Treviso: Agro Pontino: pane, sudore e retorica dal Veneto
che fu
Da domenica 19 marzo a domenica 2 aprile, presso il
chiostro piccolo della Chiesa di Santa Caterina si terrà
la mostra fotografica sulla bonifica integrale e la
colonizzazione della Palude Pontina, intitolata "Una
storia dimenticata". Orario di apertura: dal martedì
alla Domenica, dalle 9:00 alle 12:30 e dalle 14:30 alle
18:00
a cura
di Alberto Leoncini
Reputo
difficile trovare una testata più adatta di questa
per scrivere di questi avvenimenti, sia perché
si parla di fatti prettamente radicati nella memoria collettiva
locale, sia perché l'occasione per parlarne è
una mostra inaugurata lo scorso 18 marzo alla sede museale
di S.Caterina, a Treviso.Furono 1976 le famiglie venete
che, tra il 1927 ed il 1941, andarono a bonificare le
malsane paludi pontine, per ricevere un podere tutto loro.
Di poderi ce n'erano a iosa, senza andare a scomodare
le zanzare di quelle parti, però questo sarebbe
significato espropriare gli agrari ed i latifondisti di
quello che consideravano inviolabile: la terra.
Solo nel 1952 la situazione sarebbe cambiata, dopo svariati
ettolitri di sangue, sparsi sul patrio suolo.
Durante l'inaugurazione di questa mostra, Latina fu definita
"città del peccato". Effettivamente Latina,
nome "politically correct" per Littoria, è
stata una creazione del fascismo ed uno dei suoi principali
baluardi propagandistici ("la città costruita
in sette mesi"). Nella stessa esposizione fotografica,
sono in bella mostra i camerati bonificatori con il loro
braccio alzato.
Se andiamo, poi, a vedere com'è l'attuale composizione
politica di Latina, vediamo che partiti più o meno
post-fascisti raggruppano lì un folto novero di
sostenitori, quindi è un po' ridicolo usare un
atteggiamento del tipo "non c'ero, e se c'ero dormivo".
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E'
stato citato, durante l'inaugurazione stessa, Sandro Pertini,
il quale nel 1985 ha pronunciato un discorso in difesa
della bonifica, classificandola come una delle cose più
positive e riuscite del fascismo.
I meriti e demeriti di quella dittatura vanno lasciati
agli storici, io credo, quello che però si può
dire è che l'aspetto sociale (non scordiamoci,
ad esempio, che furono proprio i reduci privi di assistenza
e ricompensa i primi a vedere nel fascismo uno strumento
di rivalsa sociale, come non dobbiamo dimenticare l'ascendenza
socialista dello stesso Mussolini) dello Stato rappresenti
forse quanto di più positivo il fascismo abbia
lasciato, e in Latina questo è proiettato al massimo
grado, essendo proprio una città costruita su misura
per quelle esigenze di "totalità". Era
una totalità dittatoriale, certo, ma credo che
la sfida di costituire una "città ideale"
dove gli ordinamenti democratici e l'attenzione per il
cittadino siano davvero al centro, rappresenti tutt'ora
una sfida.
A me non piace molto ricamare su questi fatti, in quanto
più che la celebrazione dell'operosità,
mi sembra prevalere un senso di speculazione su chi il
lavoro lo ha fatto davvero. Certo, questa mostra è
significativa perché riporta alla memoria avvenimenti
importanti e da tener presenti, anche perché denota
come ancora all'epoca l'Italia fosse poco unitaria. E'
citato in un pannello il fatto che alle famiglie veniva
dato, come arrivavano in Agro Pontino, un certo quantitativo
di farina per il pane, ma le massaie venete non lo sapevano
fare perché abituate alla polenta.
Il "Mato de guera", spettacolo teatrale di Gian
Domenico Mazzocato, dice che durante la Prima Guerra Mondiale
"se ga fato l'unità a forsa de sacramenti"
(si è realizzata l'unità (d'Italia) con
le bestemmie), ed effettivamente i tempi in cui i funzionari
sabaudi non riuscivano a farsi capire, non erano molto
lontani.
Un altro aspetto da mettere in evidenza, secondo me, è
il fatto che questa mostra sia stata possibile grazie
al pressante interessamento del sen. Stiffoni di Treviso,
e di altri esponenti. Quasi che, per sviluppare un progetto
culturale di respiro decente, bisogna "avere la conoscenza".
All'inaugurazione questo è stato sottolineato più
volte, però non mi sembra una cosa di cui vantarsi
troppo!
Si tratta di un evento a luci ed ombre, ma almeno è
il sintomo di un dibattito culturale che si vuol aprire
e questo è senz'altro apprezzabile.
a cura
di Alberto Leoncini