"Goffredo, ma quanto bene ti vuole la tua Ponte
di Piave!"
Così pensavo -come si dice
in modo semplice e popolare- tra me e me. E quando lo
ha detto, con un più elegante eloquio, Franco Miracco,
rappresentante della Regione Veneto, al pubblico presente
nel tardo pomeriggio di lunedì 3 luglio nel giardino
tra le piante, la scultura di Brancusi e la molta gente
che occupava il suolo e lo spazio aereo affacciandosi
dalle terrazze degli edifici attigui, che davano sullo
stesso giardino dell'ultima residenza di Parise a Ponte
di Piave, ora museo tranne una parte, che è la
sede della biblioteca dello stesso paese, mi sono beata
di questo sentimento condiviso. Poche amministrazioni
comunali -ha continuato- sono riuscite a rendere grazie
a un proprio 'cittadino' o meglio a chi ha esplicitamente
scelto, senza esservi nato e cresciuto, la 'cittadinanza'
di Ponte di Piave.
A cura di Sara Miriade
E in quel non ancora troppo afoso pomeriggio di inizio
luglio c'era anche la parte più importante dell'amministrazione
comunale ad esprimere la propria particolare e sincera
riconoscenza, anche con la presenza fisica delle persone
che ne fanno parte, come il sindaco, dr. Zanchetta Roberto,
il vicesindaco, prof. De Bianchi Luciano e l'assessore
alla cultura e alle politiche scolastiche, prof. Claudio
Rorato.
La mostra (aperta per tutta l'estate fino all'8 ottobre
, tutti i giorni, compresi sabato e domenica, dalle ore
15.00 alle 19.00, il mercoledì dalle ore 16.00
alle 22.00; unico periodo di chiusura dal 7 al 20 agosto;
l'ingresso è gratuito e sarà naturalmente
possibile visitare anche la casa museo) è allestita
al piano superiore di casa Parise dove c'è anche
la biblioteca che in quel giorno dell'inaugurazione è
rimasta aperta e lo rimarrà per tutta la durata
della mostra, grazie a un allestimento della stessa, come
dire raffinato, originale e
salvaspazio. Sono state
create delle pareti con delle tende bianche, che hanno
fatto da sfondo alla collezione di foto, rigorosamente
in bianco e nero, attaccate su una base di polistirolo,
e agganciate all'asse che regge la tenda con dell'invisibile
filo da pesca. Era come sentirsi abbracciati da Goffredo,
di un abbraccio inafferrabile, ma intenso e caldo e calmo,
quasi rassegnato e sempre un po' malinconico, come me
lo immagino io quell'uomo che ho conosciuto solo attraverso
le sue opere. Quelle foto sono una riedizione di una raccolta
di Lorenzo Capellini dell'89, contenuta nel volume "Veneto
Barbaro di Muschi e Nebbie", titolo ispirato da un
articolo di Parise apparso il primo luglio 1983 sul Corriere
della Sera. Il volume è stato riedito dalla Minerva
Edizioni con il titolo Il Veneto di Goffredo Parise. Le
immagini di Lorenzo Capellini nei racconti di Goffredo
Parise in occasione del ventennale dalle morte di Parise.
Capellini ha avuto modo di rinnovarci l'amicizia che lo
legava allo scrittore vicentino, ritraendolo cogliendo
le espressioni anche talvolta più buffe, come quella
di Parise al Carnevale di Venezia, che guarda di profilo,
inerme e velatamente corrucciato, una donna dalle bionde
chiome, che accenna un sorriso a bocca stretta, ma fissa
l'obiettivo, senza reciprocare con l'interlocutore che
alla sua destra la contempla; o quella in cui incespica
sulla neve dell'amata Cortina d'Ampezzo. E sì perché
le vere foto fatte da amici non sono quelle della copertina
di un magazine, ma quelle in cui si può vedere
anche la quotidianità del personaggio, che tenta,
che rincasa sfinito, dopo una giornata passata sulla neve,
e i paesaggi che lui ama, come quella vetrina di cappelli
o di cianfrusaglie domestiche in Calle della Mandola o
quella scalinata che porta alla sua casa sul monte Pasubio.
Ogni foto disvela e rivela una parte, la meno scontata,
della personalità di Parise.
Graditissima è stata la macedonia di mirtilli e
tutte le altre leccornie che l'amministrazione di Ponte
di Piave ha offerto ai suoi ospiti nel giardino retrostante,
quello su cui si affaccia il salone della casa-museo,
che era aperta al pubblico. Pur avendola io visitata durante
l'inaugurazione, nel marzo del 2004, ho voluto rivederla,
ma ancor più ho voluto vedere ciò che non
ero mai riuscita ad ammirare: la casa rossa o casa delle
fate a Salgareda sulle grave del Piave, che Parise ha
dovuto lasciare dopo un'operazione al cuore. Ad accoglierci
c'erano i due nuovi acquirenti della casa, i signori Vidotto
e Lorenzon, che non hanno esplicitato ancora bene il motivo
per cui l'hanno acquistata, ma senz'altro per esprimere
quell'amicizia e quell'affetto che -come ha voluto richiamare
il prof. Rorato- sono due precipue parole dei Sillabari
di Parise. Così, con i dovuti distinguo del paesaggio
e del numero, come i dieci sciatori, protagonisti del
racconto sull'Amicizia degli stessi Sillabari eravamo
"tutti molto felici, in modo così bello da
attribuire la ragione di questo sentimento non soltanto
alle montagne color rosa, alla neve e al sole ma soprattutto
ai" nostri "simili che in quel momento (un momento
molto importante della loro vita)" eravamo "i
dieci puntini colorati nella neve.
A cura di Sara Miriade
a cura di Abcveneto