Treviso: "Mato de guera: il milite noto"
Benché io non sia una "firma"
della critica; mi sono reso conto, quando ho cominciato
a scrivere questa recensione, di una difficoltà.
Scrivere di un libro, di un film o di un'opera d'arte
è relativamente facile: sono sotto gli occhi.
Alberto
Leoncini
Quando però ci si accosta ad un'opera teatrale
la questione subisce un radicale mutamento. Questa non
è falsificabile e realmente riproducibile, tuttavia
il "Mato de Guera" di Gian Domenico Mazzocato
per la regia di Roberto Cuppone è una felice eccezione,
infatti il messaggio passa forte e chiaro. Il disperato
urlo del soldato Ugo colpisce nel segno, senza alcun accenno
compromissorio..
Quasi tre anni fa scomparve Dino Frisullo, voce di primo
piano del giornalismo militante italiano, ed in sua memoria
fu pubblicata l'antologia di suoi articoli "Con lo
sguardo delle vittime" (Edizioni Alegre). Un lucido
spaccato di realtà che viene solitamente sottaciuta,
o quando viene analizzata è sommersa da una copiosa
colata di pietismo.
Lo sguardo delle vittime, vittime di tutte le sopraffazioni,
continua a guardarci. Non ricambiato, ma ad ognuno di
quegli sguardi c'è una persona. Un dramma umano,
un cuore straziato come quello di Ungaretti nella sua
"S. Martino del Carso", senza però essere
inserito nelle antologie.
Uno dei tanti, preso a caso come la salma del milite ignoto.
Ecco cos'è questo "Mato de guera", una
storia come tante, a metà tra la effettualità
e la leggenda, che smitizza le versioni ufficiali, i moderni
Achille ed Ettore, per dirci davvero cosa sia la guerra.
Il soldato Ugo si trasfigura, diventa la vittima immolata
sull'altare della spietatezza umana. Un contadino che
non può più arare e vendemmiare, che vede
la sua intimità domestica violata dai militari
e l'assurda logica distruttrice che muta i caratteri delle
persone, un po' come i materassi divelti dalle squadracce
nel ventennio (molto significativa in tal senso è
la descrizione che si può leggere in "Nikita,
un'eccezione che non conferma la regola si racconta",
Manifestolibri, Roma-2005) . L'amico salinaro del soldato
Ugo deve stare dentro all'umida trincea anziché
al caldo sole trapanese: ecco i drammi della guerra, e
paradossalmente la morte diventa solo l'epilogo della
follia, il punto a cui non segue un accapo.
Il coraggio di Mazzocato è quello di essere un
autore con qualcosa da dire, in questa epoca "senza
infamia e senza loda" (a dir la verità si
difetta più della seconda), con questo struggente
monologo affidato alla voce di Gigi Mardegan (oggi probabilmente
il più grande attore in lingua veneta) egli inaugura
una nuova etica dell'impegno intellettuale, sbloccandolo
da quell'empasse storica nella quale è stato relegato
dalle ideologie, riportando l'uomo di cultura al centro
della vita sociale e civile di una società, l'anello
di raccordo tra passato e futuro, certo nei piccoli spazi
non ancora occupati dal disfacimento odierno. Non vi è
dubbio, dunque, che Mazzocato abbia, con quest'opera,
toccato una delle sue vette più alte; ne è
la riprova lo straordinario successo avuto in tutte le
rappresentazioni, con ovazioni a scena aperta che si susseguono
nel corso dello spettacolo. Un grande pregio di questo
spettacolo è quello di capire da che parte sta,
il pulpito da cui ci viene predicato un "not in my
name" antelitteram è semplicemente che il
soldato Ugo potremmo essere noi. E' un motivo sufficiente
per darci da fare.
Quest'opera entra direttamente in contatto con le persone,
non con dei generici spettatori. Dice davvero qualcosa,
ci impone un imperativo civile.
La rappresentazione carica ed appassionata si snoda con
raffinatezza nella tragedia, il dialetto da un tocco particolare
di familiarità all'opera, gli aneddoti sono un
po' anche nostri. La fucilazione per il moschetto abbandonato
dopo Caporetto, come allo stesso modo la tinozza di fondi
di carciofo con i mezzi limoni all'interno. Un affresco
che coinvolge, purtroppo o per fortuna chi lo vive. Non
sta a me giudicare se sia un bene od un male. Ciò
che mi sento di dire è che chiunque veda questo
"Mato de guera", dopo non è più
lo stesso. Nient'altro da dichiarare.
www.giandomenicomazzocato.it
Alberto
Leoncini