Simona Cernicchi: quattro risposte...
Prima di presentare, ai lettori
di abcveneto.com, le risposte alle quattro domande proposte
nel numero scorso del mensile, rinnovo e questa volta
collettivamente, un GRAZIE SPECIALE a tutte le persone
che mi hanno risposto!
Voglio, inoltre, precisare che nel riportare le risposte
non ho seguito alcun criterio di prevalenza e/o preferenza.
di Simona Cernicchi
Alla prima domanda: Qual è la più chiara
fonte di significato della tua vita?, Amarilli Gastaldi
risponde: "Cercare di trarre da essa la maggior quantità
di felicità, tentando di condividere sentimenti,
gioie e soddisfazioni con chi mi è vicino".
Per Margherita Giannini: "Il significato alla mia
vita lo dà, soprattutto, la ricchezza emotiva che
riempie il mio essere più profondo, a cui attingo
forza e coraggio. Sono le emozioni e sensibilità
più profonde che mi permettono di gioire e vivere
bene la mia vita nel rapporto con gli altri e sono un
vero termometro per misurare la qualità della mia
vita. Cioè, se le uso bene o meno bene".
"Se per fonte si intende il principio della vita,
la risposta (per Beatrice Mirabella) è che tendo
coscientemente a trovare il mio "progetto";
a diventare nella vita quello che potenzialmente, e per
"talenti" ognuno/a è: unico/a e singolare.
La mia testimonianza spero abbia spazio e trovi il suo
significato in un progetto umano complessivo".
Alessandro parla di "serate con gli amici" ed
anche altre due persone, che hanno chiesto di mantenere
l'anonimato e che per comodità nella scrittura
chiamerò K. e W., fanno riferimento K. a "la
famiglia e gli amici", W. a "famiglia, amici,
amore" e Romano guarda a "la realizzazione di
me stesso e la serenità di chi mi sta vicino".
Maria Vittoria Lorenz Sari racconta che: "Da quando
sono nati i miei figli sono stati loro la mia fonte di
vita e di passione! Ho lasciato il lavoro, un lavoro che
amavo molto. Erano nati tutti e due in 20 mesi e molto
delicati di salute! Ho dedicato a loro la mia giovinezza
e tutto il mio amore con gioia e soddisfazione. Tutt'ora
sono il mio punto di riferimento più importante.
Nulla è stato più
bello e più importante di loro. Ho ripreso il lavoro
dopo 15 anni".
Per Francesca "i sentimenti, la forza che mi danno,
le emozioni. Lo stupore che ancora continuo a provare
nel non dare niente per scontato", per Giuliano "l'arte
in ogni sua espressione" e per Gianmatteo "vivere
la vita per capire e conoscere ciò che mi circonda,
per diventare ricco dentro e avere una vita degna di essere
vissuta".
Anche per me i sentimenti sono fonte di significato e
la possibilità di scoprire e riscoprire ogni giorno
qualcosa di me stessa, attraverso l'esperienza ed il contatto
umano.
Alla domanda: Quali sono i valori personali in cui
credi e che ti ritrovi a "vivere" quotidianamente?,
così risponde Maria Vittoria Lorenz Sari: "La
giustizia, la verità, la generosità,
la responsabilità su tutto, anche sulle più
piccole cose. Essere sempre in pace con me stessa, non
litigare mai con nessuno e se possibile perdonare. Cercar
di non aver da che fare con persone imbroglione e scorrette
che ce ne sono sempre troppe".
"I miei valori (dice Francesca) che "vivo"
ogni giorno
onestà con il prossimo e con me
stessa, chiarezza, rispetto
poi ci sono i "modi"
di vivere
allegria, accoglienza, ascolto, disponibilità,
condivisione, attenzione", Gianmatteo parla di "coerenza,
soprattutto con me stesso e avere un sogno, un ideale
che sia da stimolo quotidiano".
Margherita Giannini scrive: "Il valore massimo che
mi serve per vivere bene è l'empatia che mi permette
di entrare in sintonia con i miei simili e capirli nei
loro bisogni e aspirazioni" e W: "credo nei
comportamenti onesti, intendendo per onestà vivere
con le proprie forze senza sfruttare la presenza o le
possibilità di altri, essere generosi dove e quando
possibile, essere portatori di serenità e non di
"gramigna"".
Romano parla di "onestà e solidarietà",
Alessandro di "onestà morale e giustizia",
K. di "onestà e rispetto", Giuliano di
"rispetto per il prossimo".
"Il valore che io reputo fondamentale e alla base
di tanti altri, che mi propongo e ripropongo, a me stessa
e col mio vivere quotidiano, è essenzialmente l'onestà
morale. Cercare di vivere con autenticità. Lo trovo
però un impegno molto gravoso perché, per
perseguirlo, occorre non fuggire, essere pronti anche
a scelte scomode
e non sempre si riesce", racconta
Beatrice Mirabella.
Per Amarilli Gastaldi: "L'aiuto reciproco, l'attenzione
verso situazioni e persone che vivono intorno a me. Questo
stimola e ci fa meglio comprendere cosa succede nella
nostra vita e in ciò che accade fuori da noi, sia
nel nostro quotidiano che nel mondo. La collaborazione
aiuta a crescere, stimola i nostri intenti e sviluppa
il personale spirito critico, permettendoci di poter essere
persone libere e consapevoli di noi stessi".
Mi ritrovo a condividere molti dei valori suddetti, in
particolare mi piace "vivere" l'armonia, l'autenticità,
l'ascolto.
Rispetto alla terza domanda: Quali sono gli
atteggiamenti che, secondo te, più facilmente sono
in grado di distruggere una qualsiasi relazione?, Francesca
scrive: "Io credo che la falsità e la poca
chiarezza siano deleterie per qualsiasi tipo di rapporto:
amore, amicizia, lavoro. Credo anche che l'eccesso porti
danni
ogni relazione è da vivere con i tempi
e i modi giusti
è una conquista quotidiana
fiducia,
stima, affetto, confidenza, complicità
altrimenti
tutto è innaturale".
Per Giuliano: "L'egoismo, il fanatismo, l'indifferenza
per la sofferenza altrui, la mancanza di rispetto per
il prossimo", così per Alessandro: "Egoismo
e menefreghismo che spesso vanno a braccetto e che portano
a considerare il prossimo un ostacolo ai propri interessi".
Per Gianmatteo: "L'invidia, l'opportunismo e la falsità",
per Amarilli Gastaldi: "L'aridità, l'egoismo
e l'indifferenza", per W. un qualsiasi relazione
si distrugge: "quando non ha come fine il solo e
puro piacere di stare insieme e invece significa servirsi
degli altri (per solitudine, bisogno etc.) per sentirsi
migliore, per prevaricare sull'altro, per sentirsi importante".
Margherita Giannini racconta che: "quello che distrugge
una relazione è la superbia, l'arroganza, il vedere
sempre e solo il proprio tornaconto, minimizzare l'apporto
che può dare una persona amica e valida, tutto
ciò che contempla mancanza di sensibilità".
Per Beatrice Mirabella: "Ciò che minaccia
maggiormente una relazione a cui teniamo, che sia d'amore,
d'amicizia o di parentela, penso sia darla per scontata.
Non nutrirla con le attenzioni, le testimonianze del nostro
affetto, delle nostre emozioni. Poi vi è il tacere,
lasciar correre e non chiarire subito le piccole incomprensioni:
a lungo andare un gesto, una parola equivocata si sedimenteranno
in un piccolo rancore che faremo pagare dicendo altro".
Maria Vittoria Lorenz Sari afferma che: "Qualsiasi
relazione matrimoniale si distrugge con la menzogna e
con il non partecipare alle responsabilità della
famiglia, sia da un punto di vista morale che materiale",
K. parla di "falsità ed aggressione",
Romano di "bugie, ipocrisie, mancanza di fiducia".
Per me una qualsiasi relazione si distrugge quando si
danno le situazioni, gli affetti per scontati, quando
si è frustranti, svalorizzanti con l'altra persona,
quando non se ne capiscono i bisogni e le particolarità,
quando ci si comporta in modo "violento", quando
si "usano" silenzi immotivati o inutili sotterfugi
e strategie.
All'ultima domanda: C'è posto, secondo te, nella
società odierna per le emozioni, per un "modo
di essere sensibile"?, Margherita Giannini risponde:
"si c'è posto per la sensibilità, per
le emozioni a patto che ci sia qualcuno, la famiglia,
la scuola o altri che insegnino questo modo di rapportarsi,
facciano capire quanto diventi ricca la vita se vissuta
con sentimenti quali la passione, il riguardo e la premura
verso il prossimo. Manca del tutto una vera educazione
sentimentale, i giovani sono lasciati in balia della pubblicità,
della televisione che offrono modelli sbagliati del vivere
insieme".
Per Beatrice Mirabella: "Da un lato la società
odierna è una società dell'immagine che
mostra ed esibisce le emozioni enfatizzandole, alimentando
così negli altri l'esserne "consumatori",
dall'altro - e forse per difenderci dal troppo coinvolgimento
- cerchiamo di renderci insensibili. Se c'è un
modo per esprimere e rendere proficuo il nostro "sentire"
è forse il rischiare di dirlo, di mostrarlo attraverso
i fatti in tutte le nostre relazioni, così da sollecitare
anche gli altri a vivere la propria parte sensibile: a
farla "uscire" e a non averne paura".
Per K.: "Si, cercando le persone giuste ed evitando
le altre", per Romano: "sicuramente, si",
per W.: "Innegabilmente si. Sono convinta che sono
le emozioni che ci tengono in vita e sono quelle che le
persone cercano in tutti i modi possibili, leciti o non".
Francesca dice: "Io credo di si
ovviamente dipende
dalla predisposizione dei singoli
che non necessariamente
è innata
ci si deve lavoricchiare su! Essere
sensibili è essere percettivi
e questo è
importantissimo verso gli altri, verso la natura e verso
se stessi. Con la sensibilità si riesce ad essere
sottili
nel cogliere e nel dare
si arriva al
cuore
all'essenza. Certo
i tempi ristretti,
gli impegni quotidiani, i problemi rischiano di assorbirci
e
allora bisogna ascoltarsi e ascoltare
sintonizzarsi,
acchiappare e rispondere!".
"Personalmente (scrive Alessandro) credo che non
ci sia niente di male nell'essere sensibili purché
ciò non finisca col rendere una persona una larva
passiva di fronte alle brutte cose della vita".
Giuliano racconta: "A mio avviso nella società
moderna convivono realtà molto diverse tra loro.
C'è eterogeneità nel sentire e nel vivere
di tutti i giorni, cioè da ciascuno di noi traspare
indifferenza e sensibilità in quantità diverse,
per cui è facile che certe persone risultino più
gentili di altre, ma ahimé quelle che vincono sono
quasi sempre quelle più insensibili! Questo perchè
le emozioni sono fugaci e consumate rapidamente dai ritmi
frenetici del viver quotidiano. Ma una maggiore diffusione
della cultura per l'arte potrebbe favorire un modo di
essere più sensibile".
Per Gianmatteo: "si! Più la società
è caotica, arrivista, menefreghista, cattiva come
quella di oggi, più ci dovrebbe essere spazio per
le emozioni, per capire quello che succede a noi e al
mondo che ci circonda. Invece è il contrario, perché
esprimere emozioni e sensibilità è considerato
segno di debolezza".
"Il concetto "Essere sensibile" credo che
oggi lo si travisi e strumentalizzi troppo (afferma Amarilli
Gastaldi). Ormai diventato tema per il luogo comune da
rivista pseudo-psicologica, è un modo espressivo
abusato e logorato. Nessuno si autodeterminerà
mai come "persona poco sensibile" quindi lascerei
questa dicitura alle troppo scadenti patinate femminili.
Invece se la "sensibilità" la si interpreta
come capacità profonda d'osservazione dal macro
al microcosmo, allora la ricerca è stimolante ed
infinita. La società occidentale ci ha condizionato
alla corsa, alla lotta contro il tempo in nome di un benessere
prettamente fisico e concreto, svilendo, per paradosso,
la capacità di percepire la radice naturale dell'emozione.
Fermarsi e allontanarsi dalla frenesia moderna e dedicare
una parte del nostro tempo all'osservazione nel tentativo
di capire, ci porterebbe una migliore qualità di
vita sia interiore che pragmatica, dilatando la nostra
capacità di pensiero che arricchirebbe maggiormente
ognuno di noi. Credo anche che così si aumenterebbe
la capacità di trasmissione e di collegamento con
gli altri".
Per Maria Vittoria Lorenz Sari: "Oggi le persone
sono molto superficiali, si legano tra di loro spinte
da interessi, denaro, potere, le amicizie profonde restano
solo in famiglia o quelle acquisite nei banchi di scuola.
Oggi conta il mostrarsi, l'arrivare ad essere in mostra.
Di qualsiasi razza e colore. Penso che il mondo sia sempre
stato così. Quello che è cambiato è
che, oggi, sappiamo tutto subito, da tutto il mondo e
ci sembra tanto complicato e cattivo. L'uomo resta sempre
quello della "pietra e della fionda" come dice
Quasimodo
".
Anch'io penso che in questa parte di mondo, frenetica,
consumistica, dove vali se hai, se appari, se sei come
gli altri, non ci sia molto posto per un modo di "vivere
sensibile", interno, quasi "immobile".
Allo stesso tempo, però, so che ci sono persone
che non legano alla parola sensibilità concetti
di vulnerabilità o di debolezza bensì di
porosità e percettività, così come
ci sono persone che non hanno paura di "fermarsi"
quando si rendono conto che ciò che hanno dentro
non "vive" all'esterno e non temono emozioni
e sentimenti.
di Simona Cernicchi