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Nu. 41, IV - 1 agosto 2007 -mensile telematico sul Veneto e Triveneto e cosa fanno i veneti dentro e fuori d'Italia

Famiglie d'altri tempi: la trilogia di Mariano Berti


Nomen omen, il nome è un auspicio, del contenuto in questo caso. Famiglie d’altri tempi è il titolo giusto per quest’opera il cui contenuto è proprio la storia di tempi passati in cui la famiglia era qualcosa di totalmente diverso. Indagini sociologiche e antropologiche sono riuscite a definire le famiglie d’altri tempi, ma non sono riuscite a trovare un accordo per quelle contemporanee, perché in fondo a tutti piace sentirsi famiglia al di là dei canoni della tradizione.

Di Sara Miriade

Pierina Zanatta  e Giorgio MiriadeLe famiglie d’altri tempi di Mariano Berti sono le famiglie di un paese che ha nome Paese (in provincia di Treviso) e delle sue frazioni, per un totale di oltre cento famiglie, le cui vicende si sviluppano in tre poderosi volumi.

Prendendo in mano questo libro non ho potuto non iniziare la lettura dalla mia famiglia che da parte di padre è di Paese. Mia nonna paterna Pierina faceva parte della famiglia Zanatta, degli 'Stradini' di Porcellengo, settima dei dieci figli di Filomena e Gaetano. Mio nonno Giorgio, invece, veniva da fuori, ma anche lui si era lì conquistato un soprannome, quello di ‘Subio’. Quando da piccola andavo a trovare i nonni, mio padre mi diceva che però quella non era la loro casa d’origine; la casa degli ‘Stradini’ si trovava davanti alla scuola, vicino all’attuale panificio.
A Porcellengo c’era un pastificio, quello dei Vettoretto che era in società con un Pistrelli. Anche mio nonno e altri ‘Stradini’ lavoravano in quel pastificio, chiuso per un incendio nel 1969. Però ciò che ha dato la riconoscibilità a questi Zanatta, non fu tanto il lavoro nel pastificio ma quello alle dipendenze del comune in qualità appunto di stradini, operai addetti alla manutenzione delle strade. Un altro Gaetano della famiglia ‘Stradini’, volontario in Somalia, con i soldi ricavati si era comprato una bicicletta. Una mia zia mi ha raccontato che per avere una bicicletta si è allevata le oche che poi ha venduto con la loro preziosa piuma. Sono davvero cose d’altri tempi, anche se sono passati poco più di cinquant’anni. Dice Mariano Berti che gli ‘Stradini’ erano buona gente, onesta e amata dal paese.

A fine aprile 2007 è morta mia nonna Pierina all’età di novantacinque anni. La Chiesa di Porcellengo era affollatissima, come quando si saluta un giovane che se ne va. Tutti i figli di Pierina e Giorgio si sono sposati con persone da fuori Paese, tranne zia Ada che si è maritata con un Moro, della famiglia dei ‘Mori’ di Postioma.

Insieme alle storie delle famiglie si intreccia la storia di Paese, delle sue frazioni e dell’Italia. A volte sembra di leggere i Malavoglia di Giovanni Verga. Non solo ci sono i soprannomi dei cognomi, ma anche quelli dei nomi. La stragrande maggioranza di queste persone vive storie difficili e dolorose legate ai problemi di sopravvivenza di famiglie numerosissime: avevano quasi tutti dai cinque ai dieci figli, che spesso morivano in tenera età per malnutrizione assieme alle loro madri di parto. Sono però inevitabilmente coinvolte nelle vicende politiche italiane: dalle guerre coloniali a quelle mondiali. Molte persone emigrano in cerca di una vita migliore. Quelli che rimangono in qualche modo riescono a prospettare un futuro diverso, passando il testimone della tenacia a diverse generazioni senza l’urto prepotente dell’immigrazione, pagando però talvolta il prezzo di un conservatorismo eccessivo.

Mariano Berti ha costruito questo labirinto di famiglie e parentele, servendosi degli archivi parrocchiali, però conosce fatti e avvenimenti che trascendono la severità di un archivio. Penso che la storia orale, sia stata la spinta essenziale, alla quale il dato d’archivio ha apportato veridicità scientifica.

Leggendo questi libri non si avverte nostalgia per dei tempi durissimi di forte ingiustizia sociale, ma il dovere etico di conservare la memoria, anche della gente 'vera', che non ha costruito la storia diplomatica o aulica, ma comunque quella nazionale.

Mariano Berti ci ha dato un libro importantissimo per la costruzione della nostra consapevolezza del passato, nella società contemporanea che è più democratica e giusta, ma talvolta forse troppo ‘futurista’.

Una sola critica mi sento di fare all’autore, che riguarda la consultabilità dell’opera nel suo apparato iconografico e strumentale: le foto non danno corrispondenze certe con le didascalie sottostanti; l’indice dei nomi è privo della pagina di riferimento. Rispetto a quest’ultima critica penso di essere troppo severa, perché i nomi sono davvero tantissimi e diffusi.

Di Sara Miriade  

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