Treviso: Due libri su Pasolini
Nico Naldini ha presentato al
Bomben Come non ci si difende dai ricordi (Cargo
edizioni, 2005 Napoli) e noi di Abcveneto aggiungiamo
Improvviso il Novecento Pasolini Professore, (edito
da Minimum Fax nel 1999), sempre per ricordare Pasolini
e al di là del semplice anniversario appena trascorso.
a cura di Sara Miriade
In
Come non ci si difende dai ricordi (Cargo
Edizioni, 2005 Napoli) scritto da Nico Naldini sul
cugino Pierpaolo Pasolini e presentato nella bella sala,
arredata come una biblioteca, del Palazzo Bomben in un
fredda e umida serata nebbiosa di fine novembre (nel 2005)
colpisce la pagina 92, dove Nico Naldini mette un punto
fermo sulla tragica fine dell'importante letterato, avvenuta
ad Ostia il 2 novembre 1975:
"Ho sempre creduto alla deposizione di Pelosi. Anche
nei particolari. Ciò mi è costato l'ostracismo
di coloro che -chissà perché- affermarono
subito, il giorno dopo, che si era trattato di un delitto
politico, di un agguato e di una esecuzione. Un'attrice
diede la stura alle fandonie e tanti letterati le diedero
retta per la semplice ragione che avevano sforzato poco
l'immaginazione su quello che era accaduto all'idroscalo
di Ostia. Si erano consegnati al miracolismo del complotto.
Tutto diventa possibile per 'i mancanti di psicologia',
come li chiama il pittore Giorgio de Chirico, in barba
alla logica dei fatti, delle persone, degli ambienti e
inventarono una figura di intellettuale scomodo e perseguitato
perché Pasolini non desse imbarazzo come omosessuale.
E che tipo di omosessuale!"
Il libro racconta con infinita ma spregiudicata dolcezza,
la storia di Pasolini, intrecciata senza essere preponderante,
con quella del cugino Nico e di altri letterati, da Penna
al grande Comisso con cui i due cugini passano un pittoresco
capodanno a Chioggia, nel 1951 e altri episodi di vita
vissuta. Si nota di Nico Naldini la capacità affabulatoria:
a posteriori, dopo la presentazione, scorrendo questo
agile volumetto sembra di risentire la voce pacata e ben
scandita dell'autore che ci rivela una interessante ma
leggibilissima vicenda di vita 'diversa', la cui diversità
diventa una chiave di lettura particolare e celata dalla
storia ufficiale, ma non per questo meno importante, di
anni che vengono sempre più ricordati e vantati
da programmi televisivi e da libri 'normali' con un'aura
quasi mitologica. E data la scarsità di valori
del nostro oggi, il secolo 'breve', non è da sottovalutare,
ma da giudicare appunto attraverso ottiche 'diverse' per
riuscire a ottenere un certo distacco chiarificatore,
del resto anche questo possibile fino a un certo punto,
perchè come dice il supervincitore del premio Campiello
2005, Antonio Scurati nel suo libro Il sopravvissuto,
ogni memoria è falsa ( lo dice lo psicologo da
cui il sopravvissuto va in cura).
Concludiamo con quello che ha detto Hector Bianciotti
giornalista di Le Monde: "La virtù
capitale di Naldini è stata proprio quella di far
uscire Pasolini dall'iconografia truculenta del fatto
di cronaca [...] Poiché è tempo che l'ombra
della morte si allontani, affinché l'opera rinasca
e possa vivere di vita propria. Come non ci si difende
dai ricordi è una delle cose più belle
che ho letto negli ultimi anni."
Curioso,
particolare e dimenticato è invece il libro di
Giordano Meacci Improvviso il Novecento Pasolini
Professore (edito da Minimum Fax, Roma, 1999). Troviamo
qui pubblicati i ricordi degli allievi di Pier Paolo Pasolini,
quando era professore delle scuole medie di Ciampino.
Parliamo della Francesco Petrarca, scuola media privata
e parificata, gestita dal professor Balotta e da sua moglie
Anna. Lo stipendio di Pasolini era di venticinque mila
lire al mese. Siamo nella primavera 1952. Questi ragazzi
sapevano già che avevano un professore molto speciale,
uno scrittore, un critico, per averlo sentito parlare
spesso alla radio, ove leggeva poesie e racconti.
Il primo 'scolaro' che incontriamo in questo libro é
Vincenzo Cerami oggi celebre sceneggiatore e scrittore.
Così Cerami ricorda Pasolini:
"Mio padre maresciallo dell' aereonautica lavorava
al Ministero. In casa non c'erano libri. C'era solo 'L'Aquilone',
che era una raccolta di libri dell'aereonautica di mio
padre. É con Pier Paolo che ho scoperto che esistevano
i libri, i romanzi, le poesie. Romanzi che lui ci leggeva
a scuola, l'ultima mezz'ora di lezione. Non solo poesie,
da Dante a Bertolucci, Penna e Caproni, ma romanzi interi.[...]
Lui ci presentava la poesia come evento linguistico. Come
qualcosa che ci apparteneva. La poesia -diceva- non è
una cosa da studiare per far i compiti. Noi stessi dovevamo
trovare la nostra problematica; almeno indovinare, inventarne
una nostra, sulla base di quella logica che è la
logica poetica.
Con i poeti contemporanei la questione era più
semplice, probabilmente, perché con loro la lingua
è, in pratica la tua lingua. Questo non toglie
che non ci facesse studiare Dante. Sapevamo interi canti
a memoria! Grazie a Pier Paolo ho capito di avere una
vocazione narrativa. L'ho scoperta durante le scuole medie,
attraverso il suo insegnamento. Ero timidissimo e ho scoperto
attraverso i temi, di parlare con lui. Mentre frequentavo
il Liceo Scientifico Plinio Seniore, cominciai a scrivere
le prime poesie che portavo a Pasolini qunado tornavo
a Ciampino. Le lasciavo in lettura al professore e poi
lui me le restituiva corrette. Pasolini leggeva le poesie
scrupolosamente, ogni volta annotando con cura osservazioni
e consigli. Ogni segno significava che era buono, due
segni molto buono. Se c'era uno sgorbio discendente di
lato significava che non gli erano piaciuti."
Durante gli anni del liceo Vincenzo Cerami continua a
frequentare Franco Avaltroni, Maurizio Arcari e Luigi
Ciappi. Tutti compagni delle medie che condividono con
lui la passione per l'arte e la letteratura e il ricordo
del professor Pasolini. Vincenzo Cerami continua:
"[...] la cosa che lo impressionava di più
era quando scrivevo come tutti i romani, 'strazzio' con
due zeta! Mi segnava solo quell'errore in rosso perché
non voleva frustrare la parte della lingua dialettale,
la lingua viva che era in noi! Usava la matita blu solo
se scrivevano delle banalità dette per inerzia
o peggio per captatio benevolentiae. Io non vedevo
l'ora che ci desse da fare i temi e quelli liberi! Mi
piaceva inventare storie che lo facessero ridere [...]
proprio lì ho scoperto la mia vocazione di scrivere.
Per uno scrittore significa inventare qualcosa che non
è mai accaduto o che è accaduto in parte.
La menzogna è la materia principale con la quale
lavorano gli artisti".
All'università Vincenzo frequenta la facoltà
di fisica e capisce di voler lavorare a teatro
e decide di presentarsi con un amico ciampinese Giancarlo
Cappellari, a un colloquio al teatro Ateneo. Vengono presi
tutti e due come aiuto registi.
Ugo Ferranti racconta come Pasolini insegnava: "Il
suo metodo era quello dell'insegnamento totale. Non c'erano
blocchi definiti delle materie. Quando si studiava l'Iliade
si faceva anche geografia, il discorso si ampliava. Dov'è
Troia? Allora lui ci indicava la zona dei ritrovamenti
sulla cartina. Eravamo entusiasti. [...] Ci fece subito
capire e amare il suo metodo di insegnamento.[...] Andavamo
a prenderlo sempre alla stazione tutte le mattine [...]
Cominciavamo a parlare con lui di quello che avevamo letto
e di quello che avevamo fatto, così iniziava la
nostra lezione [...] A volte metteva le note nel diario,
io me ne ricordo una: 'Signor Ferrante suo figlio non
studia i verbi latini.
Merita una punizione. Suo devotissimo Pier Paolo Pasolini'.
Non era nella sua natura essere autoritario, non ne aveva
bisogno.[...]
Parlavamo di tutto con il professore di letteratura, di
poesia, di cinema. Lui aveva questo straordinario metodo,
ricordo che imparavamo le cose più disparate con
estrema facilità. Intellettualmente, noi siano
nati grazie a lui. [...] Ci ha fatto nascere, ci ha fatto
capire. Nei temi voleva che raccontassimo la realtà
che avevamo intorno. Scrivere la realtà. Gli piacevamo
molto i temi, li correggeva di fronte a noi. Una volta
ce ne diede uno 'Una notizia sentita alla radio che vi
ha particolarmente colpito.' Eravamo in piena guerra di
Corea. C'erano guerre dappertutto. Ricordo che passai
parecchio tempo senza scrivere, poi mi misi a piangere
dalla rabbia. Lui mi chiamò e mi chiese cosa avessi.
Io non potevo scrivere perché non avevo la radio.
La radio era rotta e in casa a nessuno importava che fosse
rotta. Ero di una famiglia ricca di contadini e avevo
un complesso di inferiorità per non essere un cittadino.
Pasolini mi disse: 'Scrivi che non hai la radio perche
è rotta'. Il mio tema fu letto in classe e preso
ad esempio."
Un
altro dei suoi allievi Girolamo Zomparelli, ora in pensione,
ricorda ancora con passione gli insegnamenti di Pier Paolo
e dice: "Quando ci fece studiare la Divina Commedia,
'fatti non foste a viver come bruti/ ma seguire virtude
e canoscenza, [...] (cita a memoria). Le sue parole mi
son rimaste incise nel cuore: Bisogna studiare, approfondire,
diceva. Ora infatti che sono in pensione, invece di andare
a giocare a carte preferisco andare a sentire conferenze
...all'Università di san Tommaso d'Acquino a Largo
Angelicum." Aggiunge poi che Pasolini diceva: Solo
su questo passo si potrebbe scrivere un poema [...] Ci
faceva fare delle gare e al vincitore regalava sempre
un libro! Io ne ho uno che conservo gelosamente, un piccolo
tascabile del 1952: Le isole incantate di
Melville, con la dedica scritta di suo pugno:
'A Girolamo Zompelli affettuosamente questo piccolo
premio. Pier Paolo Pasolini'. Quando ci faceva comporre,
soprattutto nella prima media, le frasi latine a premio,
metteva sulla cattedra tre mucchietti di caramelle Golia
che rappresentavano il premio. I suoi metodi di insegnamento
erano particolarmente innovativi, non c'è mai stato
perplessità da parte dei genitori degli alunni.
Pasolini godeva della massima fiducia, lui non si imponeva
[...] era molto discreto, la qualità esisteva.
Si è dedicato all'insegnamento con una passione
eccezionale. Otteneva ottimi risultati con i ragazzi.
Non li assillava con il voto, considerava quello che sapevano,
non quello che non sapevano. Andava alla ricerca di quello
che potevano esprimere, gli alunni erano liberi. Si sentivano
valorizzati"[...]
Il libro continua e racconta felici e interessanti ricordi
del geniale professor Pier Paolo Pasolini, ma non possiamo
raccontarveli tutti noi, andate in libreria e cercatelo,
perchè merita e rappresenta un punto di vista particolare
su un uomo molto discusso e poco conosciuto, come tutti
i grandi uomini.
a cura di Sara Miriade