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Treviso: Né eliminato né prescelto


Goffredo Parise e il boogie

Di Sara Miriade

In un anno, dall'inaugurazione della sua casa-museo nel comune di Ponte di Piave il 27 marzo 2004 al reading di martedì 28 giugno 2005 presso palazzo Bomben, si può dire che Goffredo Parise cominci a ricevere quella stima e quell'ammirazione che davvero merita. Nello stesso anno Raffaele La Capria gli ha dedicato un volume dal titolo Caro Goffredo, presentato qualche mese fa sempre a Palazzo Bomben e pochi giorni fa Alain Elkann lo ha rinominato in una puntata della sua rubrica su radio24.

Senza contare che Adelphi sta ripubblicando la sua opera. Nasce a Vicenza nel 1926 e muore all'ospedale di Treviso nel 1986, dopo aver girato il mondo. Goffredo Parise si colloca tra i maggiori del '900, devoto della singolarità e della perspicacia, dall'occhio attento alla fisiologia e all'apparenza fisionomica, scrittore visionario, ma anche sceneggiatore e pittore.

Martedì nel giardino di palazzo Bomben, sullo sfondo le decorazione ad affresco di via Roggia, l'attore di teatro Sandro Lombardi ha letto al pubblico alcuni brani di Parise, quasi tutti tratti dal volume Quando la fantasia ballava il <<boogie>>, curato da Silvio Perrella; opera che ci fa conoscere un Goffredo, saggista letterario. Ha fatto da coordinatore dell'incontro Gian Mario Villalta. Fa da rima del volume la persona del nostro Giovanni Comisso a cui la critica non ha mai dato gli onori che merita. "E' lui -scrive Perella- nella postfazione l'emblema di una letteratura che ha continuato a ballare il boogie a dispetto di ogni regola e costrizione". Ma dove nasce e come è stata fatta questa associazione con questo ballo scomposto ed energizzante quale il boogie? Lo dice Parise stesso nell'ultimo brano -scritto in occasione della laurea ad honorem presso l'università di Padova nel 1986- del libro e che ha dato il titolo allo stesso libro. " Quel boogie, quel tempo, quel ritmo inventò un'epoca che coinvolse il mondo nella grande aurea della libertà. (…) Ecco il dio a cui va dato l'onore. (…) Fu il momento" -1945-1965 circa- "dell'azione e ancora una volta quel magnifico boogie divenne l'inno mondiale dell'azione dei corpi e della massima espressione di libertà pratica immaginativa e spirituale: corpo e cervello si accordavano perfettamente per esprimerlo, la vitalità ne era l'impulso quasi meccanico. (…) Mi pareva che il realismo, il naturalismo della letteratura italiana e non italiana dovessero aprirsi e scomporsi al di là delle regole tradizionali e scolastiche così come la canzonetta italiana si era aperta al boogie" . Il risultato di questa scomposizione è -ci dice Perella- "una mescola di poesia in prosa, è la prevalenza del subconscio sul consio, sullo storico e non programmaticamente, ma in modo quasi gestuale, smembrato, come il boogie, appunto". Ora - siamo negli anni Ottanta e Parise scrive- già da molto la letteratura non balla più il bolgie. "Strategia e programmi entrarono a far parte della letteratura, l'aria, il vento della libertà, la polvere delle sue macerie e il martello pneumatico furono sostituiti dall'amministrazione, da quella che Montale chiamò 'l'ora della focomelia intellettuale', dell'ossimoro permanente". Nel panorama letterario novecentesco solo Piovene, Comisso, Moravia, Montale e Gadda, insieme costituenti la last generation, "quelli che hanno avuto la possibilità di vivere il proprio tempo da letterati e umanisti integrali. Ciò che è venuto dopo è da Parise definito ibrido". Solo Sciascia, Un moralista dalla Sicilia e La Capria, Dudù escono da quella realtà spuria. Del primo ammira "il suo andare controcorrente, sapendo perfettamente, come pochi, dov'è la corrente". Ringrazia il secondo per avergli dato ciò che "cercava dagli uominie e dall'arte: i sentimenti".

Nei primi anni Ottanta, mentre la last gereration è scomparsa, tranne che nella persona di Moravia, Parise pubblica nel Corriere della Sera i Sillabari e per chi, come Perella, li leggeva beneficiava di quell'aria fresca come chi era oppresso dall'afa asfissiante della letteratura del tempo "pesante e politicizzata". Qualcuno ha classificato Parise come scrittore di destra, ma "lui non cercava l'ideologia nelle persone, ma l'essere umano" che lui voleva conoscere attraverso una rete di relazioni, attraverso il viaggio, attraverso, infine, il cambiamento. Il conoscere non ha mai cambiato il silenzio profondo, inespugnabile -dice la Ginsburg-, di Goffredo, riconducibile forse alla sua condizione di "né eliminato, né prescelto", di figlio amato ma illegittimo, di letterato sapiente ma senza "il corpus di una cultura universitaria".

Di Sara Miriade

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