Treviso: Mostra Personale di Mario BESSARIONE
dal sabato 25 marzo al 13 aprile, sarà presente
l'artista all'inaugurazione, ore 17.30 del 25-03-2006
GALLERIA POLIN, Vicolo S. Pancrazio n° 20, 31100 TREVISO,
tel 0422-580004 cell. 340.3356420
da Martedì a Domenica 10.00-12.30 e 16.00-19.30
e su appuntamento, www.galleriapolin.com, www.galleriapolin.it,
info@galleriapolin.com
a cura di Dino Del Vecchio
Il flusso temporale della natura concorre dinamicamente
a cogliere il grado poetico da cui estrarre nuove immagini
Mario Bessarione sembra ritrovare nell'oggi il senso della
dualità nel riproporre "modelli" che
ravvisano "l'espressione del pensiero" da contrapporre
agli stereotipi del tripudio anacronistico nelle vicende
artistiche degli anni Ottanta-Novanta.
Una straordinaria vitalità sostenta il fine della
trasformazione, indicata nel pensiero che illumina il
gesto, evidente espressione di una ricerca colta in forme
polimateriche per tradurre in immagini una realtà
"altra" destinata ad essere "collocata"
nello spazio tridimensionale.
Una policromia plastica di assoluta originalità
sorregge il dettato esperenziale della ricerca i cui esiti
si fanno evidenti per la molteplicità dei suoi
interessi che incrociano tracce di memoria storica nell'atto
di preordinare l'origine del suo "progetto";
nella postura concettuale la base del suo annunzio quando
introduce l'enunciato "riflessivo" nella sfera
intima in cui soggiace ogni radice che origina l'espressività.
In questo procedere l'artista concretizza un contrappunto
che, per la complessità degli aggetti materici,
ibridati con il supporto, declina relazioni percettive
per l'intreccio che coagula leggerezza vibratile d'ali
trasvolanti da nativi trasalimenti, corpi e lacerti di
terragna tenebrosità. Un'antinomia tra sogno e
realtà, il punto di fusione che attinge reversibilità,
quindi di dilatazione delle potenzialità espressive,
il simbolo della commistione, nella dialettica tra conoscenza
e mistero, contrapposto a un mondo incolore e piatto.
Si chiarisce il senso e il significato dei "Macrosegni"
esasperati nella prepotenza della luce che genera l'ansia,
per la possibilità di accadimenti. Essi assumono
un valore simbolico, consentendo il perdurare di una dimensione
salvifica, che avvertiamo quando Bessarione mira a scomporre
il colore che de-fluisce nel bianco: la matrice di ogni
luce il correlato del processo astrattivo del pensiero
che genera la "riflessione"
Su questa sconfinata potenzialità dell'accadimento,
la sensibilità del poeta e l'intuito del matematico
segnano il principio di una mitica povertà che,
nel richiamare il fatidico storico "recupero",
concilia istinto e calcolo in una sorta di espressionismo
ambiguo direi improprio, per i referenti oggettivi che
Mario Bessarione utilizza per le sue alchimie. Nuclei
di forme e di colore di vitalità reattiva accendono
acute dissonanze, sussulti e impennate nel controluce
della conoscenza e del mistero che riscattano l'inerzia
della materia proiettata per occupare lo spazio della
suggestione.
In fondo gli accadimenti generano un valore simbolico
quando nei componimenti, la "prepotenza" della
luce esaspera i contrasti che correlati di azione soggettiva,
esplicitano con chiarezza che tali implosioni rifluiscono
dalle radici esistenziali per i nessi che generano altre
presenze e altra luce.
Queste personali esperienze alimentano le interrogazioni
metafisiche che si acutizzano, (nel momento in cui compie
l'atto del dipingere) nella "corrispondenza"
fra significato e significante che si fa corpo nell'immagine
per quelle forze catalizzatrici espresse nella fisicità
del linguaggio e per la totalità del pensiero,
"deiscenza dell'istante" indicata da Merleau-Ponty
quale premessa di una avvenuta maturazione che anticipa
il futuro.
In ogni caso, il proliferare dei materiali in una sorta
di variegata plasticità precisa una visione, direi
totemica, che assume la clausola froidiana dove l'ultimo
diaframma (il tabù) ancora separa gli strati intimi
dalla energia formativa. Nella sostanza, le simulazioni
sono i nuclei che irradiano nei confini dove inaspettate
impellenze pongono altri interrogativi sulla natura del
linguaggio proficuo di relazioni, che consente di reimmettere
nella produzione dell'arte la riflessione che origina
l'azione fisica.
Lo statuto fondativo che introduce ai temi segnala la
presenza di un background di storia personale nel momento
in cui la sperimentazione alimenta la ricerca, frutto
di ogni nuova esperienza e inconfutabile dato oggettivo
che distende nella centralità del contesto storico-culturale.
Bessarione avverte l'esigenza di proferire un deliberato
che fa orbitare l'empatia nel "prelievo" che
incrocia la riflessione; metodologia del "ready-made",
per l'impiego dei materiali poveri che posiziona per il
suo "espressionismo", dalla forte presa concettuale
(già indicato a monte del ragionamento), che introduce
un percorso arricchito di rivelazioni. La "costruzione"
presiede l'evidenza di un riscontro immaginario che caratterizza
la consistenza oggettiva della scelta strutturale in termini
nuovi attraverso il controllo del gesto pittorico che
arricchisce le soluzioni esteticho-formali individuate
per il dinamismo plastico che qualifica lo spazio.
Ma all'artista non interessano le lusinghe delle tautologie
o gli eccessi speculativi di stampo concettuale; egli
identifica, nella complessità strutturale, la sospensione
e la transitorietà, il riflesso della persistenza
del fare che accredita valore umano in una prospettiva
che incrocia le ragioni della propria esistenza. La tensione
progettuale presuppone la naturale propensione per una
spiccata versatilità conquistata ad ogni latitudine,
che avvicenda l'esperienza figurale al dato aniconico.
Oggi per il tramite della espressività si annotano
i simboli di una "cosmogonia" che ripara nell'aura
sacrale quando le pitto-sculture intersecano la sostanza
materica del legno con le impalpabili preziosità
aggettanti della carta strappata e innervata nello spazio
elettivo di altra simbologia anche per le variazioni stroboscopiche
di un luminismo cangiante che provoca la riflessione essenza
stessa della vita per Bessarione.
Sul piano della visione "laica" prende corpo
il procedimento di Assemblaggio - adottato fin dagli anni
70 - che imprime un'altra direzione di senso per la sua
identità di artista di rara effervescenza creativa
e per la modalità operativa sostenuta da notevole
spiccata esuberante manualità. Definirei pionieristica,
come lo sono state altre sue esperienze artistiche elencate
nelle biografia, la propensione (direi divenuta metodo)
ad inoltrare complessi strumenti teorici per il suo "Espressionismo
Riflessivo", una "Dichiarazione" che dilata
- per la visione collettiva - i concetti fondativi di
un "Manifesto" che sembrano avere sufficiente
presa per l'attualità dei contenuti, che occorreva
documentare (a torto o a ragione) con l'ausilio di un
proprio dizionario immaginario: l'universo naturale in
cui ci sentiamo profondamente coinvolti.
Esiste quindi una eredità che incide sulla scelta
stilistica e da cui prende le mosse la radicale innovazione
linguistica. Si configura un più marcato interesse
che punta sulla continuità con le sue precedenti
esperienze artistiche (l'utilizzo di occhioli a vite)
per la strutturazione della superficie infittita di elementi,
da cui si delinea lungo alcune direttrici virtuali o reali
la sperimentazione che, applicata alla manualità,
configura la presenza di una struttura della visione che
indica il valore intrinseco dell'astrazione per l'abbandono
progressivo di lateralità perimetrali del quadro/scultura
che, sottolineando i limiti discontinui nella sagomatura,
sostituisce il luogo tradizionale della comunicazione
formale.
La destrutturazione di quei modelli allarga l'orizzonte
operativo che risolve nella creazione di uno spazio totale,
attingendo dalla corporeità primaria mito-poetica
di un'arte che riconsidera i dati costitutivi della rappresentazione
corrispondenza per riflessioni sulla condizione dell'artista
che tenta di smascherare le assurde convenzioni estese
nel contemporaneo, con i mezzi tecnologici e con la fotografia
che propone immagini analoghe alla realtà nel precisare
forme stantie, nonostante sottili e sofisticati procedimenti
tecnici.
articolo prosegue sotto
Le opere di Mario Bessarione riflettono una intensa esperienza
personale per aver messo in atto, al di là delle
sterili concezioni meta-linguistiche che hanno provocato
negli anni '70 notevoli rotture con la post-avanguardia,
una costante parallela azione di rivisitazione storicistica,
conflittuale con quelle tendenze nichiliste. Un potenziale
privo di ambiguità sottende la ri-definizione del
manufatto a partire dalla superficie-supporto e con altre
"relazioni" per costruire lo spazio dentro cui
una serie di elementi, accostati l'un l'altro, dis-velano
una marcata presenza di simboli e allegorie.
Ma altri segnali di significazione espressiva - profondi
ed essenziali - intersecano natura e scienza: l'inedito
posizionamento dei materiali legnosi, l'aspetto antropologico;
l'uso della carta strappata e colorata un vero e proprio
livello di sperimentazione che incrocia, per il tramite
della luce naturale o artificiale, l'invenzione di un campo
cinetico elaborato per provocare più livelli di percezione.
La volumetria di chiara origine fantastica sembra lasciare
spazio all'evento illusionistico per l'inclusione nella
rappresentazione/simulazione del medium pittorico (l'acquarello)
che riverbera nella ripiegatura aggettante della carta:
afflato con le straordinarie invenzioni optical. Bessarione
ha più volte confermato che la fonte ispirativa,
naturalmente dilatata e rielaborata per alcune creazioni,
sussiste per la contiguità con i caratteri della
struttura formale segnalata all'interno dei processi creativi
di Tomasello ma, una parallela visione suggerisce sul versante
italiano, la lettura di altre presenze: lo Spazialismo di
Lucio Fontana per il gesto di strappare e bucare la carta
e le "volumetrie" cinetiche di Bridget Riley.
Queste confluenze ipotizzano un coincidente valore in grado
di recuperare connessioni da inserire all'interno dell'esperienza
"progettuale" che incide nella specificità
del messaggio e nelle concezioni espressive e quindi lungo
un "territorio"che si fa sito di segrete lateralità
che solo l'animo sensibile dell'artista precisa, quando
ci rivela che la ragione dell'accadimento estetico (il riverbero
luminescente) risiede nelle opportunità che ravvisano
la trascendenza che rivela il vero senso dell'esistenza.
L' intreccio formale incontra l'ambiguità del teorema
per la cifra scientista messa in campo con il colore che
diviene il significante specificativo di un luogo aperto
e in progress e per la fisicità, liberata dal peso
e dal volume, che lievitando avrà visto nascere la
corrispondente ansiosità di assolutezza in un clima
di tensione e di travaglio intellettuale che implica la
collusione del gesto che si fa segno/materia. Il senso inedito
delle interazioni spaziali riversa nella intenzione di ottenere
certi rapporti cromatici con l'esercizio del duplo-collage
che può richiamare umori dadaisti, quando la carta
lacerata e incollata è trasposta all'interno degli
elementi di natura inerte. Il "recupero" estende
oltre il piano compositivo nella sfera concettuale e mentale
per innescare processi simultanei di percezione ottica e
di unità figurale nella misura in cui la lacerazione
è accolta per unificare colore, materia, forma: l'energia
creativa concentrata nella trasmutazione espressiva che
sostiene la riflessione per la "grazia" dell'arte.
a cura di Dino Del Vecchio