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rubrica

Al teatro con il 'Pinocchio nero'


29.04.2006: Teatro Morlacchi, Perugia

Acura di Simona Cernicchi


Sul palco, gli attori/ragazzi di Nairobi si irrigidiscono come pezzi di legno, vacillano e lentamente cadono a terra dove, stesi come tronchi, sembrano formare una discarica. Una discarica che ricorda quella dove gli stessi protagonisti di "Pinocchio Nero" hanno passato tante notti, avvolti in teli di plastica e dove tutt'ora dormono molte, troppe persone.
Così la storia di Pinocchio, il burattino di Collodi, si confonde con la storia di chi conosce bene la strada perché sulla strada è cresciuto, ha avuto fame, ha sentito freddo, ha sniffato colla, ha conosciuto la morte. "Chokora" li chiamano, ossia "spazzatura".
È un "Pinocchio" che parla swahili (un grande schermo, appeso sulla parte alta del palco, fornisce la traduzione) con guizzi di italiano.
Ma la "forza" di questo spettacolo non sta tanto nelle parole, bensì nell'impatto "fisico", "corporeo" restituitoci dal gruppo. La scenografia è minima poiché l'intensità scenica è data dall'energia della coralità, dell'insieme.
Sul palco si balla, canta, salta, c'è musica, sorrisi, vitalità, allegria contagiosa, c'è la "magia" africana. Ci sono i sogni, i desideri "urlati" nel Paese dei Balocchi, tra i quali "vedere film a luci rossi, mangiare camion di polli e… giocare a pallone, con ai piedi delle scarpe vere, per tutto il giorno".
La rinascita avviene dopo la trasformazione di Pinocchio in asino, l'ingoiamento da parte della balena e il ritrovamento di Geppetto ossia dell'affetto, sancito da un abbraccio che sa di fiducia, crescita e reciproco riconoscimento.
Pinocchio, infatti, trova un motivo vero per mettere in moto tutte le sue risorse al fine di cercare una via di uscita dal ventre della balena e salvare sé e suo padre. Così scopre l'amore, la responsabilità e la sua identità arriva a compimento.
Il teatro ha sconfitto la morte e ha permesso la trasformazione dei "Chokora" in persone. Tanto che i ragazzi, al termine dello spettacolo, ballano e gridano il loro nome e cognome, sventolando il proprio passaporto.
E come Pinocchio, alla fine della fiaba, diventa un bambino vero e può condurre la sua vita, senza interventi esterni, così gli africani possono guidare la loro vita, senza bisogno di altrui ingerenze.
La trasformazione di questi ragazzi è la trasformazione di tutta l'Africa, poiché l'Africa è degli africani e la rinascita di questo meraviglioso continente deve partire dal basso, dalla società civile africana.
articolo prosegue sotto



Per chi volesse approfondire l'argomento:
- www.amref.it;
- Marco Baliani, "Pinocchio Nero. Diario di una viaggio teatrale", Rizzoli;
- Giulio Cederna e John Muiruri, "The Black Pinocchio. Le avventure di un ragazzo di strada" (dvd dello spettacolo incluso), Giunti.

 

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Acura di Simona Cernicchi

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