A casa dell'artista: incontro con Galeazzo Viganò
Testo di Alessandra
Pucci - Fotografie di Luccia
Danesin
Giovedì mattina di Febbraio 2006, Luccia ed io
siamo attese da Galeazzo e Sandra che ci accolgono all'ingresso
del loro appartamento all'ultimo piano di un antico palazzo
nel centro di Padova.
Cordialità per chi si ritrova con tanti ricordi
che accendono la memoria e danno il via ai volti e ai
luoghi della Venezia della nostra gioventù, quando
frequentavamo l'Accademia di Belle Arti.
Viganò non è molto diverso da quel tempo:conserva
l'espressione intensa e un po' malinconica che è
il suo lato affascinante, unito ad una certa timidezza
che si scioglie nel linguaggio chiaro e colto nel parlare
del suo lavoro.
La sala rossa, con luce soffusa da un alto lucernario
e da lampade discrete, suggerisce l'incanto di un interno
che sarebbe piaciuto a Luchino Visconti: pareti tappezzate
dalle opere di artisti sodali di Viganò; mobili
d'antica fattura, vetri blu e fughe di altre stanze rosse
estranee alla luce del giorno, dove i libri salgono al
soffitto facendo posto qua e là a imponenti letti
e antitetici computers.
Ci sentiamo attori e spettatori di uno spazio-teatro dove
l'artista esiste, parla, e si manifesta come officiante
di cerimonie obliate.
Tra uno scatto e l'altro della sua Nikon, Luccia decide
che da oggi esiste un nuovo colore: Rosso Viganò!
Gli piace l'idea, e ci beviamo su. Lo sguardo è
attratto da due tavole splendenti appoggiate ai cavalletti:
qui l'oro è portatore di luce, antagonista del
blu marino, comprimario di drappi rossi, pietre bianche
e figure ieratiche. Galeazzo ama il simbolo, e tutta le
sua pittura ne è permeata, tanto da rendere molto
complessa la sua lettura anche se in apparenza la figurazione
può trarre in inganno.
Tante sono le connessioni con la cultura classica: da
Bisanzio al Rinascimento; rivisitazioni personali di pagine
bibliche, scritture mistiche e filosofiche che costituiscono
il filo conduttore del suo pensiero. Gli innumerevoli
disegni preparatori, eseguiti su carte di pregio con inchiostri
di china, richiamano alla memoria quelli di Pisanello
o di certi Ferraresi del '400.
Questo suo modo di accedere allo studio dei grandi del
passato, lungi dal farne un epigono retrò, lo rendono
personalissimo nello stile e nei contenuti.
Entriamo nello studio-laboratorio: qui tutto è
sigillato, l'esterno con i suoi odori, luci, rumori, vi
è estraneo. La stanza-scatola appare come cofano
delle meraviglie: scaffali di legno mettono in vista decine
di contenitori di colori in vetro, ceramica o metallo;
pestelli da macina in pietra e in bronzo; vasi da farmacia
per collezioni di pennelli, spatole e altri strumenti
del mestiere, resi preziosi da manici d'avorio, legno,
o metallo scolpiti.
Qui si potrebbe girare un film su Cennino Cennini, di
cui Galeazzo sembra il naturale discendente, per la passione
verso la natura delle cose e dei loro segreti significati.
Accanto al divanetto damascato, un tavolino s'illumina
per l'oro dei bracciali che il Maestro sbalza e modella
con attrezzi da lui costruiti degni della perizia di un
antico artigiano.
Più che uno studio, questo di Viganò sembra
un laboratorio alchemico, quasi la fucina magica di un
sognatore che riesce a dare forma alla sua visione poetica
del mondo.
Rosso, oro e azzurro: sono i colori regali della pittura
aristocratica di Galeazzo Viganò: i drappi rossi
in primo piano danno l'accesso alla visione come losquillo
di una tromba d'argento che apra il sipario sulla verticalità
dello spazio illusorio, incastonato nell'oro dove isole
petrose, architetture anacronistiche, alberi e figure
possibili, creano il teatro di mistiche rappresentazioni.
Nonostante l'amore per la tradizione e l'eredità
di un passato colto, l'artista è anche uomo del
nostro tempo che sa coniugare la lentezza dell'operare
con la velocità dei mezzi di comunicazione.
Nel salottino dove ci sediamo per sfogliare il catalogo
della mostra veneziana di qualche tempo fa, osservo alle
pareti la serie di opere di artisti padovani, amici di
Galeazzo e Sandra, che costituiscono una raccolta importante
della storia dell'arte di questa città.
Tra una sigaretta e un buon prosecco brindiamo all'inverno
che sta per finire e alla primavera che vedrà Sandra
e Galeazzo riprendere la vita in barca nella laguna veneziana,
o nel mare della Grecia, o della Dalmazia, protagoniste
anche per il futuro di opere che sono la nostra storia.
Testo di Alessandra
Pucci - Fotografie di Luccia
Danesin