Possagno: I codici di Silvio Gagno
intervento critico sulla grande
mostra di Silvio Gagno, appena conclusa.
di Mario Guderzo
Possiamo affermare che per un artista lo scopo principale
della sua produzione sia lasciare un segno, utilizzando
una delle espressioni più antiche dell'uomo, in
altre parole il suo operare che è frutto del desiderio
di comunicare per interpretare o per rileggere in chiave
attuale il passato o per essere testimone del proprio
tempo.
Non è chiaro se la forma debba essere necessariamente
evitata da un artista come limite ad un'espressione piena
della propria verità interiore. Quello che è
certo è che essa è un risultato che si misura
a posteriori senza averlo voluto o pensato.
Le componenti di un'opera sono diverse e non è
detto che l'insieme dei colori, la composizione, il disegno
possano essere gli unici caratteri che contraddistinguono
l'arte. Così anche l'insistere sulla calibratura
delle misure, sulle vibrazioni superficiali, sugli equilibri
geometrici può caratterizzarne l'impaginazione,
la quale deve assolutamente presentarsi come un'esigenza
necessaria, sentita da chi ha prodotto quel dipinto, quella
scultura, quell'opera d'arte appunto. Quello che fa Silvio
Gagno è proprio presentarci una strutturazione
d'idee, che diventa necessità.
C'è qualcosa di genuino e di meditato, frutto di
continue ricerche e nuove sperimentazioni, in queste opere,
che hanno il merito, fra tanti velleitarismi ed inconsistenze,
di definire un linguaggio ben distinto nella sua voluta
semplicità.
Lo rivela lo stesso Gagno, nell'intervista pubblicata
su un mensile: il suo percorso è ben delineato
ed in evoluzione. Il suo lungo cammino artistico parte
da opere che intitola "Cieli alti", "Silenzi",
"Corridoi del Cielo", in cui lo sforzo di introspezione
appare evidente, come il suo approdare, oggi, ad una nuova
ricerca: "Codici".
Egli stesso ribadisce come queste ultime opere siano una
sintesi di anni di lavoro, un traguardo cui è approdato,
precisando di non essere l'artista della domenica, bensì
di aver vissuto di pittura senza mai essere stato aiutato
e di esserne orgoglioso, perché ciò che
riesce a dimostrare è, in effetti, frutto di una
grande sensibilità, quasi capillare, di pelle.
Di Silvio Gagno vanno sottolineate proprio l'umiltà
e la caparbietà dell'azione pittorica. Il valore
della sua arte è dimostrato dalla capacità
di far riaffiorare quelle rimembranze colte che nutrono
il suo contatto con una poetica alimentata da lezioni
autorevoli. Va precisato, inoltre, che Gagno, essendo
veneto, nella fattispecie trevigiano, si trova collocato
su una solida sedimentazione storica, culturale ed artistica
con radici profonde, anzi profondissime, una lenta maturazione
che prelude ad uno sviluppo; ciò che trapela, infatti,
nei suoi "codici" è il confronto con
il passato che, però, non lo rende indifferente
a ciò che la cultura contemporanea produce, anzi
si manifesta proprio attraverso diversi segni e indizi,
quali la scansione ritmica, la calibratura dei pesi, le
consistenze cromatiche, la purezza dell'impianto.
E' questo il linguaggio, in toni e accenti e termini diversi,
della sua arte.
Il suo è un approccio sempre più immaginoso
ed emozionato, ma anche aspramente essenziale, scavato
ed inflessibilmente analitico, dove il mondo persiste
come fantasmagoria, mera ragione del sentirsi esistere,
interrogazione dubbiosa della verità.
Si può, quindi, affermare che quel suo senso architettonico
che si identifica nel rigore compositivo, nel calibrarsi
delle pause, nell'attenzione alla partitura spaziale,
fa di Silvio Gagno un artista unico.
Tutto in lui appare come una scoperta, perché una
nuova opera d'arte, che sia veramente tale, è una
rivelazione che esige nuovo studio e nuova riflessione.
Solo nelle avventure impersonali e mutevoli, perché
non radicate nel sentimento profondo della persona creatrice,
non c'è nulla da scoprire se non il trucco che
dona l'effimera illusione della novità. Ogni opera,
al contrario, che continui a proporre un discorso poetico
necessario e coerente, è opera vera e nuova. Ogni
mostra ci deve offrire, appunto, questo: non annunci pretenziosi
di nuovi messaggi, ma scoperte di nuove vie e di nuovi
modi, e, nello stesso tempo, un accrescimento del percorso
segnato dalla sua vocazione più vera, nell'espressione
del suo mondo poetico.
C'è qualcosa di diverso, di impalpabile in questa
pittura che ha a che fare col sentimento del tempo. A
chi si sofferma di più a guardarli i dipinti di
Silvio Gagno manifestano qualcosa che ciascuno di noi
ha provato, ma non è riuscito né a raccontarlo
né a scriverlo né a rappresentarlo.
In fondo, Silvio Gagno non si tradisce mai, non ci tradisce.
Non si fermerà farà il suo percorso e ci
mostrerà un suo poema naturale, fatto di approcci
alla tradizione assimilata, ma reinterpretata. La sua
pittura continuerà ad essere il luogo della vita
della quale il quadro è un racconto indispensabile,
perché vero.
di Mario Guderzo