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ODERZO: MIRACOLO A GAZA


Il racconto del mese del nostro scrittore di redazione

a cura di Massimo Pellegrin

Accadde che quell’anno era il 2006. Un anno come gli altri, diciamocelo. Perché niente lo poteva far assomigliare di più agli oltre duemila suoi predecessori; e pareva che tutte le scoppiettanti speranze del capodanno fossero svanite già nell’alba gelata del primo gennaio, dissolte tra vino, utopie e nebbia.

Anno nuovo, vita nuova? Si, certo, magari comincio domani che è il 2, oggi sono proprio stanco. Che mangiata ieri sera. E poi la festa, la musica, la compagnia. Che notte, ragazzi. Anno nuovo vita che? Ma dai, se sto ancora in ferie… Comincio dopo il 6, è meglio, con l’Epifania che tutte le feste porta via… E poi, tutti al lavoro. Eh già, ‘sto lavoro… che tensione, che rammarico. Che agitazione. Buoni propositi? Eh no, grazie, tengo già rogne che bastano. Ma il prossimo anno, eh, il prossimo anno è quello giusto…

Finisce poi che il tempo passa, un giorno dopo l’altro, non so se mi spiego, con tutte le sue ventiquattro ore messe in fila, ordinate e sempre uguali, sempre giù, verso quello scuro là, in fondo. Tic tac, tic tac, tic tac… Il tempo corre, chi lo ferma? Eppure è fatto di niente, lo si può modellare come si vuole, non è tenace, non è compatto, lo puoi piegare ai tuoi desideri senza sforzo. Basta saperlo usare, insomma.

Ma no, no, ci penserò quando sarà il momento. E poi adesso a dire il vero non ho molto tempo.

Ecco.

***

Alla fine erano passati tanti di quei giorni, quell’anno, che sembrava proprio che anche lui dovesse finire di lì a pochi mesi. Dietro un gran nulla, un bel niente di niente che faceva capolino dal fondo di quel primo gennaio pieno zeppo di buone intenzioni andate ormai irrimediabilmente a male.
Quel giorno era il 12 settembre 2006, il giorno dopo l’11 per intenderci, che, per i più distratti, era l’anniversario dell’attentato alle torri gemelle. Lo stesso della guerra all’Iraq, della Baia dei Porci o del D-Day. O di Hiroshima. O di Auschwitz. O dei gulag. O delle foibe. O di Piazza Tien-an-Men. Non ho una gran considerazione della storia (anche se in fin dei conti è solo una puttana), è che a volte le date perdono di importanza se gli si dà troppo peso. Meglio ricordarsele le cose, se proprio qualcosa bisogna ricordare; al limite ecco, sapere quel che è accaduto prima o dopo. Fatto sta che quel 12 settembre 2006 i telegiornali di tutto il pianeta invasero le case fornite di almeno un televisore e interruppero il quieto desinare di quella piccola fetta di mondo che poteva permettersi ogni giorno il lusso di un pranzo e una cena. Edizione speciale diceva il titolo che spumeggiava dentro il tubo catodico, le lettere guarnite da riflessi opalescenti contornati da una righina sottile sottile di oro scintillante. La scritta svolazzò ancora per qualche secondo in mezzo ad un tripudio di suoni trionfali su sfondo azzurro, poi basta. Schermo nero. Oddio, è diventata muta? E adesso? Ma poi ecco, grazie a Dio, ecco il giornalista. Meno male. Il gramo sembra seduto su un cactus da come si contorce sulla poltrona, è senza cravatta e dai capelli che tiene pare che si sia pettinato con lo stesso cactus che gli fa da sedile. Si capisce, è un modo di dire. Per dire, appunto, che il povero diavolo non aveva nemmeno fatto a tempo di abbottonarsi la lampo e riassettarsi alla meno peggio. Chiaro. Se un’edizione è speciale significa che normale non è. Compreso il giornalista. Speciale pure lui, dunque. Sentiamo che dice pensarono tutti. Alcuni lo dissero anche. Sentiamo che dice. Io che disse di preciso, a dire il vero, non me lo ricordo. Riassumo, così faccio anch’io il giornalista, che mica deve essere male quando non conti balle.
Il mezzobusto scravattato fissò la telecamera che lo inquadrava di lato, si schiarì la gola, disse scusate e dette lettura di quanto gli proponeva un invisibile foglietto che fino a quel momento era stato adagiato sulla scrivania.

Buongiorno dal TgX. Al termine della tre-giorni dello storico vertice di pace a Gerusalemme tra il premier israeliano Sharon e quello palestinese Abu Mazen, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush si è avviato verso l’aeroporto della città per il rientro in patria. Da fonti attendibili sembra che durante il tragitto sia accaduto un fatto che al momento (sguardo allarmato) non trova spiegazioni immediate (cambio di telecamera). Secondo quanto riportato dalle principali agenzie, tra l’altro né smentite né confermate finora dai vertici della Casa Bianca, il presidente Bush avrebbe richiesto al seguito di auto che lo scortava un cambiamento di percorso... Si? (una mano fuori campo gli porge un altro foglietto). Si, dicevamo che il presidente Bush ha ordinato una variante al tragitto che lo avrebbe trasportato in sicurezza fino all’aeroporto di Gerusalemme dove l’Airforce One lo stava aspettando per il decollo immediato… (telefono) Si? Si, ho capito, benissimo… Mi comunicano dalla regia che tra poco dovrebbero… si? Si, dovrebbero andare in onda delle immagini su quanto sta accadendo… Il presidente insomma avrebbe richiesto un vero e proprio dietro-front per dirigersi verso la striscia… leggo bene? (sguardo incredulo) la Striscia di Gaza? Si, allora, abbiamo conferma, il presidente degli Stati Uniti è arrivati da pochi minuti… come? Ah, circa trenta minuti fa sulla Striscia di Gaza, protetto solo dalla sua scorta. Ripetiamo, non si conoscono ancora i motivi di questo repentino cambio di programma… (altra mano fuori campo, altro foglietto). Ci comunicano in questo istante che, dopo i primissimi momenti di panico in cui si temeva un attentato o un rapimento ai danni dell’uomo più potente del mondo, è giunta voce di un contatto telefonico tra il presidente Bush e la moglie. La moglie ha rassicurato gli organi di stampa sull’incolumità del marito e sul fatto che Gorge sa quello che sta facendo. Si? Ecco, dovremmo avere in questo istante le prime immagini trasmesse dalla tv israeliana...Ecco… ecco, si, da Gaza il nostro inviat…
Tagliato. Di brutto. Quando tagliano i mezzibusti non mi piace. Fatto sta che a quel punto apparve un tizio con un bel giubbotto sportivo, una folta barba e un microfono in mano. L’inviato, appunto.
Si, qui da Gaza stiamo vivendo un avvenimento a dir poco storico, per quanto incomprensibile. George W. Bush, attuale presidente degli Stati Uniti d’America, è appena sceso dall’auto presidenziale per poggiare i piedi sulla polverosa terra della controversa Striscia di Gaza. Si è diretto verso la zona degli insediamenti palestinesi camminando completamente solo. L’avvenimento è del tutto inspiegabile. Ecco, possiamo mandare in onda le immagini in diretta…
E le immagini arrivarono. Ed entrarono nelle stesse case di prima, quelle cioè dove c’era un televisore e il lusso giornaliero di un pranzo e una cena. Il buon vecchio Bush era solo, in mezzo a quella brutta fetta di terra concimata dal sangue di chissà quanti poveracci. E camminava lentamente, guardandosi intorno senza apparenti timori. Arrivò in prossimità di alcune case abitate da palestinesi e vi si fermò ad una cinquantina di metri. Poi accadde qualcosa a cui nessuno volle credere. Nemmeno il bombardamento su Roma durante la seconda guerra, nemmeno l’assassinio di Kennedy o lo tsunami di due anni prima sbalordirono il mondo come Bush in quel momento.
Il presidente Bush si era appena inginocchiato, occhi bassi, braccia penzolanti.
Il presidente Bush si è inginocchiato in questo momento! Il Comandante in capo, l’uomo delle mille battaglie è in ginocchio davanti ad un accampamento palestinese!
La voce del cronista non ricordava nemmeno da lontano il Pizzul di España ‘82. Altro che campioni del mondo. Qua stavano succedendo cose incomprensibili. Cose che nessuno riusciva a spiegare.
Ecco, vediamo ora dalle finestre delle case sbucare alcune facce… Si, sono gli abitanti del quartiere che stanno uscendo. E si dirigono verso Il presidente Bush, che non accenna a muoversi né a rialzare il capo. Sono a pochi metri... ecco, finalmente intervengono gli uomini della scorta… ma che succede? Il presidente li allontana seccato con un gesto della mano…
Era una scenetta comicissima, eccetto per Bush ovviamente, che probabilmente stava per essere prima lapidato, poi sbudellato, squartato, insaccato e infine accoppato.
I palestinesi sono a pochi metri dal presidente… Uno gli si è avvicinato, è un vecchio con una lunga barba, allunga una mano e gli alza il mento. Ha sputato! Ha sputato in faccia a Bush! Avete visto tutti?
L’inviato era fuori di sé.
Vedete? Vedete? Un ragazzo adesso lo ha atterrato con un calcio alla schiena. Ma che fa la scorta, Dio mio? Che fa la scorta?
La scorta? Stava intervenendo quando ormai centinaia di palestinesi li avevano circondati, disarmati e pestati alla genovese.
Guardate Bush! È a terra e… Dio mio, sta piangendo! È raggomitolato su se stesso e sta invocando perdono! È incredib…
Tagliato. Di brutto. Ancora.
Ci scusiamo per l’interruzione, cercheremo di prendere la linea appena possibil…
Ancora! Ma che razza di servizio pubblico! A quel punto un sacco della gente che aveva una televisore in casa pigliò il telecomando e cambiò canale: quale manna dal cielo, il pluralismo dell’informazione! E invece niente. Tutte le edizioni speciali dalle quali il palinsesto era stato così arditamente violentato erano svanite nel nulla. Assorbenti, telefonini e spuma-gel: pubblicità idiota insomma, con in mezzo qualche faccia di culo che si faceva i cazzi altrui. Bah, mi dissi, vado a dormire. Fanculo Bush, i palestinesi, gli ebrei e la televisione.

***

Il giorno dopo, che era praticamente il 13, uscii di buon’ora per andare al lavoro. Chiusi la porta di casa, mi voltai, alzai lo sguardo oltre la strada e ci restai cretino: il mio vicino di casa mi aveva appena salutato. Ora, non che vi voglia raccontare nel dettaglio ogni bega della mia vita privata, ma l’enormità di quel gesto mi mise subito in guardia: che stava succedendo? Mi aveva pure sorriso! Percorsi qualche metro lungo il marciapiede e vidi il solito peromane che bazzicava dalle mie parti raccogliere una carta da terra e riporla in un cestino sderenato. Mi fermai e mi osservai intorno. Dov’ero? Ero io? Guardai l’ora, l’agenda, si, era il 13 ottobre 2006. Poh… Cammina cammina, arrivo davanti alla fermata dell’autobus e chi ti trovo? Il solito fottuto che cerca di passare in testa alla fila perché ho fretta; come se tutti gli altri fossero lì per prendere il fresco del monossido. Bene bene, mi dico, se ci prova gli arriva uno sganass... Eh? Ma che diavolo stava succedendo? Lo stronzo aveva appena lasciato il posto ad una ragazza, e pure racchia!
A quel punto, lo giuro, fui preso da un leggero stordimento. Mi appoggiai ad un muro, chiusi gli occhi, tirai un sospiro e li riaprii. Solo in quel momento me ne accorsi. Sembrava impossibile, eppure il traffico scorreva senza fretta, liscio e veloce come un pesce nell’acqua. Niente clacson, niente va a morì ammazzato, niente di niente. Tutti fermi al rosso, auto bloccate davanti alle strisce pedonali. Vidi una persona che sorrideva. Poi un’altra. E un’altra ancora. Accidenti, sorridevano quasi tutti. A quel punto mi sento tirare un braccio, mi volto e ti vedo la mia ex moglie che mi sorride pure lei e mi dice ti va un caffè?

Fu lei a spiegarmi quel che stava succedendo. Era per via di Bush. Non l’avevano ammazzato. L’avevano si pestato per bene, ma poi la folla se ne era stata a guardarlo per un po’ mentre si trastullava tra le lacrime, il sangue e la polvere come un verme sbudellato. L’avevano proprio smerdato di botte, poveraccio. Poi un vecchio con un gran turbante e con una lunga barba aveva sventolato il dorso della mano in segno di disprezzo e se ne era andato. E tutti gli altri lo avevano seguito. A quel punto il vecchio Bush si era rialzato tutto spaccato e zoppicando se ne era tornato alla macchina che, sgommando, l’aveva portato di corsa all’aeroporto di Gerusalemme. E via verso la Casa Bianca. Ma la faccenda non era finita tutta lì. Già sembrava un miracolo che Dabliu fosse rimasto vivo; è che dopo il suo gesto tutti i conflitti in corso sul pianeta stavano lentamente scemando, nemici si stringevano la mano, aguzzini si pentivano e si sottoponevano a processo, gente ricca scendeva in strada a distribuire denaro ai diseredati. Era dimezzato il prezzo della benzina, le pizze costavano 3 euro e Berlusconi, commentando l’accaduto, aveva dichiarato durante la notte (e poi addirittura confermato anziché smentito) tutto sommato non sono male neanche i comunisti.

***

C’è una morale in tutto questo? Bah, esistesse … Forse che il buon esempio è contagioso? Forse. O che a volte basta un po’ di umiltà per raggiungere scopi altrimenti inarrivabili? Forse. Sia quel che sia, resta comunque il fatto che dal 13 ottobre 2006 in poi la gente del pianeta Terra cominciò a scornarsi un po’ meno e a darsi una mano. Me compreso. Cominciai anch’io a salutare il vicino, mia moglie tornò con me ed oggi, dopo quasi trent’anni, ho un paio di figli dei quali non posso lamentarmi. Confesso che mai avrei immaginato di poterlo dire: grazie presidente Bush.

a cura di Massimo Pellegrin

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