Palazzo Bomben: Gino Rossi e Arturo Martini, "Quando
l'arte si tace"
Al Palazzo Bomben di Treviso continua fino al 19 marzo
2006 la mostra iniziata il 26 novembre 2005, con il
patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Comune di Treviso, Provincia di Treviso,
Regione Veneto.
a cura di
Sara Miriade
Il titolo della mostra allude alla scelta di indagare
percorsi originali e poco frequentati dei due artisti.
Per Rossi L'arte si tace nella sofferenza
di raggiungere l'opera della vita schiacciato da eventi
tragici e da ideali estetici per molte ragioni irraggiungibili.
Per Martini, l'arte tace nello sforzo di farsi pensiero
e parola, per discolparsi di fronte alle nuove generazioni,
forse anche dalle accuse di aver partecipato al Ventennio.
La mostra Gino Rossi e Arturo Martini Quando l'Arte
si tace, aperta dal 27 novembre 2005 e curata dalla
Fondazione Benetton Iniziative Culturali è realizzata
in collaborazione con la Fondazione Mazzotti, Biblioteca
Comunale e Archivio di Stato di Treviso. Un percorso espositivo
sonoro e visivo guidato da tecnologie d'avanguardia per
raccontare e analizzare i documenti presi in esame: disegni,
fotografie, diari, lettere, cataloghi, filmati e documentari.
Al piano nobile nella sala d'ingresso, il visitatore sarà
accolto da un tavolo interattivo che introduce l'ospite
ad altre 200 documenti. La sofisticata tecnica di computer
vision interpreta i movimenti del visitatore che sfiorando
la superficie del tavolo ha accesso alle fonti originali,
aiutato da una divisione tematica che ne facilita la lettura.
In questa sezione vedremo un carteggio inedito e completo
custodito dall'Archivio S.O.M.S L. Boschieri, intercorso
nel 1924 tra enti, istituti e Gino Rossi circa la possibilità
di un posto di insegnante di disegno presso la scuola
di Crocetta Trevigiana, cosa che lo avrebbe risollevato
dalla povertà in cui viveva. Il pittore cosi scriveva
a Barbantini in quell'anno: "'L'inverno scorso l'ho
passato senza stufa, pieno di freddo, e quello che viene
sarà lo stesso". Questo carteggio è
una raccolta di lettere che spiega le ragioni dei protagonisti
e di chi cercò di aiutarlo raccomandandolo per
esempio al Sindaco di Crocetta come fece il dott. Ugo
Nebbia, coordinatore della corporazione Nazionale delle
Arti plastiche di Venezia. La breve esperienza di lavoro
fallì lasciando Gino Rossi ancora più amareggiato,
lui che ebbe sempre un forte orgoglio d'artista e che
avrebbe voluto che la sua opera avesse i riconoscimenti
che meritava. In questa postazione segue una lunga sezione
dedicata ai colloqui di Arturo Martini, divisa per comodità
in 4 decenni.
Arturo Martini
Nelle sale attigue si accede alla sezione dedicata ai
Colloqui di Arturo Martini, considerati il suo testamento
spirituale, oggi offuscati e dimenticati dallo straordinario
successo delle opere. Una vasca coperta di
juta conterrà i 439 fogli manoscritti dei Colloqui,
un ideale margine del flusso di pensiero che Martini sentiva
in sé inarrestabile e che chiese a Scarpa di raccogliere
e ordinare. E' la prima volta che i manoscritti originali,
in calligrafia minuta a lapis, sono esposti accompagnati
anche dai disegni che lo scultore tracciò in quelle
sedute (i documenti provengono dalla Biblioteca Comunale
di Treviso-fondo Mazzolà). Martini così
scriveva a proposito del suo incontro con Gino Scarpa:
"Prima io ero un'acqua che si spandeva in diversi
rivi ora lui è la mia diga dalle sponde sicure
che mi porta al mare naturalmente (...) Lui è logica
e io l'impeto la frenata fantasia. Con Scarpa, Martini
si sente finalmente liberato, a lui affida i suoi pensieri
come in una seduta psicoanalitica, una vera liberazione.
Proseguendo nel percorso espositivo, una seconda sala
dedicata ad Arturo Martini dove si trova la postazione
informatica che da accesso ai medesimi manoscritti in
una forma maggiormente leggibile, cioè nella trascrizione
"d'epoca", commissionata da Natale Mazzolà
per la loro pubblicazione.
I dialoghi tra i due si protassero tra il luglio 1944
e il gennaio del 1945, lunghe ed estenuanti battaglie
che andavano avanti fino alle prime ore del giorno: incontri-lotta,
duelli dialettici per capire le ragioni, provocazione
dell'uno e dell'altro. Martini non vide mai pubblicati
i suoi "colloqui" e Gino Scarpa li avrebbe voluti
bruciare...
Presentare al pubblico anche le lettere di due grandi
amici di Arturo Martini: Natale Mazzolà e Giovanni
Comisso che rendono conto delle traversie e impedimenti
incontrati nella difficile strada della pubblicazione
dei Colloqui con Arturo Martini finalmente avvenuta nel
1968 a cura della casa editrice Rizzoli.
Gino Rossi
Nello stesso piano, accompagnati da un suono ritmato
e sordo, si accede alla stanza dedicata ai disegni inediti
di Gino Rossi, tutti appartenenti al periodo manicomiale,
279 provenienti dalla collezione privata di Anna Pugliese
Mazzotti e 30 conservati dagli eredi di Luigi De Giudici,
pittore capesarino amico di Rossi. La stanza è
un passaggio nel buio del manicomio, nel fondo dell'animo
di Gino Rossi, qui sospesi tra vetri trasparenti i disegni
che agilmente potranno essere osservati da ambo i lati.
Rossi ossessionato dalla creazione artistica continuamente
invocata e desiderata non smise mai di cercarla. Sono
frammenti tutt'altro che ingenui dove vi si trovano richiami
a Cèsanne, Matisse, un ritorno alle origini e nuove
ricerche verso il cubismo.
Il secondo piano, prosegue nella sala della follia, l'analisi
dei vent'anni di reclusione. Insieme alla prima lettera
del ricovero avvenuto il 13 giugno 1926, saranno esposti
i carteggi inediti tra le amministrazioni ospedaliere,
recuperati nel fondo della Provincia (tra le carte dell'ospedale
di Santa Maria dei Battuti) mostrano come Rossi fu trasferito
sei volte in quattro ospedali diversi fino alla morte
avvenuta a Sant'Artemio (Tv) nel 1947.
Tra i documenti scopriamo quelli che furono gli amici
di Rossi che lo seguirono anche nel calvario dell'ospedale,
tra questi Giovanni Comisso e Nino Barbantini che si interessarono
entrambi per un sussidio e per un recupero della opere.
Come fece anche Ciro Cristofoletti, il quale in occasione
della "IX Mostra D'Arte Trevigiana" (Palazzo
Scotti 1933) recuperò in modo avventuroso alcuni
quadri, "che scopri sporchi di pasta in brodo, abbandonati
in una casetta piena di rifiuti nella casa di una pollivendola;
una delle famose composizioni di natura morta nella soffitta
di un cancelliere di pretura, un cartone dipinto in un
porcile del Montello, e quel rittratto di donna che lo
battezzò 'Saffo' in una casa di Ricovero".
Ovviamente non si può dimenticare Giovanni Mazzotti,
figura cardine nella cultura trevigiana, studioso attento
e grande anticipatore che in qualità di tutore
ed esecutore testamentario di Gino Rossi ebbe modo di
raccogliere e conservare importanti documenti relativi
alla permanenza all'interno delle strutture ospedaliere
dell'artista, oltre che ad averne curato alcune mostre.
Tra le molte lettere esposte, provenienti dall'Archivio
Barbantini, Archivio Provinciale e Fondo Mazzotti, colpisce
quella di un primario, Mario Mantovani dell'Ospedale Civile
di Crespano del Grappa che nel 1943, in risposta del Mazzotti
chiede se qualcuno poteva prendere in cura il pittore
e "incitarlo al lavoro" a significare che la
miglior cura era quella di farlo uscire e continuare la
sua grande opera. Intanto Mazzotti aveva regalato a Rossi
del materiale da disegno.
L'ultima sala costudisce l'affresco dei Tre pesci (proveniente
dal Museo Bailo di Treviso). L'opera dipinta tra il 1932
e il 1933 raffigura all'interno di un clipeo di tradizione
bizantina, tre pesci disposti obliquamente che richiamano
composizioni e temi simbolici di natura cristologica.
Colpisce l'abilità del pittore che usa qui una
delle tecniche artistiche più complesse. La domanda
che sorge, dopo tanti documenti che ci danno la certezza
di un Gino Rossi consapevole e lucido, è se l'artista
durante i vent'anni di manicomio abbia o non prodotto
opere ad olio e quale possa essere stato il loro destino.
Auditorium
Il Fondo Fotografico della Provincia di Treviso ha portato
ad una scoperta tanto inattesa quanto felice di un gruppo
di tre documentari di straordinario valore storico ed
artistico dedicati a Gino Rossi, Arturo Martini e allo
scrittore Giovanni Comisso, che potremmo vedere completamente
restaurati nella sala dell'Auditorium.
Realizzati intorno alla metà degli anni Sessanta,
per la regia di Paolo Saglietto, sono curati da Giovanni
Comisso e Giuseppe Mazzotti e prodotti dalla Corona Cinematografica.
La Fondazione si è fatta carico del restauro affidando
al laboratorio l'immagine ritrovata della Cineteca Comunale
di Bologna. I filmati in questione sono: Un simbolo
chiamato Zero, dedicato allo scrittore trevigiano
Giovanni Comisso; Arte senza pace, dedicato ad
Arturo Martini e Il mio Dissenso, che ripercorre
la vita di Gino Rossi.
L'esposizione è a cura della Fondazione Benetton
Iniziative Culturali. L'allestimento degli architetti
Mariangela Zanzotto e Alberto Pasetti, che curano anche
il disegno e le luci.
I testi del catalogo sono di Vera Matiuzzo, Donatella
Levi ed Anna Urbani.
Orario della mostra:
da martedì a domenica dalle ore 10 alle ore 20.
Chiuso il lunedì e il 25 -26-e 31 dicembre 2005
1 gennaio dalle 15 alle 20, 2006
Per Informazioni e prenotazioni tel. 0422 512 200
a cura di
Sara Miriade