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rubrica

Simona Cernicchi: La famiglia al centro della cronaca


Mi riallaccio con questo pezzo all'interessantissimo articolo dello scorso mese dell'Avvocato Renea Rocchino Nardari, per segnalare nuovi spunti. Al centro dell'attenzione della cronaca attuale c'è la famiglia, nelle sue varie forme e nelle sue difficoltà sia economiche che, soprattutto, affettive.

di Simona Cernicchi

Famiglia intesa come sistema relazionale qualificato da specifici bisogni e contesti basati, come sempre laddove sussistono rapporti affettivi, sulla reciprocità. Quando questa reciprocità entra in crisi, spesso la conflittualità cerca e trova nel giudizio di separazione personale un ammortizzatore. Di frequente il conflitto si risolve nel definire gli aspetti economico-patrimoniali. Altre volte, nelle situazioni più difficili, ci si trova innanzi a vere e proprie problematiche psicologiche irrisolte del singolo o di entrambi i coniugi ed, in presenza di figli, occorre guardare alle loro necessità per tutelarli. Le situazioni sono le più disparate, così come le difficoltà che ne sono alla base. Tuttavia le procedure giudiziarie, oltre ad essere al momento in cui scrivo lunghissime, fanno male. C'è, sì, necessità di una riforma legislativa organica del diritto di famiglia ma, allo stesso tempo, c'è esigenza di risposte preventive e/o terapeutiche, progettuali alle problematiche connesse ai rapporti di relazione, in primis quelli familiari. Risposte che siano precedenti e così risolutive rispetto all'intervento giudiziario o che, se susseguenti, lo completino. Occorre sviluppare una cultura familiare-minorile negli ambienti giudiziari, curare la formazione, in modo che sia omogenea, di tutte le professionalità che, a vario titolo, ruotano intorno all'universo famiglia-minori. Il tutto affinché queste persone possano intervenire, con rigore e preparazione non disgiunte da empatia, calore e rispetto, non solo nella soluzione dei casi patologici ma anche nella loro prevenzione.

Occorre "riscoprire" l'importanza dell'educazione genitoriale, del prendersi cura di…, di ciò che significa assumersi delle responsabilità, dell'eventualità che dinnanzi ad una situazione patologica il figlio possa sentirsi il responsabile, accollandosi un'infinità di sensi di colpa. È opportuno ricordare che, in caso di separazione e/o divorzio, si smette di essere marito e moglie ma non "genitori", poiché il figlio ha diritto alla continuità dei rapporti. Allo stesso tempo, bisogna dare strumenti alla famiglia per assolvere al suddetto compito educativo e formativo del bambino. Guardare all'interesse di quest'ultimo significa, infatti, anche sostenerne i genitori nelle difficoltà. Non basta fermarsi alla storia personale di chi può, in vari modi, aver sbagliato ma occorre guardare al potenziale di recupero, alle risorse personali e stimolarle, ridare fiducia per spezzare un'eventuale catena di "male". Chi non ha sperimentato fiducia difficilmente la darà e chi è stato vittima può diventare carnefice, sia riproducendo ciò che ha subito sia utilizzando altre tipologie di "abusi". Una cattiva comunicazione genitori/figli può portare questi ultimi a compiere gesti antisociali. La violenza, ad esempio, è spesso vista come un modo per "esprimersi", così come malattie quali l'anoressia o la bulimia rispondono al bisogno di attirare l'attenzione del genitore "mancante". Ma se la vittima saprà prendere coscienza del dolore vissuto, non averne vergogna, rielaborarlo e così lasciarselo alle spalle, non diventerà a sua volta carnefice ed anzi potrà, se vorrà, anche aiutare altre vittime.

di Simona Cernicchi

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