Possagno: Samantha Cipolla su Silvio Gagno
"Costruisco combinazioni di linee e di colori
su una superficie piatta, in modo di esprimere una bellezza
generale con una somma coscienza. La Natura (o ciò
che ne vedo) mi ispira, mi mette, come ogni altro pittore,
in uno stato emozionale che mi provoca un'urgenza di
fare qualcosa, ma voglio arrivare più vicino
possibile alla verità e astrarre ogni cosa da
essa, fino a che non raggiungo le fondamenta (anche
se solo le fondamente esteriori!) delle cose..."
Piet Mondrian (lettera ad Hans Peter Bremmer, 1914)
di Samantha Cipolla
Perché rivedere in Silvio Gagno influenze di Mondrian
e di artisti che sono appartenuti al movimento De Stijl?
Perché anche lui, come i precursori del secolo
scorso, ama sperimentare un linguaggio libero da ogni
vincolo contenutistico e comune a tutte le arti, che si
risolve in un equilibrio puramente visivo, capace di esercitare
un'influenza positiva e una spinta interiore molto forte.
Gagno è figlio del suo tempo, di un'era frenetica
post industriale che cerca nuovi stimoli non nell'ambiente,
non nell'imbarazzante pochezza dell'uomo di fronte ad
una natura ispiratrice e dominatrice, ma cerca piuttosto
un'espressione codificata per esprimere la pazzia del
nostro tempo. Nei codici non c'è nulla di figurativo
e non c'è nessuna tensione verso l'esteriorità
circostante, c'è solo una forza interiore molto
forte, che pulsa a ritmo di vita e di pennellate. Il codice
quindi è ispirato da una simbiosi tra spinte interiori
e condizione esterna, che si concretizza in pennellate
geometriche, rese plastiche dalla pastosità degli
oli e dall'accostamento di tinte diverse, una simbiosi
tra solitudine, energia, in una pazzia purificatrice.
Impulsi interiori senza rispettare i limiti imposti dalla
tradizione figurativa, ma nulla è lasciato al caso
perché, per quanto la tela sia dominata dall'inconscio,
c'è sempre un fondo di ragione per realizzare un
codice. A iniziare dalla consistenza e dall'intensità
delle pennellate. Tendono ad esplodere al centro e a sbiadire
man mano che s'avvicinano all'orlo della tela, i quadrati
stessi, generati dalle pennellate, sono fatti da colori
i primari, nero e soprattutto i toni di grigio, ma anche
secondari in ogni caso tutti monocromatici. L'importanza
infatti non è data dal colore, ma dalla sua stesura
e dalla densità delle pennellate.
In fondo anche se non c'è naturalismo c'è
però una unità compositiva realizzata attraverso
uno schema che l'occhio umano riesce immediatamente a
percepire, attraverso una sensibilità sintetica
piuttosto che analitica: guardando un codice di Gagno
si percepiscono sensazioni simultanee. Mai nella tela
si racchiude una forma e un contorno, ma piuttosto crea
il soggetto attraverso la pennellata che varia di forza
e di larghezza. Ciò che in astratto potrebbe sembrare
un semplice modulo colorato diventa una realtà
drammatica o effervescente. A seconda, ma che in ogni
caso vince l'inerzia e la piattezza del vuoto.
I codici diventano quindi un registro di sentimenti, il
nerbo di Gagno che si è appropriato delle tecniche
classiche e delle influenze degli anni '30 e '40 del 900,
ma le ha superate creando un suo linguaggio
un suo
codice.
di Samantha Cipolla