nu. 31 anno terzo¬ 1 ottobre 2006 mensile online gratuito
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A tutto Tavor: Privacy


Non ricordo da quanto la conosco. Graziella Altieri è un'amica di famiglia, sempre vista negli incontri conviviali sotto le feste. Elegante, snella e giovanile; una persona riservata ma egualmente pronta e gentile. Il suo stile, si direbbe quasi "all'inglese".

di Luccia Danesin

L'età me l'ha detta giorni fa durante una lunga camminata. " Quasi settanta! ma stai scherzando? non sembra proprio..". Mai sposata, ma ugualmente tanto amata e ricercata. Ha avuto da sempre un dono, una passione tutta di cuore nel sapere risvegliare dal torpore delle medie tanti alunni arrivati al suo Liceo. Una scuola cittadina di prestigio proprio per la materia che insegnava: Lettere classiche.
Io e lei ultimamente siamo entrate in confidenza, forse da quando i nostri genitori son mancati. Ci siamo allora ritrovate non più per quei riferimenti di famiglia, ma per certe nostre già intuite affinità.
Sapendo di alcune sue preoccupazioni, di certi suoi timori per un problema di salute ("un piccolo ma invasivo esame medico", di più non dice) che deve affrontare, mi propongo volentieri per quel giorno di accompagnarla, di farle compagnia. Lei, così restia e discreta, un poco mi sorprende quando accetta la mia offerta.
La clinica fissata per lo scopo è sotto-tono, muri da ri-tinteggiare, arredi da rimodernare, ma ha fama di personale medico di buon livello, ed è proprio lì nel suo quartiere.
La sala d'aspetto è unica, è tutta in comune. Le sedie di fòrmica verdina attaccate strette-strette le une alle altre, sono disposte a mo' di raggiera, così ognuno ha gli occhi puntati di quello che gli sta giusto di fronte. Qualche colpetto di tosse e si scruta il tavolinetto posto nel centro. Alla rinfusa spiccano un po' stropicciate Stop, Novella 2000, Chi, Gente, tutte riviste da parrucchiere per soddisfare l'imperante gossip tanto di moda.

In queste strutture, come nei grandi ospedali, ci sentiamo davvero un po' tutti sperduti, straniati dal resto che abbiamo lasciato girare lì fuori. La luce fredda, giallognola dei tanti neon rende spettrale anche il più roseo incarnato. L'aria pesa, si sente la mandorla amara di certe pomate, gli asettici odori di alcool e crosoti; spesso, nell'ora dei pasti, frammisto e pregnante c'è anche quello di verdure bollite, quell'odore dei refettori, degli anni in colonia.
Mentre si aspetta, è presente in ognuno - e in qualcuno di più - l'acuta distanza da tutti quegli altri che gli sono vicini. Ognuno è calato dentro sé stesso con un tema centrale: l'esame da fare, l'esito da mostrare, i dubbi da chiarire: essere capiti, rassicurati da un medico gentile e paziente; e in tutti ugualmente la voglia impellente d'essere altrove, scappare da là. Riprendere fiato e scrollarsi di dosso tutti quei mali…

Ogni tanto dal lungo corridoio sbuca un dottore - diverso a seconda della specialità - e chiama per nome e cognome il paziente già iscritto nella sua lista.
Graziella è un po' tesa, cerco parlando di tranquillizzarla ma la vedo sfuggente, imbarazzata per tutta la gente, gli sguardi. Mi dice qualcosa e poi intuisco: si avvicina, in tutta l'altezza e con sorriso smagliante, un bel giovanotto: "Professoressa, che piacere rivederla. Anche lei qui?" "Io devo farmi una lastra al ginocchio, ...sa, giocando a calcetto..". Ora l'amica, pur riluttante, è entrata nel "ruolo", e mentre si informa sulla carriera del suo ex alunno, anche lo sguardo le torna curioso.

Dal fondo del corridoio qualcuno chiama il suo nome.
Graziella si appresta ad alzarsi mentre saluta con un sorriso composto il suo giovanotto.
Nella sala gremita di gente un'anziana infermiera si affaccia, gira lo sguardo un po' infastidito e sillabando computa con voce squillante: "Gra-zi-ella Al-tie-ri, la signora della retto-sco-pia".

Di Luccia Danesin

 

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