nu. 25 anno terzo¬ 1 aprile 2006 mensile online gratuito
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rubrica

Simona Cernicchi: quattro risposte...


Prima di presentare, ai lettori di abcveneto.com, le risposte alle quattro domande proposte nel numero scorso del mensile, rinnovo e questa volta collettivamente, un GRAZIE SPECIALE a tutte le persone che mi hanno risposto!
Voglio, inoltre, precisare che nel riportare le risposte non ho seguito alcun criterio di prevalenza e/o preferenza.

di Simona Cernicchi


Alla prima domanda: Qual è la più chiara fonte di significato della tua vita?, Amarilli Gastaldi risponde: "Cercare di trarre da essa la maggior quantità di felicità, tentando di condividere sentimenti, gioie e soddisfazioni con chi mi è vicino".
Per Margherita Giannini: "Il significato alla mia vita lo dà, soprattutto, la ricchezza emotiva che riempie il mio essere più profondo, a cui attingo forza e coraggio. Sono le emozioni e sensibilità più profonde che mi permettono di gioire e vivere bene la mia vita nel rapporto con gli altri e sono un vero termometro per misurare la qualità della mia vita. Cioè, se le uso bene o meno bene".
"Se per fonte si intende il principio della vita, la risposta (per Beatrice Mirabella) è che tendo coscientemente a trovare il mio "progetto"; a diventare nella vita quello che potenzialmente, e per "talenti" ognuno/a è: unico/a e singolare. La mia testimonianza spero abbia spazio e trovi il suo significato in un progetto umano complessivo".
Alessandro parla di "serate con gli amici" ed anche altre due persone, che hanno chiesto di mantenere l'anonimato e che per comodità nella scrittura chiamerò K. e W., fanno riferimento K. a "la famiglia e gli amici", W. a "famiglia, amici, amore" e Romano guarda a "la realizzazione di me stesso e la serenità di chi mi sta vicino".
Maria Vittoria Lorenz Sari racconta che: "Da quando sono nati i miei figli sono stati loro la mia fonte di vita e di passione! Ho lasciato il lavoro, un lavoro che amavo molto. Erano nati tutti e due in 20 mesi e molto delicati di salute! Ho dedicato a loro la mia giovinezza e tutto il mio amore con gioia e soddisfazione. Tutt'ora sono il mio punto di riferimento più importante. Nulla è stato più
bello e più importante di loro. Ho ripreso il lavoro dopo 15 anni".
Per Francesca "i sentimenti, la forza che mi danno, le emozioni. Lo stupore che ancora continuo a provare nel non dare niente per scontato", per Giuliano "l'arte in ogni sua espressione" e per Gianmatteo "vivere la vita per capire e conoscere ciò che mi circonda, per diventare ricco dentro e avere una vita degna di essere vissuta".
Anche per me i sentimenti sono fonte di significato e la possibilità di scoprire e riscoprire ogni giorno qualcosa di me stessa, attraverso l'esperienza ed il contatto umano.
Alla domanda: Quali sono i valori personali in cui credi e che ti ritrovi a "vivere" quotidianamente?, così risponde Maria Vittoria Lorenz Sari: "La giustizia, la verità, la generosità,
la responsabilità su tutto, anche sulle più piccole cose. Essere sempre in pace con me stessa, non litigare mai con nessuno e se possibile perdonare. Cercar di non aver da che fare con persone imbroglione e scorrette che ce ne sono sempre troppe".
"I miei valori (dice Francesca) che "vivo" ogni giorno…onestà con il prossimo e con me stessa, chiarezza, rispetto…poi ci sono i "modi" di vivere…allegria, accoglienza, ascolto, disponibilità, condivisione, attenzione", Gianmatteo parla di "coerenza, soprattutto con me stesso e avere un sogno, un ideale che sia da stimolo quotidiano".
Margherita Giannini scrive: "Il valore massimo che mi serve per vivere bene è l'empatia che mi permette di entrare in sintonia con i miei simili e capirli nei loro bisogni e aspirazioni" e W: "credo nei comportamenti onesti, intendendo per onestà vivere con le proprie forze senza sfruttare la presenza o le possibilità di altri, essere generosi dove e quando possibile, essere portatori di serenità e non di "gramigna"".
Romano parla di "onestà e solidarietà", Alessandro di "onestà morale e giustizia", K. di "onestà e rispetto", Giuliano di "rispetto per il prossimo".
"Il valore che io reputo fondamentale e alla base di tanti altri, che mi propongo e ripropongo, a me stessa e col mio vivere quotidiano, è essenzialmente l'onestà morale. Cercare di vivere con autenticità. Lo trovo però un impegno molto gravoso perché, per perseguirlo, occorre non fuggire, essere pronti anche a scelte scomode… e non sempre si riesce", racconta Beatrice Mirabella.
Per Amarilli Gastaldi: "L'aiuto reciproco, l'attenzione verso situazioni e persone che vivono intorno a me. Questo stimola e ci fa meglio comprendere cosa succede nella nostra vita e in ciò che accade fuori da noi, sia nel nostro quotidiano che nel mondo. La collaborazione aiuta a crescere, stimola i nostri intenti e sviluppa il personale spirito critico, permettendoci di poter essere persone libere e consapevoli di noi stessi".
Mi ritrovo a condividere molti dei valori suddetti, in particolare mi piace "vivere" l'armonia, l'autenticità, l'ascolto.
Rispetto alla terza domanda: Quali sono gli atteggiamenti che, secondo te, più facilmente sono in grado di distruggere una qualsiasi relazione?, Francesca scrive: "Io credo che la falsità e la poca chiarezza siano deleterie per qualsiasi tipo di rapporto: amore, amicizia, lavoro. Credo anche che l'eccesso porti danni…ogni relazione è da vivere con i tempi e i modi giusti…è una conquista quotidiana…fiducia, stima, affetto, confidenza, complicità…altrimenti tutto è innaturale".
Per Giuliano: "L'egoismo, il fanatismo, l'indifferenza per la sofferenza altrui, la mancanza di rispetto per il prossimo", così per Alessandro: "Egoismo e menefreghismo che spesso vanno a braccetto e che portano a considerare il prossimo un ostacolo ai propri interessi".
Per Gianmatteo: "L'invidia, l'opportunismo e la falsità", per Amarilli Gastaldi: "L'aridità, l'egoismo e l'indifferenza", per W. un qualsiasi relazione si distrugge: "quando non ha come fine il solo e puro piacere di stare insieme e invece significa servirsi degli altri (per solitudine, bisogno etc.) per sentirsi migliore, per prevaricare sull'altro, per sentirsi importante".
Margherita Giannini racconta che: "quello che distrugge una relazione è la superbia, l'arroganza, il vedere sempre e solo il proprio tornaconto, minimizzare l'apporto che può dare una persona amica e valida, tutto ciò che contempla mancanza di sensibilità".
Per Beatrice Mirabella: "Ciò che minaccia maggiormente una relazione a cui teniamo, che sia d'amore, d'amicizia o di parentela, penso sia darla per scontata. Non nutrirla con le attenzioni, le testimonianze del nostro affetto, delle nostre emozioni. Poi vi è il tacere, lasciar correre e non chiarire subito le piccole incomprensioni: a lungo andare un gesto, una parola equivocata si sedimenteranno in un piccolo rancore che faremo pagare dicendo altro".




Maria Vittoria Lorenz Sari afferma che: "Qualsiasi relazione matrimoniale si distrugge con la menzogna e con il non partecipare alle responsabilità della famiglia, sia da un punto di vista morale che materiale", K. parla di "falsità ed aggressione", Romano di "bugie, ipocrisie, mancanza di fiducia".
Per me una qualsiasi relazione si distrugge quando si danno le situazioni, gli affetti per scontati, quando si è frustranti, svalorizzanti con l'altra persona, quando non se ne capiscono i bisogni e le particolarità, quando ci si comporta in modo "violento", quando si "usano" silenzi immotivati o inutili sotterfugi e strategie.
All'ultima domanda: C'è posto, secondo te, nella società odierna per le emozioni, per un "modo di essere sensibile"?, Margherita Giannini risponde: "si c'è posto per la sensibilità, per le emozioni a patto che ci sia qualcuno, la famiglia, la scuola o altri che insegnino questo modo di rapportarsi, facciano capire quanto diventi ricca la vita se vissuta con sentimenti quali la passione, il riguardo e la premura verso il prossimo. Manca del tutto una vera educazione sentimentale, i giovani sono lasciati in balia della pubblicità, della televisione che offrono modelli sbagliati del vivere insieme".
Per Beatrice Mirabella: "Da un lato la società odierna è una società dell'immagine che mostra ed esibisce le emozioni enfatizzandole, alimentando così negli altri l'esserne "consumatori", dall'altro - e forse per difenderci dal troppo coinvolgimento - cerchiamo di renderci insensibili. Se c'è un modo per esprimere e rendere proficuo il nostro "sentire" è forse il rischiare di dirlo, di mostrarlo attraverso i fatti in tutte le nostre relazioni, così da sollecitare anche gli altri a vivere la propria parte sensibile: a farla "uscire" e a non averne paura".
Per K.: "Si, cercando le persone giuste ed evitando le altre", per Romano: "sicuramente, si", per W.: "Innegabilmente si. Sono convinta che sono le emozioni che ci tengono in vita e sono quelle che le persone cercano in tutti i modi possibili, leciti o non".
Francesca dice: "Io credo di si…ovviamente dipende dalla predisposizione dei singoli…che non necessariamente è innata…ci si deve lavoricchiare su! Essere sensibili è essere percettivi…e questo è importantissimo verso gli altri, verso la natura e verso se stessi. Con la sensibilità si riesce ad essere sottili…nel cogliere e nel dare…si arriva al cuore…all'essenza. Certo…i tempi ristretti, gli impegni quotidiani, i problemi rischiano di assorbirci…e allora bisogna ascoltarsi e ascoltare…sintonizzarsi, acchiappare e rispondere!".
"Personalmente (scrive Alessandro) credo che non ci sia niente di male nell'essere sensibili purché ciò non finisca col rendere una persona una larva passiva di fronte alle brutte cose della vita".
Giuliano racconta: "A mio avviso nella società moderna convivono realtà molto diverse tra loro. C'è eterogeneità nel sentire e nel vivere di tutti i giorni, cioè da ciascuno di noi traspare indifferenza e sensibilità in quantità diverse, per cui è facile che certe persone risultino più gentili di altre, ma ahimé quelle che vincono sono quasi sempre quelle più insensibili! Questo perchè le emozioni sono fugaci e consumate rapidamente dai ritmi frenetici del viver quotidiano. Ma una maggiore diffusione della cultura per l'arte potrebbe favorire un modo di essere più sensibile".
Per Gianmatteo: "si! Più la società è caotica, arrivista, menefreghista, cattiva come quella di oggi, più ci dovrebbe essere spazio per le emozioni, per capire quello che succede a noi e al mondo che ci circonda. Invece è il contrario, perché esprimere emozioni e sensibilità è considerato segno di debolezza".
"Il concetto "Essere sensibile" credo che oggi lo si travisi e strumentalizzi troppo (afferma Amarilli Gastaldi). Ormai diventato tema per il luogo comune da rivista pseudo-psicologica, è un modo espressivo abusato e logorato. Nessuno si autodeterminerà mai come "persona poco sensibile" quindi lascerei questa dicitura alle troppo scadenti patinate femminili. Invece se la "sensibilità" la si interpreta come capacità profonda d'osservazione dal macro al microcosmo, allora la ricerca è stimolante ed infinita. La società occidentale ci ha condizionato alla corsa, alla lotta contro il tempo in nome di un benessere prettamente fisico e concreto, svilendo, per paradosso, la capacità di percepire la radice naturale dell'emozione. Fermarsi e allontanarsi dalla frenesia moderna e dedicare una parte del nostro tempo all'osservazione nel tentativo di capire, ci porterebbe una migliore qualità di vita sia interiore che pragmatica, dilatando la nostra capacità di pensiero che arricchirebbe maggiormente ognuno di noi. Credo anche che così si aumenterebbe la capacità di trasmissione e di collegamento con gli altri".
Per Maria Vittoria Lorenz Sari: "Oggi le persone sono molto superficiali, si legano tra di loro spinte da interessi, denaro, potere, le amicizie profonde restano solo in famiglia o quelle acquisite nei banchi di scuola. Oggi conta il mostrarsi, l'arrivare ad essere in mostra. Di qualsiasi razza e colore. Penso che il mondo sia sempre stato così. Quello che è cambiato è che, oggi, sappiamo tutto subito, da tutto il mondo e ci sembra tanto complicato e cattivo. L'uomo resta sempre quello della "pietra e della fionda" come dice Quasimodo…".


Anch'io penso che in questa parte di mondo, frenetica, consumistica, dove vali se hai, se appari, se sei come gli altri, non ci sia molto posto per un modo di "vivere sensibile", interno, quasi "immobile". Allo stesso tempo, però, so che ci sono persone che non legano alla parola sensibilità concetti di vulnerabilità o di debolezza bensì di porosità e percettività, così come ci sono persone che non hanno paura di "fermarsi" quando si rendono conto che ciò che hanno dentro non "vive" all'esterno e non temono emozioni e sentimenti.

di Simona Cernicchi

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