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numero 6, anno primo - 1 settembre 2004 giornale online gratuito (a 30 giorni)
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L'arte dell'oblio

Rocca dei Tempesta di Noale, 18 Settembre 2004 – ore 20.45

a cura di ABCV

Introduzione allo spettacolo di Cesare Tomasetig: si tratta del tentativo di mettere in scena un libro dedicato all’arte: un saggio che ha come riferimento dei dipinti, delle sculture, delle architetture. Non possiamo sapere quale ne sarà il risultato e tanto meno possiamo immaginare la reazione del pubblico. Ma il testo raggiunge momenti di tale profondità che possono essere considerati filosofici o ancora poesia. Abbiamo perciò cercato di isolare alcuni di questi momenti per offrirli al pubblico senza perdere del tutto il contesto del saggio di Brusatin. Ancora una volta non possiamo essere sicuri di aver rispettato appieno la volontà dell’autore, ma tutti sanno che la poesia, una volta scritta, viene consegnata al lettore che la sente, o la interpreta un po’ a modo suo. Ovviamente abbiamo mantenuto i riferimenti iconografici offerti dal testo che accompagneranno la lettura e ne renderanno più agevole la comprensione.
L’Ala di una ghiandaia di Albrecht Durer ci offre una gamma di colori che si travasano l’uno nell’altro senza mai confondersi e casomai creando nuovi colori della fantasia, dei ricordi e dell’oblio: i colori di una vita che non fugge, ma è vissuta e può essere rappresentata. Rappresentare una vita significa offrire sensazioni, sentimenti, sfumature, incrostazioni, pieghe, particolari; in definitiva la nostra vita è un continuo restauro.
Il commento musicale a questa Arte dell’Oblio è affidato alle musiche del Maestro Carlo de Incontrera, il quale presenterà in prima mondiale il lavoro elaborato appositamente per quest’evento.

Patrocinata dalla Regione Veneto, prende avvio il 18 settembre alla Rocca dei Tempesta di Noale l’iniziativa voluta dalla FO.CO.S. e dalla Fondazione di Venezia di mettere in scena il suggestivo saggio sull’arte intitolato Arte dell’oblio. Quest’appuntamento, che di per sé costituisce una novità assoluta, si profila come la prima tappa di un progetto che prevede la messa in scena di tre saggi fondamentali di Manlio Brusatin: il primo è appunto quello dedicato all’arte dell’oblio, il secondo tratta della storia delle linee e della forma ed infine il terzo si concentra invece sulla storia dei colori.
L’evento è reso possibile grazie alla particolare sensibilità dell’impresa padovana FO.CO.S. e della Fondazione di Venezia, le quali -sostenendo questo progetto- hanno inteso percorrere strade non tradizionali permettendo la realizzazione di un esperimento nato dalla mente di Cesare Tomasetig, fondatore e direttore della rivista Mitteleuropea nonché ideatore e realizzatore del MittelFest di Cividale del Friuli.

Nell’intento di teatralizzare il saggio da cui esso prende il nome, lo spettacolo porterà in scena l’attore Werner Di Donato, che interpreterà i testi con parti dal vivo e parti registrate, e la soprano Karina Oganjan, la quale canterà ed eseguirà movimenti di identificazione con l’oblio delle mura che si sgretolano. Le musiche che accompagneranno lo spettacolo saranno composizioni inedite di Carlo De Incontrera che verranno eseguite dal grande flautista Roberto Fabbriciani.

In una società nella quale l’imperativo è avere e comunicare un’immagine spesso falsificante, assurda ma ritenuta necessaria, FO.CO.S e Fondazione di Venezia promuovono un’attività che Manlio Brusatin definisce “di notevole profilo culturale, dove gli argomenti di riflessione sono per esempio «l’importanza delle cose che non hanno importanza» cioè quelle trascurate, abbandonate, volutamente dimenticate”.
Per l’autore del saggio Arte dell’oblio la riduzione teatrale del testo –già sperimentata in forma diversa al MittelFest di Cividale sempre per la regia di Cesare Tomasetig– “propone non certo la necessità di dimenticare, perché questo si impara da soli, ma come la memoria abbia bisogno di una specie di purificazione, di pulizia, per poter essere memoria vera, sia sul piano della personalità individuale che della società umana. Questa diventa una riflessione etica ed estetica necessaria per coloro che sono costretti a ricordare tutto tranne ciò che è veramente necessario”.
La volontà di mettere in scena un saggio sull’arte non prende dunque semplicemente le mosse dalla diffusa tendenza che attualmente porta registi ed attori a ricorrere sempre più spesso a testi non teatrali per realizzare delle opere tese a far emergere le passioni che provano anche i ricercatori che studiano materie apparentemente aride (come ad esempio la chimica, la matematica, la fisica o l’astronomia).
Nel progetto in programma a Noale il punto di partenza sono dei saggi sull’arte figurativa; in particolare lo spettacolo tende a ricercare ed a isolare nel testo originale quelle parti che si muovono al confine tra il saggio e la creatività artistica. Le opere di Manlio Brusatin sono infatti testi che non solo registrano ed archiviano ma cercano anche di partecipare alla creatività artistica stessa.
La forza della messa in scena di questo saggio risiede principalmente nella funzione didattica che un testo come questo può esercitare oltre che sugli studenti anche sul pubblico in generale. Per quest’ultimo infatti lo spettacolo rappresenta l’occasione di entrare in contatto con uno scritto che magari non avrebbe mai avuto l’occasione o lo stimolo di leggere rendendo così possibile la scoperta di una grande opera. Per gli studenti invece la rappresentazione costituisce l’occasione di affrontare, con un approccio non tradizionale, il materiale di studio.

È proprio con riferimento alla funzione didattica che meglio si evidenziano anche le caratteristiche di continuità e di unitarietà del progetto sopra citato. Le linee, i colori e la forma sono elementi fondamentali dell’opera d’arte figurativa ed i tre testi di Brusatin offrono strumenti interpretativi essenziali per comprenderli: le tre rappresentazioni dunque intendono fornire al pubblico un ciclo compiuto di questi strumenti interpretativi fondamentali per il rapporto con l’arte.
Continuità e unitarietà del progetto si ritrovano anche nell’intervento musicale affidato al Maestro Carlo de Incontrera: alla conclusione dell’intero progetto infatti egli avrà creato un trittico di composizioni originali che scava sugli stessi concetti di oblio, linea, forma e colore e che potrebbe anche nascondere una sorta di gara per l’armonia.
La prima edizione di Arte dell’oblio si terrà all’interno della Rocca dei Tempesta di Noale, in luogo di per sé altamente suggestivo che sarà ulteriormente valorizzato se non addirittura trasfigurato da una regia luci affidata a Giuseppe Pizzo.

Lo scenario della Rocca dei Tempesta di Noale non è casuale: il castello medioevale dei Malatesta infatti, con la leggendaria caratteristica della torre che conteneva due prigioni (una chiamata “la Chiara”, l’altra “l’Oscura”) sopravvive fino alla caduta della Serenissima. Già abbandonato dal governo veneto nel 1763; l’edificio subisce nei pochi anni verso la fine del settecento una spogliazione ed un diroccamento sistematico fino alla nuova funzione del cimitero cittadino, in ottemperanza alle nuove norme delle leggi napoleoniche. Nel territorio veneto questo spazio contornato da mura e canali d’acqua rappresenta l’unico caso in cui una rocca abbandonata diventa stabilmente il luogo dei morti fino a date recentissime (1983), fino a quando si arriva alla progressiva dismissione. Oltre ai più recenti restauri del complesso medievale operati attorno agli anni Novanta, l’insieme del castello e dei canali circostanti mantiene una configurazione tipicamente veneta ma confrontabile ai parchi delle rimembranze a Weimar o Ermenonville oppure evocativamente ai dipinti di Arnold Boecklin, che sono le immagini di sfondi del testo drammatizzato. Dunque la scelta della fortificazione di Noale per questa rappresentazione diviene tanto importante quanto suggestiva.

a cura di ABCV

 

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