nu. 23 anno terzo¬ 1 febbraio 2006 mensile online gratuito
Abcveneto, mensile online su treviso, il Veneto e cosa fanno i Veneti dentro e fuori d'Italia
rubrica

Treviso: Due libri su Pasolini


Nico Naldini ha presentato al Bomben Come non ci si difende dai ricordi (Cargo edizioni, 2005 Napoli) e noi di Abcveneto aggiungiamo Improvviso il Novecento Pasolini Professore, (edito da Minimum Fax nel 1999), sempre per ricordare Pasolini e al di là del semplice anniversario appena trascorso.

a cura di Sara Miriade

In Come non ci si difende dai ricordi (Cargo Edizioni, 2005 Napoli) scritto da Nico Naldini sul cugino Pierpaolo Pasolini e presentato nella bella sala, arredata come una biblioteca, del Palazzo Bomben in un fredda e umida serata nebbiosa di fine novembre (nel 2005) colpisce la pagina 92, dove Nico Naldini mette un punto fermo sulla tragica fine dell'importante letterato, avvenuta ad Ostia il 2 novembre 1975:
"Ho sempre creduto alla deposizione di Pelosi. Anche nei particolari. Ciò mi è costato l'ostracismo di coloro che -chissà perché- affermarono subito, il giorno dopo, che si era trattato di un delitto politico, di un agguato e di una esecuzione. Un'attrice diede la stura alle fandonie e tanti letterati le diedero retta per la semplice ragione che avevano sforzato poco l'immaginazione su quello che era accaduto all'idroscalo di Ostia. Si erano consegnati al miracolismo del complotto. Tutto diventa possibile per 'i mancanti di psicologia', come li chiama il pittore Giorgio de Chirico, in barba alla logica dei fatti, delle persone, degli ambienti e inventarono una figura di intellettuale scomodo e perseguitato perché Pasolini non desse imbarazzo come omosessuale. E che tipo di omosessuale!"

Il libro racconta con infinita ma spregiudicata dolcezza, la storia di Pasolini, intrecciata senza essere preponderante, con quella del cugino Nico e di altri letterati, da Penna al grande Comisso con cui i due cugini passano un pittoresco capodanno a Chioggia, nel 1951 e altri episodi di vita vissuta. Si nota di Nico Naldini la capacità affabulatoria: a posteriori, dopo la presentazione, scorrendo questo agile volumetto sembra di risentire la voce pacata e ben scandita dell'autore che ci rivela una interessante ma leggibilissima vicenda di vita 'diversa', la cui diversità diventa una chiave di lettura particolare e celata dalla storia ufficiale, ma non per questo meno importante, di anni che vengono sempre più ricordati e vantati da programmi televisivi e da libri 'normali' con un'aura quasi mitologica. E data la scarsità di valori del nostro oggi, il secolo 'breve', non è da sottovalutare, ma da giudicare appunto attraverso ottiche 'diverse' per riuscire a ottenere un certo distacco chiarificatore, del resto anche questo possibile fino a un certo punto, perchè come dice il supervincitore del premio Campiello 2005, Antonio Scurati nel suo libro Il sopravvissuto, ogni memoria è falsa ( lo dice lo psicologo da cui il sopravvissuto va in cura).
Concludiamo con quello che ha detto Hector Bianciotti giornalista di Le Monde: "La virtù capitale di Naldini è stata proprio quella di far uscire Pasolini dall'iconografia truculenta del fatto di cronaca [...] Poiché è tempo che l'ombra della morte si allontani, affinché l'opera rinasca e possa vivere di vita propria. Come non ci si difende dai ricordi è una delle cose più belle che ho letto negli ultimi anni."

Curioso, particolare e dimenticato è invece il libro di Giordano Meacci Improvviso il Novecento Pasolini Professore (edito da Minimum Fax, Roma, 1999). Troviamo qui pubblicati i ricordi degli allievi di Pier Paolo Pasolini, quando era professore delle scuole medie di Ciampino. Parliamo della Francesco Petrarca, scuola media privata e parificata, gestita dal professor Balotta e da sua moglie Anna. Lo stipendio di Pasolini era di venticinque mila lire al mese. Siamo nella primavera 1952. Questi ragazzi sapevano già che avevano un professore molto speciale, uno scrittore, un critico, per averlo sentito parlare spesso alla radio, ove leggeva poesie e racconti.

Il primo 'scolaro' che incontriamo in questo libro é Vincenzo Cerami oggi celebre sceneggiatore e scrittore. Così Cerami ricorda Pasolini:
"Mio padre maresciallo dell' aereonautica lavorava al Ministero. In casa non c'erano libri. C'era solo 'L'Aquilone', che era una raccolta di libri dell'aereonautica di mio padre. É con Pier Paolo che ho scoperto che esistevano i libri, i romanzi, le poesie. Romanzi che lui ci leggeva a scuola, l'ultima mezz'ora di lezione. Non solo poesie, da Dante a Bertolucci, Penna e Caproni, ma romanzi interi.[...] Lui ci presentava la poesia come evento linguistico. Come qualcosa che ci apparteneva. La poesia -diceva- non è una cosa da studiare per far i compiti. Noi stessi dovevamo trovare la nostra problematica; almeno indovinare, inventarne una nostra, sulla base di quella logica che è la logica poetica.
Con i poeti contemporanei la questione era più semplice, probabilmente, perché con loro la lingua è, in pratica la tua lingua. Questo non toglie che non ci facesse studiare Dante. Sapevamo interi canti a memoria! Grazie a Pier Paolo ho capito di avere una vocazione narrativa. L'ho scoperta durante le scuole medie, attraverso il suo insegnamento. Ero timidissimo e ho scoperto attraverso i temi, di parlare con lui. Mentre frequentavo il Liceo Scientifico Plinio Seniore, cominciai a scrivere le prime poesie che portavo a Pasolini qunado tornavo a Ciampino. Le lasciavo in lettura al professore e poi lui me le restituiva corrette. Pasolini leggeva le poesie scrupolosamente, ogni volta annotando con cura osservazioni e consigli. Ogni segno significava che era buono, due segni molto buono. Se c'era uno sgorbio discendente di lato significava che non gli erano piaciuti."

Durante gli anni del liceo Vincenzo Cerami continua a frequentare Franco Avaltroni, Maurizio Arcari e Luigi Ciappi. Tutti compagni delle medie che condividono con lui la passione per l'arte e la letteratura e il ricordo del professor Pasolini. Vincenzo Cerami continua:
"[...] la cosa che lo impressionava di più era quando scrivevo come tutti i romani, 'strazzio' con due zeta! Mi segnava solo quell'errore in rosso perché non voleva frustrare la parte della lingua dialettale, la lingua viva che era in noi! Usava la matita blu solo se scrivevano delle banalità dette per inerzia o peggio per captatio benevolentiae. Io non vedevo l'ora che ci desse da fare i temi e quelli liberi! Mi piaceva inventare storie che lo facessero ridere [...] proprio lì ho scoperto la mia vocazione di scrivere. Per uno scrittore significa inventare qualcosa che non è mai accaduto o che è accaduto in parte. La menzogna è la materia principale con la quale lavorano gli artisti".

All'università Vincenzo frequenta la facoltà di fisica e capisce di voler “lavorare a teatro” e decide di presentarsi con un amico ciampinese Giancarlo Cappellari, a un colloquio al teatro Ateneo. Vengono presi tutti e due come aiuto registi.

Ugo Ferranti racconta come Pasolini insegnava: "Il suo metodo era quello dell'insegnamento totale. Non c'erano blocchi definiti delle materie. Quando si studiava l'Iliade si faceva anche geografia, il discorso si ampliava. Dov'è Troia? Allora lui ci indicava la zona dei ritrovamenti sulla cartina. Eravamo entusiasti. [...] Ci fece subito capire e amare il suo metodo di insegnamento.[...] Andavamo a prenderlo sempre alla stazione tutte le mattine [...] Cominciavamo a parlare con lui di quello che avevamo letto e di quello che avevamo fatto, così iniziava la nostra lezione [...] A volte metteva le note nel diario, io me ne ricordo una: 'Signor Ferrante suo figlio non studia i verbi latini.
Merita una punizione. Suo devotissimo Pier Paolo Pasolini'. Non era nella sua natura essere autoritario, non ne aveva bisogno.[...]
Parlavamo di tutto con il professore di letteratura, di poesia, di cinema. Lui aveva questo straordinario metodo, ricordo che imparavamo le cose più disparate con estrema facilità. Intellettualmente, noi siano nati grazie a lui. [...] Ci ha fatto nascere, ci ha fatto capire. Nei temi voleva che raccontassimo la realtà che avevamo intorno. Scrivere la realtà. Gli piacevamo molto i temi, li correggeva di fronte a noi. Una volta ce ne diede uno 'Una notizia sentita alla radio che vi ha particolarmente colpito.' Eravamo in piena guerra di Corea. C'erano guerre dappertutto. Ricordo che passai parecchio tempo senza scrivere, poi mi misi a piangere dalla rabbia. Lui mi chiamò e mi chiese cosa avessi. Io non potevo scrivere perché non avevo la radio. La radio era rotta e in casa a nessuno importava che fosse rotta. Ero di una famiglia ricca di contadini e avevo un complesso di inferiorità per non essere un cittadino. Pasolini mi disse: 'Scrivi che non hai la radio perche è rotta'. Il mio tema fu letto in classe e preso ad esempio."

Un altro dei suoi allievi Girolamo Zomparelli, ora in pensione, ricorda ancora con passione gli insegnamenti di Pier Paolo e dice: "Quando ci fece studiare la Divina Commedia, 'fatti non foste a viver come bruti/ ma seguire virtude e canoscenza, [...] (cita a memoria). Le sue parole mi son rimaste incise nel cuore: Bisogna studiare, approfondire, diceva. Ora infatti che sono in pensione, invece di andare a giocare a carte preferisco andare a sentire conferenze ...all'Università di san Tommaso d'Acquino a Largo Angelicum." Aggiunge poi che Pasolini diceva: “Solo su questo passo si potrebbe scrivere un poema [...] Ci faceva fare delle gare e al vincitore regalava sempre un libro! Io ne ho uno che conservo gelosamente, un piccolo tascabile del 1952: Le isole incantate di Melville, con la dedica scritta di suo pugno: 'A Girolamo Zompelli affettuosamente questo piccolo premio. Pier Paolo Pasolini'. Quando ci faceva comporre, soprattutto nella prima media, le frasi latine a premio, metteva sulla cattedra tre mucchietti di caramelle Golia che rappresentavano il premio. I suoi metodi di insegnamento erano particolarmente innovativi, non c'è mai stato perplessità da parte dei genitori degli alunni. Pasolini godeva della massima fiducia, lui non si imponeva [...] era molto discreto, la qualità esisteva. Si è dedicato all'insegnamento con una passione eccezionale. Otteneva ottimi risultati con i ragazzi. Non li assillava con il voto, considerava quello che sapevano, non quello che non sapevano. Andava alla ricerca di quello che potevano esprimere, gli alunni erano liberi. Si sentivano valorizzati"[...]

Il libro continua e racconta felici e interessanti ricordi del geniale professor Pier Paolo Pasolini, ma non possiamo raccontarveli tutti noi, andate in libreria e cercatelo, perchè merita e rappresenta un punto di vista particolare su un uomo molto discusso e poco conosciuto, come tutti i grandi uomini.

a cura di Sara Miriade

ABCVeneto®: sulla rete dal 1 marzo 2004