tutta la mia superficie tesa dalla densità del fondo, mentre il mio desiderio nudo, lucente, tutto bianco, galleggia sull¹oscurità, come una donna annegata dalla pancia gonfia, una donna con gli occhi illuminata dalla luna, non annegata, che semplicemente galleggia sul dorso, una donna incinta. Ed eccomi di nuovo ad aspettare che in un modo o nell¹altro faccia giorno, che cantino i galli sugli steccati, che risuonino fuori per la via i passi dell¹arrotino, del vasaio, dell¹erbivendolo ambulante, del pesciaiolo, i colpi del martello dei marmisti o dei falegnami, che si scindano a una a una le mie ombre, per spartirle e non essere più sola con me stessa'. Fedra, accudisce come una sacerdotessa il proprio desiderio d¹amore, lo analizza, lo penetra, se ne consuma: disperata, struggente, sensuale. 'La immagino in una grande alcova bianca, - scrive il regista dello spettacolo Francesco Tavassi - essenziale, le tracce, il sudore, il seme di Ippolito conservati in un letto sfatto, imballato, come del resto appare tutta la scena, nel cellophane.

Una prospettiva impazzita, quasi un¹esplosione, a rappresentare l¹immagine dirompente e distorta che Fedra ha del suo tempio di desiderio e di dolore. Luogo di memoria e di reliquie. Il tutto trasuda calda umidità, gocce d¹acqua come umori umani scivolano lungo le quinte trasparenti e sui pochi arredi resi lucidi dal cellophane, le luci giocano attraverso le trasparenze e i riflessi dell¹acqua ad accendere il calore del corpo ed il gelo dell¹anima. Le parole, il gesto e la musica si fondano ritmicamente divenendo, nello stesso tempo, protagonsti e narratori della tragedia². ³Desidero curare soprattutto l¹aspetto suggestivo della messa in scena - sottolinea Tavassi - attraverso l¹uso della luce e dei suoni con echi e riflettenze fino a far galleggiare nei bagliori di luce la protagonista, a modularne i toni, ad avvolgere fluidamente nell¹immagine che riflette e nei suoni che produce. Una fusione d¹arti: la recitazione, la musica e l¹immagine, ispirate dalla poesia del testo, ma nello stesso tempo forti di una propria autonomia interpretativa².

Asolo : Giardino Castello Regina Cornaro - Giovedì 5 agosto ore 21.00
Giuseppe Cederna - Yo Yo Mundi "54" di Wu Ming, da un¹idea originale di Stefano Tassinari, testi e parole Wu Ming, canzoni e musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Yo Yo Mundi, voce narrante Giuseppe Cederna, proiezioni e immagini Dario Berveglieri, Ivano Antonazzo, progetto e luci Alessandro Verazzi, regia Laura Bombonato, produzione MESCAL

Da un autentico caso letterario uno spettacolo originale, nato come concerto, ritrae le storie di un anno cha
ha fatto la storia.

In questo spettacolo la musica degli Yo Yo Mundi e il romanzo 54 di Wu Ming (Einaudi Stile Libero, 2002) si intrecciano in modo sorprendente per un progetto tanto particolare quanto affascinante. L¹incontro tra le parole di Wu Ming e la musica degli Yo Yo Mundi avviene per la prima volta nell'estate 2002 grazie all'intuizione dello scrittore Stefano Tassinari che - colpito dalla sonorizzazione di Sciopero - invita gli Yo Yo Mundi a musicare alcuni momenti del romanzo 54 per una lettura scenica. Da allora il progetto si è evoluto fino a diventare un disco ed uno spettacolo, in cui canzoni e trame sonore si alternano, per interpretare alcuni momenti tratti dal libro e per dare voce e vita a molti degli straordinari protagonisti dell¹opera. Un suono piacevolmente in bilico tra musica selvatica, fugaci momenti d'improvvisazione e composizioni dall¹architettura più complessa. Accade così che l'attore Giuseppe Cederna dia voce alle parole di 54, accompagnando lo spettatore in questo emozionante, e a tratti anche divertente, percorso a ritroso. In scena alle trame narrate - ora sotto forma di flash improvvisi, ora come stralci di racconto più definiti - si attorcigliano sinuosamente le musiche degli Yo Yo Mundi, pensate come se fossero una ideale colonna sonora di un film tutto da immaginare e naturalmente suonate "dal vivo" con la caratteristica energia, propria del gruppo piemontese.

Si chiama 54 l'ultimo CD degli Yo Yo Mundi. E, a sentire le recensioni "degli altri" sembra destinato ad un gran successo. Ma anche l'ascolto conferma la straordinaria qualità artistica di questo lavoro, che coniuga "impegno" a piacevolezza. E impegno vuol dire anche serietà, coscienza, approccio ai temi caldi di quella storia contemporanea che molti vorrebbero seppellita sotto la pietra tombale di una robusta risata. Non è poi una novità che la Musica incontri la Letteratura. Ma questa unione tra i multiformi scenari musicali della band, tra il romanzo 54 che contamina modi e regole di tutti quei generi storicamente considerati "minori, certo sarebbe piaciuta a Italo Calvino. Questo strano romanzo attinge a piene mani alla storia del dopoguerra (la battaglia di Dien Bien Phu in Vietnam, Trieste ancora contesa tra Jugoslavia e Italia, Tito e il ricordo di Marzabotto, le insoddisfazioni degli ex partigiani, esperimenti atomici in URSS, il caso dell'omicidio di Wilma Montesi, la nascita della TV italiana e l'ulteriore diffusione della fama delle star del cinema americano: a iniziare da Cary Grant che scende dallo schermo all'azione, con un procedimento simile a quello usato da Woody Allen ne ³La rosa purpurea del Cairo², e Frances Farmer, l'attrice prediletta da Kurt Cobain) con i luoghi di una vertiginosa geografia dell'azione. E la Musica? Non possiamo certo sbrogliarcela in due righe. Dunque eccoci alla musica, che, sin dal primo brano rivela l'inconfondibile stile Yo Yo Mundi (non sfuggono, ovvio, gli "a solo" delle corde e il timbro della fisarmonica; c'è poi, però, la cura parnassiana del particolare, i brani che sembrano innestarsi naturalmente, a modo di deriva, sul Tema di Sciopero). Vi si aggiungano la rarefatta presenza della parola cantata (ampi spazi sono lasciati allo strumentale, che ora commenta nei modi di una colonna sonora, e ora conduce in modo autonomo il discorso), i campionamenti dal sapore futuristico a conferire ulteriore compattezza all'insieme, la multanimità. L'esito musicale finisce per conferire straordinaria profondità al testo letterario. Anzi, Jorge Luis Borges (se fosse ancora vivo) o Umberto Eco (se lo volesse) potrebbero benissimo convincerci che Yo Mundi e Wu Ming (un anagramma imperfetto, un'allitterazione, un'annominazione) non siano che gli stessi personaggi (ignoti, senza volto) che alternano a seconda dei casi una maschera letteraria e una musicale. Ma non c'è bisogno di improbabili imposture per comprendere che questo progetto rappresenta un bel servizio in omaggio anche alla Letteratura.
Grazie alla interpretazione delle voci l'ascolto riscopre la dimenticata lettura espressiva, e riporta in primo piano certe pagine del romanzo - ecco un' antologia minima - che la mole impegnativa dell'opera rischiava di oscurare, riaprendo il gioco (sempre gratificante) del riconoscimento di "prestiti & derivazioni": quelle righe che sembrano aver l'incedere dell'incipit dall'Ulisse di Joyce, quel verbale di Commissariato di PS o quel discorso alla Don Mariano (Il giorno della civetta) che potrebbe aver scritto benissimo Sciascia, la favola tragica del Paperotto e la poesia sul dopoguerra che potrebbe appartenere ad un Quasimodo o a un Primo Levi. La musica, allora, sarà serva o padrona dell'orazione? Un bel dilemma (monteverdiano, tra l'altro: Nihil sub sole novi) che lasciamo volentieri al lettore: questa volta se la sbrighi un po' lui. E, ancora, 54 dei Yo Wu Mundi (o degli Yo Yo Ming, se preferite) sarà dunque un esempio di "postmoderno"? Pur diffidando dalle rigide etichettature, non troviamo di meglio per "orientare" il lavoro. Ma, certo, del postmoderno (almeno da noi, in Italia) l'opera teatral-musicale degli Yo Yo Mundi potrà benissimo diventare, con il favore degli Dei, un "classico".

(Giulio Sardi 'L'Ancora² del 14 marzo 2004'

a cura di ABCV

 

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