A casa dell'artista: incontro con il pittore Gioacchino
Bragato
Note
critiche e biografiche sono consultabili nel sito web
del Comune di Teolo, ed al seguente link:
gazzettino.quinordest.it
Testi di Alessandra
Pucci - fotografie
di Luccia Danesin
Mattinata luminosa di Maggio, ideale per girare certe
stradine padovane rese suggestive dalla luce dorata delle
vecchie case non ancora ristrutturate, e ornate qua e
là da cespugli
di ginestra e roselline rampicanti.
Santa Maria in Conio: qui abita GioacchinoBragato che
Luccia Danesin ed io abbiamo incontrato per il piacere
di essere in contatto con una persona che sa vivere l'arte
con gioia e renderne partecipe il mondo.
Ci attende sulla soglia del suo appartamento-studio, ci
saluta affettuosamente, e, come un maestro di scena c'introduce
negli spazi illusori separati l'uno dall'altro da un continuo
susseguirsi di visioni sul paesaggio veneto costantemente
reinventato dal suo sguardo tenero. Tenero
e mite il sorriso che illumina il volto espressivo mentre
parla dei suoi primi passi nel mondo dell'arte, anni '70,
lui noto cuoco della trattoria "Il Pero", luogo
caro alla memoria di tanti pittori, scrittori e intellettuali
senza etichette, in quegli anni di fertile progettualità
e grandi entusiasmi.
Gioacchino ci mostra con giusto orgoglio le numerose opere
omaggio di amici artisti conosciuti proprio nel luogo
di lavoro: opere che testimoniano la stima reciproca nel
fare arte: tra gli altri notiamo un ritratto di Saccocci,
un nudo di Longinotti, figure di Zancanaro, Cattaneo,
e di Galeazzo Viganò, di cui è grande ammiratore
e amico. Tra i ripiani carichi di materiale documentario
della sua lunga carriera, prende alcuni cataloghi di mostre
recenti: ne sfoglio uno e mi soffermo a leggere una poesia
dedicatagli da Giorgio Segato: "Lì, nel ghetto
antico | nel riposto cortile | dalla ridente pentafora,
| elegante, ammiccante | abitava Gioacchino, | voce tonante
contro ogni abuso, | cuoco del Pero | e grande ingenuo
pittore | di nature sempreverdifiorite | di smeradi e
rubini, topazi e ametiste preziosi | con cielo cobalto
su arabeschi | di piante come sapide erbe | di fertile
orto di casa."
Tanti sono gli scritti significativi di critici, giornalisti
e poeti che raccontano la sua vita d'artista, tutti accomunati
dalla fascinazione delle sue immagini audaci perchè
semplici.
Accettiamo volentieri il suo forte caffè; Luccia
interrompe gli scatti fotografici e, sedute
intorno ad un tavolinetto, ascoltiamo Gioacchino parlare
della sua infanzia a Saonara, la famiglia numerosa, il
lavoro quotidiano fin da giovanissimo, e sempre l'amore
per il colore della campagna, diventato infine l'elemento
costante del suo dipingere.
Dei lunghi anni in cui ha abitato nel centro di Padova,
Gioacchino ha tracciato una sorta di mappa monumentale,
dove i campanili, le cupole e le chiese troneggiano sui
prati fioriti, come un arazzo medievale.
La parete di fronte a noi è ricoperta dai suoi
quadri: quasi tutti di piccole o medie dimensioni,
tutti aperti verso un cielo azzurro, mai cupo; rossi i
tetti delle case gialle o bianche, e un sipario trasparente
di alberi che sottolinea uno spazio astratto più
vero del vero. Gli alberi di Bragato meritano un'attenzione
particolare: hanno una forte valenza simbolica, esistono
e resistono nel creato come emanazione di forza e di spiritualità.
Religiosità e spiritualità connotano alcune
opere ispirate ai luoghi amati dal Petrarca, di cui Gioacchino
è assiduo lettore. Libri tanti, di vario genere,
soprattutto poesia: ma dove sono collocati? Come abile
prestigiatore, spalanca le portelle di credenze, pensili,
apre cassetti di vecchi mobili e, invece delle tovaglie,
dei bicchieri o di pentolame vario, appare la vasta biblioteca
di cui ogni libro è sempre un incontro e una trasformazione.
Fotografare le opere che tappezzano le pareti dallo zoccolo
al soffitto è impresa ardua, ma Luccia non si arrende:
sposta ove possibile i quadri, per tentare di catturare
immagini fruibili on-line.
Nella
stanza di mezzo, tra sculture, quadri e un letto ingombro
di riviste e libri, c'è il suo cavalletto, con
su un paesaggio azzurro, giallo, e forse una fuga di piccole
nuvole bianche.
Gioacchino si siede pensoso davanti alla tela, e dice,
parlando quasi tra sè: "E' così da
tanto tempo... credo che resterà com'è".
L'artista esprime il suo stupore di fronte alla bellezza
anche con la poesia, esperienza che inserisce nello stesso
alveo espressivo della pittura.
Parliamo della sua mostra personale che il comune di Padova
gli dedicherà nello spazio espositivo delle scuderie
di Palazzo Moroni con inaugurazione il 22 Giugno prossimo:
è un riconoscimento importante della città
nei confrontidi un'artista che da sempre ne esalta la
storia con ricami di architetture e un'aria di perfetta
letizia.
Le cartelle con le incisioni sono lì, a portata
di mano, così osserviamo la visione del paesaggio
nella traduzione in bianco e nero o seppia come si conviene
quando si esegue l'acquaforte, secondo i canoni classici,
per esprimere un'idea, un contenuto, e non per inutili
esercizi tecnici. C'è
il segno che corre asciutto per case e per rami intrecciati,
per fossi e prati scoscesi dove un pò di neve è
caduta; pozzi e chiesette appesi a colline segnate da
strade sterrate, idea di silenzio, di quiete in assenza
di effetti speciali.
Tracciare un ritratto di Gioacchino Bragato è impresa
ardua perchè sono tanti i motivi di interesse che
emergono nella conversazione, perciò converrà
riprenderne il filo in un altro incontro.
Ci congediamo dopo aver ricevuto in dono due litografie
con raffigurato un battistero di Padova, sospeso tra l'azzurro
del cielo, il verde di un "prato dei miracoli",
e protetto dai suoi amati Alberi.
Grazie Gioacchino, a presto!
Testi di
Alessandra
Pucci -
fotografie
di Luccia Danesin