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Treviso: “Venezia 900. Da Boccioni a Vedova”


Prossimamente, una nuova grande mostra per la Casa dei Carraresi e la Fondazione Cassamarca di Treviso, per maggiori informazioni: http://www.venezia900.it/

a cura di Abcveneto

 
 

Con “Venezia 900. Da Boccioni a Vedova”, Fondazione Cassamarca continua il cammino iniziato nel 2004 con l’esposizione dedicata all’ottocento veneto. La mostra ospiterà capolavori di pittura e di scultura, con l’intento di offrire al visitatore uno sguardo esaustivo sugli avvenimenti artistici veneziani dall’inizio del secolo agli anni sessanta: dalle opere del giovane Boccioni, che tra Padova e Venezia visse una delle sue migliori stagioni creative, al Fronte nuovo delle arti, il movimento dell’avanguardia veneziana in cui esplode il genio di Emilio Vedova. A dipinti e sculture degli artisti operosi a Venezia si intersecheranno opere presentate alle Biennali, specie in quelle del secondo dopoguerra organizzate da Rodolfo Pallucchini, nelle quali s’imponevano lavori di Chagall e Kokoschka, di Picasso e Pollock. “Venezia 900” vuole così dare spazio agli avvenimenti artistici e ai grandi maestri che si sono imposti nella città lagunare: scena unica in Italia, che consentirà al visitatore di vivere un esperienza ricca di stimoli e di emozioni.
Le mostre di Ca’ dei Carraresi sono appuntamenti ormai consolidati negli anni e rappresentano il naturale connubio tra offerta culturale ad alto livello e promozione del territorio. Dare vitalità ai progetti culturali per la nostra città è uno dei nostri obbiettivi: organizzare e realizzare eventi irripetibili nel contesto degli appuntamenti culturali a raggio europeo. articolo prosegue sotto

1 _ Umberto Boccioni La rassegna ha inizio con una sala dedicata a Umberto Boccioni (1882 - 1916); non tutti sanno che il protagonista del Futurismo, in pittura e in scultura, ha vissuto a lungo a Padova nei primi anni del ’900 quando la madre e la sorella si erano trasferite nella città del Santo. Iscrittosi poi all’Accademia di Venezia, Boccioni ha tenuto la sua prima personale a Venezia nell’estate del 1910, invitato da Nino Barbantini e ospitato nelle salette del piano ammezzato di Ca’Pesaro, dove si tenevano le mostre della Fondazione Bevilacqua (l’istituzione veneziana rivolta alla valorizzazione dei giovani artisti). Si trattò di un evento straordinario per Venezia anche perché Marinetti, Carrà, Boccioni e soci in concomitanza con la mostra di Boccioni lanciarono dalla Torre dell’Orologio il manifesto Contro Venezia passatista, e si presentarono tutti alla serata futurista alla Fenice, amplificando al massimo la portata dell’evento espositivo di Ca’ Pesaro. Boccioni non aveva ancora prodotto dipinti “futuristi”, ma la carica espressiva delle tele esposte a Ca’ Pesaro lasciò il segno e spronò molti giovani sulla strada del rinnovamento. Di questo momento è particolarmente rappresentativo Canal Grande, la straordinaria e innovativa veduta di Venezia verso la Ca’ d’Oro, oltre ad alcune opere eseguite durante la permanenza a Padova, come il Ritratto dello scultore Brocchi, e a Venezia tra il 1906 e il 1910, come Ritratto dell’avvocato CM (Fondazione Domus, Verona) e altre esposte a Ca’Pesaro nel 1910, come La nonna (Fondazione di Venezia); tutte testimonianze preziose della creatività giovanile dell’artista, nel momento in cui egli si stava gettando anima e corpo nella battaglia futurista.

2 _ Gli artisti di Ca’ Pesaro La ricostruzione del periodo migliore della Bevilacqua, tra 1908 e 1920, prosegue con opere importanti di Felice Casorati (1886-1963), tra i protagonisti dell’arte italiana della prima metà del XX secolo, come, Notturno; anche Casorati ha vissuto a lungo tra Padova, Verona e Venezia prima di trasferirsi a Torino, lasciando nel Veneto una traccia indelebile della sua presenza, egli tra i primi e tra i più inclini a recepire le novità della Secessione viennese, artista simbolo della compatibilità che avrebbe potuto e dovuto sussistere tra mostre della Biennale e mostre della Bevilacqua. Lo confermano opere come Il sogno del melograno e Tappeto rosso prove sapienti di un pittore raffinatissimo che ha saputo cogliere appieno gli stimoli di una cultura in profondo cambiamento. La mostra prosegue con opere importanti di Umberto Moggioli (1886-1919) come Ponte verde, Cipresso gemello e Sera di primavera, tutte eseguite durante la lunga permanenza nell’isola di Burano dove Moggioli aveva riparato tra i primi, seguìto poi da Gino Rossi, Semeghini e Scopinich, lasciandoci una interpretazione molto personale dell’isola e del suo fascino. Vittorio Zecchin (1878-1947) è un altro artista che ha saputo tradurre in veneziano il linguaggio fantasioso dei secessionisti tedeschi; in uno stile tutto suo, Zecchin ha recepito la lezione di Klimt e la ha resa fertile nella sua isola, Murano, rinnovando le arti decorative dell’epoca e imponendosi con una pittura a metà strada tra racconto e illustrazione; un ambito che in quegli anni ha visto risultati interessanti anche ad opera di Teodoro Wolf-Ferrari (1876-1945). Altra figura di notevole spessore è quella di Guido Cadorin (1892-1976) che, cresciuto in una famiglia di artisti, si rivela ben presto tra i protagonisti della scena veneziana; sia nella fase giovanile della protesta, ben documentata dal provocatorio trittico Carne, carne, sempre carne (1914), sia in seguito nella stagione del Realismo Magico. Anche il triestino Guido Marussig (1885-1972) ha partecipato a pieno titolo alla vicenda veneziana, esponendo fin da giovane sia alle Biennali che alle mostre di Ca’Pesaro, mentre Pio Semeghini (1878-1964) ha portato a Venezia lo spirito di un postimpressionismo leggero, rinnovando la pittura lagunare di paesaggio e Tullio Garbari ha anticipato la svolta verso il primitivismo.

3 _ Omaggio a Gino Rossi Se Boccioni rappresenta al meglio la stagione del lancio di un’arte tutta italiana che si vuole imporre in Europa e nel mondo, Gino Rossi (1884–1947) incarna la figura del veneziano eroico che da solo e forse per l’ultima volta riesce a portare a Venezia il linguaggio europeo della pittura del suo tempo, quello caratterizzato dalla stagione complessa e ricchissima di suggestioni del postimpressionismo, in particolare in quella variante decisiva per le sorti dell’arte europea che è stato il sintetismo di Gauguin e di Serusier. A sessant’anni dalla scomparsa, Treviso, città adottiva di un pittore che è stato stregato dalla dolce armonia dei suoi colli e che tra i trevigiani ha trovato tanti estimatori, dedica all’artista un omaggio costituito da una antologia di alcuni tra i più importanti dipinti da lui eseguiti e da una scelta oculata di disegni. Tra tutti primeggia La fanciulla del fiore, esposta a Venezia nel 1910 (nel momento in cui veniva acquistata Giuditta II di Klimt per il Museo di Ca’Pesaro); salutato da Barbantini come la bandiera del rinnovamento, il dipinto sarà esposto accanto ad altri capolavori come Il bevitore, appartenuto all’amico pittore Felice Casorati, il Ritratto della moglie e ad alcune fra le più celebri tele dedicate all’isola di Burano e al paesaggio trevigiano; per arrivare alle opere degli anni ’20, come Natura morta con brocca e Fanciulla che legge, testimonianze di un tempestivo aggiornamento sulla svolta in corso nell’arte europea dei primi anni ’20.

4 _ Ritratti e autoritratti Con il XX secolo tende ad estinguersi la plurisecolare tradizione ritrattistica occidentale; tanto più opportuno ci è sembrato proporre una sezione apposita dedicata al ritratto, in particolar modo in riferimento all’ambiente artistico: pittori che ritraggono se stessi o che eseguono il ritratto ad amici e a collezionisti e critici d’arte. In questa sezione, pertanto, sono raccolti i ritratti incrociati e autoritratti dei pittori che hanno praticato, prima dell’ondata astrattista, la consuetudine di ritrarre se stessi, colleghi e amici. Sarà in mostra il Ritratto di Cagnaccio di San Pietro eseguito in età giovanile da Luigi Tito, e autoritratti di Gennaro Favai, Ercole Sibellato, Pio Semeghini, Juti Ravenna, Scarpa Croce, Bortolo Sacchi, Miranda Visonà, Cagnaccio di San Pietro, Mario Deluigi, Zoran Music, Emilio Vedova e Armando Pizzinato, a testimonianza che, anche nel secolo delle avanguardie, la ritrattistica continua a rivestire un ruolo importante. Inoltre figurano qui ritratti dei critici d’arte e degli intellettuali che hanno contribuito a dare carattere a un’epoca; tra questi alcuni disegni che ritraggono Nino Barbantini, il Ritratto di Gino Damerini, eseguito da Guido Cadorin, i ritratti di Giuseppe Marchiori fatti da Renato Birolli e da Carlo Hollesch, il Ritratto di Berto Morucchio, opera di Miranda Visonà. Anche D’Annunzio ha avuto un grande peso nella vita culturale di Venezia, prima e dopo la Grande Guerra; e due eccezionali ritratti, ad opera di Ercole Sibellato e di Astolfo de Maria, hanno lasciato una traccia profonda nella ritrattistica veneziana del primo Novecento. Anche dei più importanti personaggi dell’arte saranno esposti i ritratti, come nel caso del gallerista Carlo Cardazzo, presente in uno straordinario ritratto opera di Asger Jorn e altri importanti testimonianze, come il Ritratto di Uccia Zamberlan, eseguito da Virgilio Guidi.

5 _ Filippo de Pisis Filippo de Pisis (1896-1956) ha vissuto l’ultima stagione felice della sua esistenza nella Venezia degli anni ’40; anche in considerazione della particolare rilevanza che ha avuto, nella sua vita, la permanenza nella città lagunare, al pittore ferrarese “italien de Paris”, viene dedicata una sala che vuole ricostruire attraverso le opere principali eseguite a Venezia, sia l’importanza dell’ambiente veneziano sulla sua pittura sia l’amore per i colori e i cieli, le acque e i fiori che egli ha conosciuto a Venezia nei sei anni di permanenza, dal 1943 al 1948. Inseritosi appieno nella vita artistica e culturale della città, De Pisis ha tenuto mostre, pubblicato libri, steso recensioni e presentazioni critiche per amici artisti, nel vivace clima ravvivato da importanti gallerie d’arte e da molteplici occasioni di incontro; egli riallacciava così i legami con l’ambiente artistico veneziano, frequentato già dalla metà degli anni ’20 quando aveva stretto amicizia con il gruppo di pittori veneziani di Palazzo Carminati, da Juti Ravenna a Eugenio Da Venezia. A cinquant’anni dalla scomparsa, la piccola antologica testimonia la continuità e la profondità del sentimento che lo legava alla città lagunare, spesso oggetto anche negli anni ’30 di soste più o meno prolungate; un nucleo di dipinti eseguiti durante la permanenza veneziana non è solo un omaggio postumo, né una messa in prova sulla tenuta della sua pittura, quanto una ulteriore possibilità di lettura della sua opera, per la prima volta collocata a diretto contatto con i suoi contemporanei (con la tendenza al neocubismo a lui estranea, con l’incipiente espressionismo astratto di Vedova, con la pittura evanescente di Pio Semeghini e dei lagunari). Del grande pittore saranno presentati alcuni dipinti eseguiti a Venezia nel corso degli anni ’20 e ’30, cui farà seguito un folto gruppo di opere degli anni ’40, tra cui la straordinaria Natura morta con pesci (Fondazione di Venezia).

6 _ Realismo magico I contatti con gli ambienti mitteleuropei che Venezia ha privilegiato già dall’Ottocento e che le Biennali hanno ribadito all’inizio del XX secolo, hanno fatto sì che anche alla fine della Grande Guerra, nel clima di “ritorno all’ordine” che si diffonde dopo gli entusiasmi avanguardistici, gli ambienti artistici veneziani siano stati direttamente coinvolti nella stagione del Realismo Magico; una tendenza che si connota per spiccate attenzioni ai particolari delle figure e dell’ambiente, che per eccesso di precisione e di indagine ottica si caricano di atmosfere metafisiche e quasi irreali. Pittori come Ubaldo Oppi, Astolfo De Maria, Bortolo Sacchi, Guido Cadorin, Dino Martens, Cagnaccio di San Pietro si attestano così sulla linea d’onda dei pittori tedeschi come Christian Schad e Otto Dix, formando una originale versione italiana della Nuova Oggettività. In questa sezione saranno presentati i dipinti più rappresentativi di quella svolta verso una ripresa quasi fotografica della realtà, con effetti di grande impatto: di Bortolo Sacchi sarà esposto Un sogno, già presentato alla Biennale del 1922, di Corrado Martens Il bevitore (dal Museo di Ca’ Pesaro), di Guido Cadorin, Le tabacchine, dalle collezioni del Quirinale, di Astolfo de Maria, La zuffa, di Cagnaccio di San Pietro, Donna allo specchio e L’alzana, di Ubaldo Oppi una grande e inedito Nudo femminile.

7 _ Presenze internazionali In questa sezione verranno esposte opere di importanti artisti italiani e stranieri che attraverso le Biennali del secondo dopoguerra hanno contribuito in modo determinante a rilanciare la scena artistica veneziana. Verranno proposti alcuni capolavori dei maggiori protagonisti del xx secolo, da Picasso, Testa di toro (Brera) a Lucio Fontana, da George Braque a Gino Severini, da Amedeo Modigliani a Marc Chagall. In questa sala saranno ospitati anche dipinti e disegni di Oskar Kokoscka come Natura morta con melograno gia appartenuto alla collezione di Rodolfo Pallucchini. L’esposizione continua con un’opera fondamentale di Jackson Pollock, Sentieri ondulati, che Peggy Guggenheim ha donato alla GNAM di Roma, assieme a opere di Bacci, Vedova, Tancredi e Mathieu, a testimonianza del momento altissimo che la pittura veneziana vive nel fertile contatto con l’arte europea e con quella d’oltreoceano.

8 _ Dal Fronte nuovo delle Arti allo Spazialismo La sezione è dedicata alle principali emergenze nella stagione della neo-avanguardia, tra 1944 e 1960, che a Venezia hanno trovato formulazione per diffondersi poi in ambito internazionale: il Fronte Nuovo delle Arti e lo Spazialismo. In queste due compagini, per l’ultima volta Venezia è stata protagonista degli scenari italiani e internazionali, con importanti conseguenze nell’immagine della città come centro propulsore e vivo di cultura. Saranno proposti in questa sezione molti tra i dipinti più importanti della stagione centrale del secolo, provenienti dalle collezioni degli artisti, dei critici d’arte che li hanno sostenuti e dai Musei italiani. Sarà possibile ammirare tutta la forza cromatica del giovane Afro Basaldella (1912-1976), nel Ritratto di Turcato, e le potenzialità al limite del surrealismo del giovane Giuseppe Santomaso, con uno dei celebri dipinti dedicati al “ciclo delle finestre” ed Erpice rosso (dalle collezioni della Biennale di Venezia), realizzati durante una delle frequenti permanenze nella tenuta di Giuseppe Marchiori, a Lendinara. Di Emilio Vedova (1919) sarà esposto Il guado, opera presentata alla storica mostra del 1948. La stagione dello Spazialismo ha le sue premesse nell’attività di Mario De Luigi (1901-1978), il primo pittore veneziano ad imboccare con decisione e preparazione culturale adeguata la strada dell’astrattismo: La merlettaia e Tobia e l’angelo sono le opere maggiori che preparano la stagione dei “grattages”; Luciano Gaspari (1913), Gino Morandis (1915-1994), Edmondo Bacci (1913- 1978), inizialmente molto sensibili alla lezione di Picasso, si evolveranno nella stagione spazialista in modi estremamente liberi e originali. In questa sezione è documentata la diffusione del picassismo, come attestano opere di Bacci, Gineceo, e di Gaspari, mentre di Morandis, di Vinicio Vianello e di Ennio Finzi saranno proposte opere tipiche della matura adesione allo Spazialismo. Trovano posto qui alcuni capolavori di Tancredi, il più lirico e inventivo tra gli astrattisti italiani, con dipinti come Composizione (Venezia, Ca’ Pesaro), nonché di artisti “isolati” come Zoran Music che pure hanno espresso, nel suo caso tra Venezia e Parigi, il meglio della loro produzione: dai Motivi dalmati (i celebri “cavallini”) fino al ripensamento del figurativo.

9 _ Venezia nello specchio della modernità Anche nel Novecento l’immagine di Venezia ha catturato l’interesse degli artisti. È un caleidoscopio d’immagini in cui la città che aveva sedotto i vedutisti e i visionari dell’Ottocento, si ripresenta di volta in volta sempre nuova nello specchio della modernità. Dall’inizio del secolo e fino agli anni sessanta e oltre, occhi sedotti dal perenne incanto della città, la ricreano in forme del tutto imprevedibili. La sequenza prende avvio idealmente dal Canal Grande di Boccioni, un capolavoro di tessitura pittorica a impasto, eseguito all’aprirsi del secolo nel 1907: uno scorcio ripreso dalla finestra della sua abitazione, nell’intento di connotare in modo “oggettivo” uno dei temi più comuni del genere vedutistico. Guido Cadorin e Virgilio Guidi negli anni ’20 rendono invece, in opere di essenzialità rigorosa, una Venezia magica e silente, al pari di quella di Carlo Carrà. Si sfaccetta in mille tocchi, al contrario, la città di De Pisis, vibratile e smaterializzata, ma anche barocca e neo-tenebrosa nella tela con la facciata di San Moisè, portata in primissimo piano come in una zoomata da scaltro fotografo. Il motivo verrà ripreso dal giovanissimo Vedova che enfatizza ulteriormente la carica drammatica di quell’animato prospetto, cogliendolo alla luce della luna e inchiostrando i neri come avesse in mente una delle memorabili allucinazioni piranesiane. Diradare, sembra il motto dell’ultimo Guidi quando inventa il fortunatissimo motivo dell’Isola di San Giorgio, qui presentato in un esemplare d’eccezione, quello che l’artista donò personalmente alla Fondazione Giorgio Cini in occasione dei festeggiamenti per il suo novantesimo compleanno. È una Venezia che oscilla sul suo stesso elemento costitutivo, la discesa delle acque, quella di Oskar Kokoschka, popolata d’imbarcazioni e di bizzarri ectoplasmi, espressionisticamente neo-barocca pur essa, agli antipodi delle ricerche formali di Tancredi e di Fontana, che, per la prima volta, trasmutano nell’aniconico le suggestioni lagunari. Per arrivare alla Venezia fantastica di Zoran Music che chiude a fine secolo tutta la grande stagione romantica e simbolista dei Turner e dei Whistler.

10 _ Omaggio a Emilio Vedova La mostra si conclude con un omaggio a Emilio Vedova (nato a Venezia nel 1919), patriarca dell’astrattismo veneziano del ’900. Autodidatta, segnalatosi per l’originalità delle sue opere giovanili, già protagonista nella battaglia di rinnovamento ingaggiata dal Fronte Nuovo delle Arti (1946-1948, con Giuseppe Marchiori) e dal Gruppo degli 8 (1952, con Lionello Venturi), Vedova procede poi negli anni ’60 e ’70 in un percorso solitario, il che significa un costante confronto con le più avanzate ricerche internazionali. In questa sezione finale sono raccolti i segni che il Maestro veneziano ha tracciato, dal periodo giovanile fino ad oggi; dipinti, disegni e incisioni che testimoniano quel continuum che l’artista stesso ha teorizzato come fattore essenziale della sua poetica e del suo lavoro. Si parte da alcuni disegni giovanili, testimonianza precoce di dirompente irruenza, per arrivare alle opere del tempo del Fronte Nuovo, i ben noti “geometrici” e quindi alla piena espressione della personalità dell’artista negli anni ’50, quando Vedova si inserisce a pieno titolo tra i protagonisti dell’Informale, un periodo culminato nel Premio per la Pittura che gli viene assegnato dalla Biennale del 1960. Saranno presentati dipinti dai maggiori cicli: il Ciclo della protesta, Spagna, Intolleranza, De America, con prestiti dalle maggiori collezioni pubbliche e private italiane. Anche l’opera grafica della piena maturità sarà presentata in mostra per completare il profilo dell’artista, tuttora attivo nel suo atelier veneziano.

11 _ Omaggio a Arturo Martini Una esposizione antologica di Arturo Martini (1889-1947), a sessant’anni dalla scomparsa, si snoda lungo le sale della mostra. Sono state scelte 30 sculture, a testimoniare un mai sopito anelito alla ricerca e alla sperimentazione; ma sarebbe stata sufficiente anche la proposizione di una sola scultura, il marmo di Donna che nuota sott’acqua (1941-42), generosamente prestata dalla Fondazione Domus, Verona, per garantire una attrazione straordinaria alla rassegna, dal momento che dal 1948 la più importante scultura di Martini non è più stata esposta al pubblico. Accanto al capolavoro ruotano alcune rare opere che non si vedono da molti anni, come il bozzetto in bronzo del Tito Livio, un esemplare unico che consente di apprezzare fino in fondo le qualità scultoree del marmo collocato al Liviano di Padova, accanto ad alcune rare terrecotte, dal San Bovo modellato per Comisso fino alla Chimera del Museo d’Arte Moderna di Udine, dall’Ofelia (della collezione Malabotta) fino all’ultima terracotta modellata a Milano pochi giorni prima di morire, quella Testa di donna al vento che è stata esposta l’ultima volta a Treviso nel 1967 da Bepi Mazzotti. Nell’occasione straordinaria in cui è possibile finalmente ammirare Donna che nuota sott’acqua, abbiamo pensato di riunire tutto il ciclo dedicato alle sculture “d’acqua”, Tuffo di nuotatrice e Nuotatrice che esce dall’acqua, fino all’ancora inedito Ragazzo che si spoglia, a testimonianza di un pensiero e di una ricerca che vertevano sulle possibilità nuove per la scultura nei primi anni ’40. Tra le opere monumentali sarà possibile ammirare la grande Leda del 1926, esposta alla I Mostra del Novecento Italiano, il gesso originale del Tobiolo (1934) prestato dalla Veneto Banca, i due Leoni di Monterosso e il ciclo di sculture dedicate alla Morte di Saffo, dalle prime elaborazioni (Banca Popolare Vicentina) fino alla grande versione astratta portata a termine a Venezia nel 1942. Tra le opere eseguite in età giovanile a Treviso, raccolte quasi integralmente al Museo Civico, spicca la ceramica Fanciulla piena d’amore (del 1913), opera simbolo della stagione rivoluzionaria di Ca’Pesaro. Dalla scelta messa in campo in questa occasione risulta esaltata la continua tensione di Martini verso una forma all’altezza dei tempi, sia il tempo assoluto del mito sia quello relativo della contemporaneità.

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