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Provincia di Treviso: "Violenza in famiglia"


25 novemebre, Convegno alla Provincia dell'avvocato Matrimonialista Renea Rocchino Nardari sul tema molto sentito oggi, sulla violenza in famiglia.

a cura di Renea Rocchino Nardari

Oggi i media pongono in evidenza un male antico come la famiglia. Oggi tutti cominciano a conoscere data la velocità della propagazione delle notizie.
Molti pensano alla corrotta società di oggi invece tutto questo è già successo è che non era divulgato come succede oggi.
Difatti Stendhal nelle suo libro “Cronache italiane” uscito in Francia nel 1973 e in Italia nel 1993, da Newton Compton editori r.s.l. Stendhal racconta violente vicende che hanno avuto luogo nell'Italia del Rinascimento. Si apprestò a creare un mondo romanzesco partendo da fatti autentici... L'amore e il delitto che Stendhal trova in Italia portati alla massima perfezione, sono dunque percorsi obbligati verso quella clausura che prefigura il rapporto dell'anima con se stessa. (...)

Come è noto il fenomeno della violenza in famiglia ha origini remote, è un dato ricorrente nella storia dell'umanità, descritto come fenomeno sommerso e trasversale. Appare difficile da scoprire e quantificare poiché non è limitato ad ambienti socialmente degradati, ma diffuso e radicato in ogni strato del tessuto sociale.
Le statistiche elaborate dall ISTAT non forniscono una rappresentazione attendibile, soprattutto per la scarsa propensione della vittima alla denuncia, imputabile sia agli stretti legami affettivi che la legano all'abusante, sia al senso di profonda vergogna che pervade l'animo di chi ha subito la violenza, sia per la mancanza di procedure uniformi nell'acquisizione delle notizie di reato.
Parlare di violenza come fenomeno di genere, non significa però stigmatizzare un sesso, considerandolo aprioristicamente e collettivamente responsabile. Vuol dire, invece, leggere la violenza come problema sociale costante nel tempo, poiché legato al modo in cui si strutturano le relazioni tra gli uomini e le donne e la famiglia in genere.
Vuol dire anche tener conto della concreta evoluzione sociale della famiglia.
In questi ultimi anni infatti, il concetto di famiglia è stato riferito a realtà differenti dalla famiglia legittima riconosciuta dall'ordinamento.
Essa ha mutato pelle, divenendo ora "famiglia nucleare" ora "famiglia allargata" ora "famiglia di fatto".
È fondamentale e necessario riuscire ad assicurare, soprattutto ai soggetti deboli di questa nuova famiglia, una adeguata tutela giuridica.
Il legislatore dunque considera il fenomeno della violenza e degli abusi nelle relazioni personali tra familiari, senza alcuna distinzione tra famiglia legittima o famiglia di fatto, posto che l'oggetto della tutela sono i diritti della persona.
Ricordiamo che in passato in Italia, come in altri paesi, i cosiddetti "soggetti deboli" (donne e minori) avevano diritti limitati, soprattutto nell'ambito familiare.
Le donne fino al '75 erano soggette alla potestà maritale, il "cosiddetto capo famiglia".
La moglie aveva un ruolo inattivo.
Infatti doveva seguire la condizione civile del marito ed era obbligata ad accompagnarlo ovunque egli intendesse fissare la propria residenza.
Inoltre il marito era l'unico amministratore del patrimonio famigliare.
A quest'ultimo era riconosciuta dunque una situazione di supremazia in nome del cosiddetto "buon governo" familiare.
Anche nei confronti dei figli spettava al padre assumere le decisioni più significative in seno alla famiglia e, a, quest'ultimo era riconosciuto l'esercizio esclusivo della patria potestà, contrariamente a quanto è previsto oggi dall'art. 316 del c.c. così come novellato dopo la riforma del diritto di famiglia in cui la potestà è esercitata da entrambi i genitori.
Nell'ultimo decennio si è registrato un forte cambiamento nel costume sociale, che ha portato a tollerare sempre meno la violenza. I mezzi di comunicazione hanno dato maggior rilevanza al fenomeno e le varie fasce sociali hanno fatto pressione sugli organi di governo.
Questo problema è diventato oggi più visibile per vari motivi.
- L'INDIPENDENZA ECONOMICA DELLA DONNA che l'ha aiutata ad uscire dall'isolamento a cui era relegata tra le mura domestiche
- LA TIPOLOGIA DELLA FAMIGLIA NON PIU' PATRIARCALE per cui sono venute meno le figure cuscinetto (zii, cugini, nonni)
- L'ESISTENZA DI UN APPARATO AMMINISTRATIVO che ha messo in campo servizi socio - assistenziali e sanitari che riescono a captare i problemi e i disagi, pochi a dire il vero rispetto alle necessità sempre più pressanti
- UNA NUOVA CULTURA GIURIDICA con l'introduzioni di nuove leggi sempre più sensibili ai problemi familiari
- una proliferazione di ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO apprezzatissime e importantissime oggi più che mai!
- UN NUOVO APPROCCIO CULTURALE in cui sono stati in gran parte smantellati i vecchi schemi sulla famiglia con i suoi ruoli cristallizzati e rigidi.
Osservando le tipologie delle violenze, esse possono essere di varia natura ed intensità, e vengono rilevate dai centri antiviolenza in ordine di importanza.
La più frequente 1 è la violenza psicologica che consiste in una serie di atteggiamenti minacciosi o denigratori o di isolamento, messi in atto dal partner o dal genitore
che va dalla DERISIONE, al DISPREZZO, alla SQUALIFICAZIONE dell'altro, al terrorismo psicologico, al rifiuto dell'ascolto, al ricatto, all'umiliazione pubblica e privata.
In molti casi il maltrattamento psicologico è così pesante che è un vero e proprio lavaggio del cervello, per cui sia le donne che i figli perdono completamente la stima di sé, sviluppando gravi danni sul piano psicologico.
Le molestie morali sono la categoria più difficile da identificare, si tratta di una violenza subdola che mira a combattere l'identità dell'altro.
La violenza psicologica è sanzionata principalmente in sede civile, talvolta è possibile percorrere l'alternativa penale.
2 La violenza fisica: comprende qualsiasi tipo di aggressione atta a spaventare la vittima non solo quella grave ma anche quella minore come per esempio picchiare, schiaffeggiare, dare calci pugni, mordere, strappare i capelli spingere e strattonare.
Va quindi dalle ingiurie alle percosse, dalle lesioni personali lievi, a quelle più gravi,
ai maltrattamenti che si riscontrano quando c'è la ripetitività delle azioni violente, cioè violenze continue e reiterate.
3 Una terza forma di violenza è quella economica che consiste nel mancato assolvimento degli impegni economici assunti con il matrimonio e mette la famiglia, in particolare il partner, in una situazione di dipendenza economica, per esempio non adempiendo ai doveri del mantenimento famigliare, boicottando l'accesso al lavoro fuori casa, appropriandosi dei proventi del lavoro o dei risparmi del partner.
4 infine la violenza sessuale che consiste nell'imposizione di rapporti indesiderati nei confronti del partner mediante forza o ricatti psicologici.
A questo proposito ricordiamo che dopo un lungo e proficuo iter legislativo la violenza sessuale è stata classificata come reato non più contro la morale come in precedenza, ma come reato contro la persona (Legge 66 del 1996), per cui le norme penali previste sono ora molto più pesanti (dai 3 ai 5 anni). Sono previste inoltre pene più alte (dai 5 ai 12 anni) in presenza di circostanze aggravanti come per esempio se la violenza è perpetrata nei confronti di un minore di 14 anni o se l'abusante è un familiare (genitore o nonno) o un pubblico ufficiale.
Sulla violenza sessuale ai danni delle donne gli ultimi dati Istat (dicembre 2004) sono emblematici! Risulta infatti che il 15,8% delle donne ha subito violenza, tentata o consumata, all'interno della propria casa. Nel 6,5% dei casi il violentatore era il fidanzato o l'ex fidanzato, nel 5,3% il coniuge o l'ex coniuge.
Tuttavia un dato inquietante! Solo il 7,4% che ha subito violenza sessuale nel corso della vita ha poi denunciato il fatto.
La quota di sommerso è quindi altissima!
Gli esperti ultimamente si stanno confrontando su alcune nuove forme di violenza. Fra queste ultime emerge il fenomeno chiamato stalking, ossia la sindrome del molestatore assillante. Si tratta di un comportamento patologico che si esprime con telefonate ripetute, sms ossessivi, pedinamenti persistenti. Vi sono casi in cui il molestatore ha costruito siti web con dati dell'ex partner in cui quest'ultimo offre, a sua insaputa, prestazioni sessuali a pagamento!
Lo stalker è di solito un ex partner che non accetta di essere stato abbandonato e che non accetta la separazione, che desidera vendicarsi, e vuol continuare ad esercitare un controllo sulla vittima.
Finora lo stalking è stato studiato solo dal punto di vista psichiatrico ma la rilevanza del problema impone un intervento anche legale a difesa dalle vittime.
In America lo stalking è punito duramente.
Sarebbe importante che al momento della denuncia di tutte queste forme di violenza e di abusi ci fosse un immediato intervento della magistratura e della polizia, come avviene in alcuni Stati stranieri, per esempio in Austria e in Danimarca.
Mentre nel nostro paese il più delle volte questo tipo di intervento non c'è.
Gli strumenti legali ci sono. Infatti il Legislatore italiano si è interessato a questo problema ed ha emanato due leggi recentemente la 149 del 2001 recante modifiche alla legge 184/1983 sul diritto del minore e della famiglia, e la legge n. 154 del 2001 sulle misure contro la violenza nelle relazioni familiari.
La prima, prevede la possibilità di allontanare dalla residenza familiare non solo il minore, come nell'originaria formulazione degli artt. 330, 333 c.c., ma anche ma anche il genitore maltrattante o abusante, congiuntamente ad un provvedimento ablativo o limitativo della potestà genitoriale. La seconda introduce una doppia tipologia d'interventi paralleli sia nel settore civile che penale, costituiti rispettivamente dagli ordini di protezione contro gli abusi familiari (342 bis, 343 ter e 736 bis c.p.c.) e dalla misura coercitiva dell'allontanamento dalla casa familiare (282 bis c.p.p.).
Si tratta di provvedimenti in cui il Magistrato ordina la cessazione della condotta lesiva e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge (o convivente) che ha commesso il fatto. Può ordinare altresì al responsabile di non avvicinarsi ai luoghi frequentati da colui che chiede l'ordine di protezione e quindi dal luogo di lavoro, dal domicilio della famiglia di origine o dalla scuola dei figli. Con il medesimo decreto può prevedere il pagamento di un assegno periodico alla persona convivente che in seguito all'ordine di protezione resti priva di adeguati mezzi di sostegno.
Gli strumenti legali ci sono. Queste leggi però sono poco conosciute e di fatto sono poco attuate. Molte volte il Tribunale non si sente di intervenire con provvedimenti così incisivi, per cui richiede prime di adottarli, una serie di verifiche "la cosiddetta fase istruttoria" con tempi tecnici lunghissimi, per cui questo pur importante strumento previsto della legge non trova di fatto immediata attuazione.
Il più delle volte non rimane quindi che la strada della separazione, o del divorzio, che non hanno un effetto così incisivo così efficace!
Oltre che nei confronti della donna coniugata o dei conviventi, la violenza viene esercitata in larga scala anche su figli minori.
La violenza anche in questo caso è di varia natura. Le diverse tipologie sono state già sopra elencate e illustrate quando ho tratteggiato le varie forme di violenza nei confronti del partner.
Va sottolineato, che quando essa è esercitata nei confronti dei minori, deve essere analizzata con particolare attenzione, perché penetra un mondo particolarmente fragile.
Il minore ha una personalità in formazione molto delicata e sensibile all'insegnamento degli adulti.
Mentre la violenza fisica è più facile da scoprire, quella psicologica invece, spesso sottile ed impercettibile, è difficile da inquadrare!
Infatti la locuzione maltrattare è del tutto evanescente.
Che valore dare a situazioni familiari in cui il minore è vittima di screzi psicologici, ma che non si concretizzano in ingiurie e minacce! Che significato può assumere l'insofferenza quotidiana, la mancanza di attenzione, l'essere sistematicamente ignorati dalle persone che amiamo di più?
Non si tratta di disattenzione concrete, anzi si tratta di nuclei familiari in cui i minori hanno tutto, dal vestiario firmato ai giocattoli più costosi, ma a cui viene negato il tempo, la dedizione, l'ascolto dei genitori sempre impegnati in altro!
Come sanzionare le situazioni in cui i figli non hanno serenità familiare per le continue discussioni animate che si esprimono con continue recriminazioni e con discussioni sterili?
Come sanzionare i pregiudizi che cagiona il non amare o l'amare troppo, l'accudire poco o l'accudire troppo?
Come tutelare il minore, che è vittima di pensieri non espressi, dialoghi evitati, mutismi, silenzi?
Come risarcire le situazioni di danno alla psiche causati da ricatti morali di genitori che non vogliono perdere il predominio sui figli?
Questa è una vera violazione del diritto alla genitorialità!
Se si analizza la situazione sotto il profilo del risarcimento del danno, non vi sono dubbi sul riconoscimento del pregiudizio morale subito dalla vittima e sui pregiudizi di tipo esistenziale.
Il maltrattamento può non portare ad alterazioni evidenti di tipo patologico, ciononostante potrebbe causare un danno esistenziale, riscontrabile in uno scadimento della qualità della vita.
Queste situazioni danneggiano il minore, la sua capacità di autodeterminazione e forse in modo irreversibile il suo normale sviluppo emotivo.
Sul piano probatorio vi sono serie difficoltà, l'evento lesivo purtroppo ha difficoltà di venire alla luce.
Il minore maltrattato e abusato ha già subito un danno irreparabile, pertanto la giustizia dovrebbe essere in grado di fornire risposte certe in tempi brevi, non solo a livello repressivo ma anche a livello preventivo.
I tempi della giustizia sono molto lunghi anche i tempi necessari per assumere le informazioni indispensabili per la decisione si dilatano eccessivamente, con l'aberrante conclusione che il provvedimento giudiziario emesso risulta riferito a situazioni ormai completamente diverse da quelle in cui l'intervento era necessario.
Da qui la necessità di una riforma legislativa organica che tenga conto della concreta evoluzione sociale delle famiglie.
E' necessario oltre ad una riforma in senso strettamente tecnico, favorire l'educazione genitoriale e la qualità dei sentimenti familiari e si dovrebbe fare attenzione alla discutibile ed esagerata tendenza al controllo sociale nonché al rischio di delegare ai Servizi, già peraltro oberati, numerose funzioni riguardanti l'assetto giuridico famigliare, di competenza degli operatori di giustizia.
E' un lavoro che va affrontato in sinergia con tutti gli operatori del settore che possono fornire la loro esperienza maturata sul campo.
E' un compito difficile e gravoso, ma con la buona volontà e la partecipazione di tutti è possibile aiutare la famiglia in difficoltà a superare questo drammatico momento perlomeno riducendo con appropriati e mirati interventi, i disagi che inevitabilmente le vittime delle violenze sono costrette ad affrontare quando denunciano l'abuso subito. Questa certezza senza dubbio sarà un elemento di forza che li aiuterà a venire più facilmente allo scoperto.

a cura di Renea Rocchino Nardari

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