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numero 2, anno primo - 1 maggio 2004 giornale online gratuito a 30 giorni

'Nanda' a Bomben


Fernanda Pivano parla di Allen Ginsberg a palazzo Bomben: tornerà con voci -voices di nuovo il 22 maggio-18 luglio 2004

Sara Miriade

 
  foto ©Maria Ester Nichele
  Fernanda Pivano firma gli autografi

Treviso, ha ora memoria di una folla calda e numerosa venuta a rivivere, attraverso la figura di lei, Fernanda Pivano, gli afflati, le proteste, le passioni, le utopie, le tensioni emotive e volitive di una generazione, la beat generation secondo l'espressione coniata da Kerouac. In lui come negli altri maggiori -Burroughs, Ginsberg- il binomio arte-vita fa un tutt'uno allo scopo di ricercare nuove forme di espressione che prima vengono interiorizzate come altre forme di vita, che hanno nome dissenso politico, vita comunitaria, libertà sessuale, vagabondaggio, alcol e droghe. Sono gli anni di Eisenhower, della politicizzazione creatasi a seguito della guerra del Vietnam, sono gli anni del dissenso che quei "battuti" e per questo "beati" della beat generation vogliono portare nella parola, quale via anche di guarigione se non di redenzione sociale.
E lei Fernanda Pivano, munita del coraggio e della sfrontatezza che solo la bellezza e l'intelligenza danno, ha attraversato l'oceano in tempi ancora arditi per una ragazza, li ha conosciuti e ce li ha portati in Italia, certo -lei per prima lo riconosce- con i limiti della traduzione, che è un tradimento tanto minore, però, -dico io- quanto più terremotante è il messaggio dell'autore e quanto più è curante l'azione del mediatore. E sempre lei ci ha portato a Treviso, il 15 aprile, l'anima con la voce dell'attore Claudio Moranti di Ginsberg. Accompagnata da Luciano Benetton , l'unico mecenate -dispiace dirlo, perché ancora una volta l'Italia istituzionale fa una magra figura-, che ha preso in consegna nel 1997 la sua biblioteca (quaranta mila volumi di letteratura nordamericana e culture underground, oltre a foto, giornali, lettere e registrazioni), che altrimenti sarebbe andata al rogo. Tale donazione è ora alla Fondazione Benetton di Milano (Corso di Porta Vittoria 16, info: 02-54101988). Con il reading di Treviso, la nostra città si è unita a Milano (Montale), Napoli (Leopardi), Venezia (Ungaretti), Bari (Petrarca), Bolzano (Pascoli), Firenze (Campana), Roma (D'Annunzio) al progetto "7 poeti per sette città", finanziato da Telecom Italia, Fondazione Corriere della Sera e Benetton. E così "con queste occasioni" -esordisce la Pivano ad un pubblico di settecento persone- "il messaggio dei poeti non è più relegato in qualche rivista, ma si fa comunicazione, perché i poeti parlano dall'anima e all'anima si rivolgono. E alla base della non violenza c'è la comunicazione".
Penso di non essere all'altezza di fare il commento al commento della Pivano delle poesie lette da Morganti in quella sera. Posso riferirvi di alcuni passi significativi della lettura e di alcune parti di commento di cui ho preso nota, che Morganti e la Pivano hanno regalato ai presenti, che hanno avuto -tra l'altro- un altro regalo da Luciano Benetton con il volume di Allen Ginsberg, Jukebox all'idrogeno, edito dal Corriere della Sera in supplemento al quotidiano.
"Come ti penso stasera Walt Whitman (…) Cammineremo sognando la perduta America …(…) Ah, caro padre, grigio di barba, vecchio solitario maestro di coraggio, che America avesti quando Caronte smise di spingere il suo ferry e tu scendesti su una riva fumosa a guardare la barca sulle acque nere del lete?" (Un supermarket in California)
Whitman fu grosso idolo di Ginsberg per le sue idee politiche, per il suo ammonimento contro l'occupazione del Vietnam. Era colui che aveva introdotto nella poesia immagini crude anche a sfondo sessuale. Era tutto fuori che un pornografo. Ha introdotto l'umanità nella poesia. Ha saputo personificare tutte le cose, che non avevano personificazione. E' il più grande poeta americano.
"Dev'essere un trucco. Due diamanti nella mano uno la Poesia uno la Carità provano che abbiamo sognato e la lunga spada dell'intelligenza sulla quale m'inciampo continuamente come nei calzoni a sei anni - imbarazzato"(Ignu)
"La poesia" "serve a trasmettere ciò che di vero l'uomo ha". La poesia è gli occhi per conoscere una persona. Tu non puoi dire una bugia in un verso. La poesia è leggersi negli occchi."
"…tu hai camminato 50 anni fa bambina -dalla Russia, mangiando i primi pomodori velenosi d'America - spaventata sul molo- poi dibattendoti nelle folle di Orchard Street verso che cosa? (…) Verso istruzione matrimonio collasso nervoso, operazione, insegnamento scolastico, e imparare a essere pazza, in un sogno - che cos'è questa vita? (…) Tutte le accumulazioni della vita, che ci consumano -orologi, corpi, coscienza, scarpa, seni -figli partoriti -il tuo Comunismo- <<Parania>> negli ospedali. (…) Prendi questo salmo, da me, esploso nella mia mano un giorno, uno del mioTtempo, ora dato al Nulla - per lodate Te - Solo Morte. (…) Di lunghe notti da bambino a guardare il tuo nervosismo -eri grassa- la tua prossima mossa". (kaddish)
"Kaddish è una preghiera ebraica, generalmente scritta per un defunto. Ginsberg la dedica alla madre Naomi russa, ebrea, comunista, pazza. L'ha scritta a Parigi nella maratona di una notte e poi l'ha interrotta perché credeva fosse troppo personale e l'ha rivista per tre anni e mezzo. La madre portava il figlio nei circoli comunisti da lei frequentati. E' morta in ospedale tragicamente. Nella follia diceva che aveva tre bastoni impiantati sulla schiena e che i medici volevano ucciderla. Quando era libera dalla pazzia era una dolce donna-mamma russa. Forse lo sedotto. Allen l'ha accompagnata nei vari manicomi. Descrive i gesti che la malattia le faceva fare. I medici l'avevano buttata fuori di notte con un bambino. E' il capolavoro di Ginsberg. Fa capire tante cose della vita di Ginberg. Il padre la amava. Non si può capire Ginberg senza leggere questa poesia".

 
  foto ©Maria Ester Nichele
  Fernanda Pivano e Luciano Benetton

Oltre alle parole di Ginberg, che non lasciano indifferenti, c'è da dire che non lascia indifferenti neanche la Pivano, una donna che -non si dovrebbe rivelare, ma in questo caso è un orgoglio- all'età di ottantasette anni parla ancora a tutte le generazioni della sua vita di privilegiata perché ha potuto molto viaggiare e molto conoscere e di quel mondo letterario d'oltreoceano che altrimenti noi da qui non avremmo potuto conoscere. Ci ha salutato alla maniera buddista, incrociando le mani al petto e noi le abbiamo detto arrivederci perché quella di aprile è stata un'anteprima della mostra che si aprirà a maggio alla Fondazione Benetton di Treviso.

 

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