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Kenia: Viaggio in 'matatu'


Eccomi due anni dopo a scrivere di nuovo di quella terra meravigliosa e contrastante quale il Kenya. Sono tornata domenica e dopo qualche giorno di smarrimento ho dovuto per forza di cose tornare alla quotidiana realtà.

Di Monica Colesso

Ci sono molte cose da dire anche di questo viaggio, così diverso dal primo, anche questo così intenso e profondo. A differenza dell'altra volta questo viaggio è stato molto più facile per alcuni aspetti, non ho più dovuto abituarmi alle tante cose che erano così difficili per me all'inizio, quali gli odori, le strette di mano a tutti, le scarse condizioni igieniche. Ho potuto, insomma, concentrarmi su tutto il resto, sugli occhi dei bambini, sui loro sorrisi, sulle loro difficoltà nella vita.
Vorrei riuscire anche questa volta a non essere patetica, anche se credo che sarà difficile, perché è impossibile non raccontare delle mie visite negli istituti per bambini con problemi fisici e/o mentali, ciechi e/o sordi. E' impossibile non raccontare che ho trattenuto mille volte le lacrime e a volte no, davanti a quei sorrisi tristi e meravigliosi, a quegli occhi che stanno guardando te e nessun altro, in quel momento; è te che stanno interrogando forse sul perché delle loro vite così disastrate, ma che riescono ancora a trasmetterti tanta gioia di vivere e soprattutto tanta voglia di vivere, al di là delle difficoltà. E come non parlare della forza straordinaria delle suore che gestiscono questi istituti? Ho imparato molto da loro in poco tempo passato insieme, la loro vitalità, la loro fede. È meraviglioso il modo in cui coccolano quei bambini, così amorevolmente ma allo stesso tempo molto razionale, è un abbinamento raro da trovare, ed è un insegnamento prezioso da portare a casa.
Ho vissuto in una missione con delle suore molto speciali, sempre pronte ad accogliere le persone e ad affrontare la vita con il sorriso sulle labbra. È pazzesco, anche nelle situazioni in cui io probabilmente mi sarei scoraggiata, per loro era solo un ulteriore sfida da affrontare a testa alta e cercare di vincere. Beh, vincere o perdere lì è molto relativo, molte volte mi sono chiesta a cosa serva loro lottare così, quando sembra che nulla debba mai cambiare, quando sembra che il destino di quei bimbi sia già segnato con la loro nascita, ma forse anche questa è una lezione di vita…e anche per questo le ringrazio.


Ho vissuto quasi un mese in condizioni molto diverse anche dalla volta precedente, senza acqua corrente: mi sembrava di aver fatto un salto nel passato, facendo la doccia con la caraffa, utilizzando una turca come bagno. Non sempre è stato facile, le nostre abitudini occidentali sono un po' dure ad essere abbandonate, ma alla fine anche questo aiuta a crescere, ad apprezzare sempre di più le mille cose che in questa parte del mondo spesso diamo per scontate e non realizziamo che in tutto il resto del globo si lotta quotidianamente con le più banali necessità, compresa la mancanza d'acqua!
Ci sono tante cose che vorrei poter riuscire a trasmettere, ma mentre scrivo mi rendo conto che è impossibile; mentre ero lì ho pensato spessissimo a come avrei potuto condividere la mia esperienza con chi è rimasto a casa, ma anche allora mi convincevo che era impossibile, non si può raccontare la propria emozione, si può solo descrivere un istante…ma non basta.
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Non si possono fotografare due occhi pensando che susciteranno la stessa gioia, tristezza, rabbia, sofferenza. Ma vorrei davvero riuscire a sottolineare l'importanza ancora una volta di entrare nella parte, di vivere il posto e la gente, non facile e a volte irritante, così come erano per me insopportabili quei viaggi in matatu (l'autobus locale a 14 posti), e non tanto per il sovraffollamento del mezzo, quanto per il modo assurdo di guidare, credo di avere rischiato molto di più in quei viaggi che non in aereo o per le malattie. Ecco, credo che quelli siano stati i momenti peggiori!!! Così come non avrei mai potuto abituarmi a quei ragazzini scappati dalla campagna per cercare un po' di fortuna e finiti alla stazione dei matatu a sniffare colla e chiedere qull'elemosina, che ovviamente rifiuti perché sai già che strada prenderanno quei soldi, fa male, molto male e nonostante tu sappia che la droga non è un problema solo africano, qui fa ancora più male…
Ma tutto il resto, la gente, i paesaggi, il cielo sconfinato e stavolta posso aggiungere anche gli animali meravigliosi sono un esperienza da vivere in pieno. Questa volta sono andata anche al Masai Mara, una delle riserve naturali del Kenya ed è stato bellissimo, sono riuscita a vedere molti animali selvatici, tra cui i cuccioli di leoni (straordinari!) e questo ha rinnovato decisamente il mio spirito animalista. Ed è stata un'esperienza interessante anche dormire in tenda in piena savana ascoltando tutti i rumori della savana stessa, senza possibilità di riconoscerli. Adesso che ci ripenso, sebbene abbia passato due notti insonni, quei rumori erano vivi, reali e ti facevano sentire così indifesa ma allo stesso tempo così curiosa, è stato bello, molto.
Anche quest'anno ho lasciato l'Africa con la tristezza nel cuore, molto più dell'altra volta, perché a questo viaggio ero già un po' preparata, ho perso quindi meno tempo a capire dov'ero e quindi ho potuto davvero godere di più di ogni istante e di ogni occasione, ma pure questa volta l'ho lasciata con una promessa che sento ogni giorno più vicina: ci rivedremo presto! E se qualcuno fosse interessato. credo che sia una meravigliosa occasione di crescita e consapevolezza.

Di Monica Colesso

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