Torino: Inuit e i popoli del ghiaccio, il Polo torna
alla ribalta
Saranno gli Inuit a farci vendere tante "Punto"?
Mai come in questo periodo i nostri
amministratori, imprenditori, attori sociali si aggrappano
ad ogni minuscolo appiglio per rilanciare un'economia
sulla quale pendono così tante incognite da far
precipitare la fiducia a minimi storici.
Alberto
Leoncini
A proposito di appigli, uno di quelli su cui più
si spera sono le Olimpiadi invernali di Torino, che avranno
luogo in Piemonte il prossimo febbraio.
Tutti sono concordi nel vedere in questo evento la possibilità
di una vetrina di prestigio internazionale per il nostro
Paese, o quantomeno per l'Italia del Nord-Ovest (non dimentichiamo
tuttavia anche la nomina di Torino a capitale mondiale
del libro).
Correlate a questo evento si stanno sviluppando molteplici
iniziative ed eventi, uno tra i più significativi,
a parer mio (anche se il fatto che sia il primo evento,
correlato ai Giochi Olimpici, ad essere inaugurato conferma
la mia idea) , proprio per la valenza di prestigio che
ha in sé, è la mostra "Inuit e i popoli
del ghiaccio" (www.popolidelghiaccio.it)la
cui inaugurazione è prevista per il giorno 2 dicembre
2005 al Museo Regionale di Scienze Naturali (Via Giolitti
36, Torino- Italy), dove rimarrà aperta fino al
30 Aprile 2006.
Tale evento ricopre particolare importanza anche alla
luce di un ritorno dell'Italia a porsi come interlocutore
di primo piano con quello che si chiama "mondo polare"
(possiamo dire scongiurata la chiusura della base di ricerca
antartica dell'Italia? Le notizie si susseguono contrastanti
e speriamo che alla fine continui ad operare), centro
di interessi culturali ma anche politici ed economici.
E' importante, a parer mio, rendere eventi come le future
Olimpiadi Invernali come dei macro-contenitori per farci
recuperare il terreno ed il prestigio che abbiamo perso,
o che si è offuscato, dimostrando invece di essere
in grado di organizzare attività di altro profilo
culturale, che nulla hanno ad invidiare rispetto a quelle
che ormai sono all'ordine del giorno in altri paesi europei
e non.
Questa esposizione mira proprio ad immergere il visitatore
in quella civiltà "dove ci sono più
di quaranta modi per indicare la neve e nessuno per indicare
la guerra", con il supporto anche di prestigiosi
reperti, alcuni dei quali mai esposti al pubblico.
Ciò che un evento culturale del genere può
rappresentare deve essere compreso da un ampio strato
di persone; difatti a piccoli passi si sta arrivando a
comprendere l'enorme valenza della cultura non solo come
fattore di crescita civile, ma anche come essenziale collante
per quanto riguarda l'organizzazione di una società
sempre più compatta verso interessi di sviluppo
economico e politico, appunto. Questa mostra è
un piccolo fiore che dimostra l'inizio del disgelo. Fino
a poco tempo fa inimmaginabile. Un altro fattore che credo
avvicini molto questa mostra a noi è la correlazione
di "Nunacarta", collettiva di vari artisti italiani
contemporanei realizzata su carta del Nunavut (Stato del
Federazione Canadese, nel quale gli Inuit godono di ampia
autonomia).
Credo che sia un bell'omaggio che possiamo fare per ricordare
i venti anni dalla scomparsa dello studioso ed esploratore
Silvio Zavatti, verso il quale siamo tutti debitori, per
i suoi sforzi di portare alla restia classe culturale
italiana i temi polari. Fortunatamente ci sono degli studiosi
come la curatrice di questa mostra, Gabriella Massa, che
tengono alta la bandiera sotto questo aspetto, cercando
(come per altro la gran parte degli intellettuali) di
sfruttare al meglio la difficile contingenza, realizzando
con limitate risorse, iniziative di cui andare orgogliosi.
Potrà forse essere un po' paradossale, ma credo
che se riusciremo a superare l'attuale blocco politico-economico,
sarà anche grazie ad una catena di alta cultura,
di cui mi auguro che questa mostra sia solo l'apripista.
Alberto
Leoncini