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Donne e colori a Castelfranco Veneto

libreria Costeniero in piazzetta Giorgione 55, città di Castelfranco Veneto, sabato 30 ottobre alle ore 17.30 si inaugura la mostra pittorica di Liana Bottiglieri Calzavara, fino al 19 novembre 2004

a cura di ABCV

Fauves. Appena ho visto i lavori di Liana, mi sono venuti in mente i Fauves: Matisse, Derain Marquet, Braque e de Vlaminck. Quadri visti nei musei francesi, da bambino.
Liana ha gli stessi colori forti, vivi, dinamici, anche se sono altri colori. Le linee e il modo di disegnare cambiano, sono più dolci, più sottili un po' alla Degas, alla Toulouse Lautrec, ma certi colori e in qualche modo il pensiero che vi sottende sono gli stessi: la necessità di esprimere, principalmente il sentimento dell'artista di fronte agli spettacoli della natura, considerati come temi da sviluppare e non da imitare, per mezzo della <<orchestrazione>> di colori puri. I Fauves disegnavano per lo più paesaggi, splendide marine, imboccature di porto, stazioni ferroviarie d'inizio secolo, finestre aperte sul mondo che tutti abbiamo visto e ricordiamo in qualche modo.
Liana no.
Liana disegna il corpo, il volto, l'umano come paesaggio unico: in piedi, di fronte, di profilo, supino. Ritratti di donne, di femmine preferirei dire, femmine bellissime e incredibilmente umane, accessibili, tormentate e un po' astratte, ma ricchissime di pensieri, emozioni, disegnate attraverso linee di colori caldi, selvaggi, a volte con linee di fiamma.
Volti e corpi, dunque, ma perché non paesaggi come i Fauves? Una volta lessi che quando l'essere umano non può modificare/creare nuovi mondi, conserva come 'penultima' forma di espressione creativa la libertà di modificare il corpo umano.
Forse è questo il motivo, di Liana?
Non lo sappiamo.
Ognuno deve decidere per sè, è questo il bello dell'arte, a ognuno di noi suscita pensieri e riflessioni diverse. Altro possiamo dire: queste femmine e le linee attraverso cui sono rappresentate sono decise, libere, intense, indipendenti.
Ricorre una figura incompleta che guarda uno sfondo nero distaccato complentamente da sé. E' forse il sollievo di aver superato la notte? Ma potrebbe essere anche un attimo prima di entrare nella notte. Inquietante? Si contrappone sempre una riflessione: è una femmina colorata, infuocata, decisissima che si prepara a entrare nella fascia nera per illuminarla.
Ecco poi sequele di volti che si inquadrano senza fine, diversi nei colori e nelle emozioni, ma ripetuti nella posa, come quelle riproduzione della Pop art, ma solo in questa riproduzione richiamano Wharol, in tutto il resto sono diversi: non sono scatole di zuppa. I volti rappresentati parlano, le emozioni di quello che si dicono sono sul foglio, macchie sottili di colori.
C'è un bellissimo disegno a china, che ritrae una femmina avvolta di rosso, dorme, distesa di spalle e ci mostra uno dei templi per cui le donne sono famose. Ma oltre la prima lettura sensuale, quel rosso emozionante e torrido che avvolge questa figura addormentata di cui non conosceremo mai il volto sparge attorno a sè il dono della vita: ella sogna il mondo e ci fa sognare con lei, anche se siamo ben svegli.
Mi soffermo su una femmina arcuata, grande e sola, che crea un ponte con il suo corpo e si sorregge con la nuca senza spezzarsi. Mi incuriosisce: sembra porti il peso del mondo, il collo piegato mi ha ricordato uno di quei ritratto mitologici di Ercole che carica sulla spalla il mondo intero, ma in questo ritratto di Liana il mondo non c'è: è la donna stessa il mondo e il ponte su cui si regge il mondo? Ella deve reggere se stessa perché la creazione e il mondo sono opera sua, benchè in questo modo ne diventi la vittima e il carnefice. Tutto è dato in mano a lei, nel bene e nel male. E' in più, ritorna quel pensiero sensuale: è la donna-femmina, portatrice di fuoco.
E' questo che ci vuole comunicare Liana?

scritto da Federico De Nardi

a cura di ABCV

 

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