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Cosa cambia, i giorni del G8 di Genova: intervista a Roberto Ferrucci

A cura di Carlo Sala

Ferrucci
Roberto Ferrucci

Da alcuni mesi è uscito nelle librerie Cosa Cambia, l’atteso nuovo romanzo di Roberto Ferrucci, edito da Marsilio.
Nel libro sono rievocati i giorni del G8 di Genova del 2001. Fatti che spesso tornano alla ribalta della cronaca per motivi politici, di ricerca storica o per nuovi sviluppi giudiziari. Cosa certa è che non è mai stata fatta piena chiarezza.
Ferrucci con il suo libro non tenta di portare delle risposte univoche o delle verità, ma solo un punto di vista sincero. Il tutto ponendo al centro della narrazione la sua esperienza umana, alternando cronaca a vicende personali, filtrate da una profonda emozionalità.
Ho incontrato lo scrittore durante la presentazione del suo libro alla Piccola libreria dietro l’angolo di Motta di Livenza. Terminato il momento ufficiale sono andato cena con l’autore ad alcuni amici: il poeta Fabio Franzin, Michele Toniolo di Amos Edizioni e Sergio Momesso storico dell’arte e promotore dell’incontro. Un momento conviviale in cui è nata questa intervista che vuole riflettere su alcuni aspetti di Cosa Cambia.

Come è nato il tuo romanzo?
Questo libro nasce da un’esperienza collettiva, quella del G8 di Genova nel 2001. Una urgenza che si è protratta negli anni, prima in modo istintivo e poi si è trasformata in un’urgenza riflessiva e alla fine narrativa e letteraria.

Mi sembra che il tuo non sia un libro dai connotati spiccatamente politici, hai paura che vi sia una strumentalizzazione dei giudizi…
Quando si scrive un romanzo si fa attenzione a tante cose, ma non a come verrà letto o se è giusto o meno scrivere una cosa. Io non mi sono minimamente censurato, sarebbe gravissimo che uno scrittore, alle prese con qualunque tipo di storia, lo facesse. Per quel che mi riguarda, quando ho iniziato a scrivere questo romanzo, sei anni fa, c’era molta rabbia, ovvio. Poi, il distanziarsi via via da ciò che è accaduto, non poteva che essere narrato in questo modo, soprattutto perché la mia non è una testimonianza pura e semplice, ma un percorso narrativo.
Il mio intento era che i fatti di Genova fossero una sorta di base per il protagonista, su cui poggiare un’esistenza: ciò che aveva vissuto fino al momento in cui varca la soglia di quell’anonimo hotel dove dopo anni torna e cerca di capire. Cerca di leggere fuori e dentro di sé e non a caso per farlo ha bisogno di vari filtri. Queste “lenti” gli servono per sopportare tutto quello che è accaduto, ed è ciò che poi usiamo per sopportare ciò che accade nel nostro intimo, nel privato. Al protagonista di Cosa cambia succedono le stesse cose che capitano e capiteranno a tutti noi: amori finiti, una maturità che arriva inesorabile e ti mette in relazione – a volte in opposizione, anche se non è questo il caso - con le generazioni che stanno dopo di te.

E’ stato difficile ripensare a quei momenti? Hai fatto trascorrere sei anni per far sì che non fossero così vivi?
Sono momenti che non si possono né cancellare né esiste alcun modo per farne perdere la forza, la pazzia e l’assurdità. Te le porti dentro per sempre, le cose che sono successe a Genova. I sei anni sono stati necessari perché quegli eventi sedimentassero dentro e partissero da una profondità che potesse slanciarli di più verso la pagina, verso un altrove narrativo.

Il tuo romanzo non porta verità assolute, ma punti di vista strettamente soggettivi. Se letto da una persona che non ha vissuto quei momenti e li ha semplicemente seguiti in modo distratto alla televisione, che idea potrà farsi degli accadimenti?
Ho ricevuto molte email da parte di ragazzi di poco più di vent’anni, che ai tempi di Genova erano molto giovani. Quasi tutti mi dicono che per loro leggere il libro è stato come essere lì. Altri li incontro alle presentazioni, e non solo giovani, ma gente che di Genova sapeva solo il sentito dire o poco più. Da parte loro c’è una forte necessità di capire. Credo che uno scrittore non debba dare risposte. Tramite una storia, meglio, tramite questa storia ho provato solo a vedere se esiste un’eventuale percorso di chiarezza. Non sono io a dover dare risposte a ciò che è stato fatto a Genova. Del resto, alla fine accade come per qualunque romanzo, quando esce dalla stanza dello scrittore non è più suo e ognuno ne farà la lettura che crede. E oggi, a distanza di qualche mese dall’uscita del romanzo, posso dire che sono soddisfatto di come questo libro viene letto, al di là di ciò che racconta. Quello che viene sottolineato, da lettori e critici, è la qualità della scrittura. Ed era questo, che cercavo in particolar modo.

Questo è il tuo secondo romanzo, e sono passati molti anni dal primo. Come mai hai lasciato trascorrere un tale lasso di tempo?
Prima di sentire l’urgenza di scrivere Cosa cambia, stavo lavorando a un altro romanzo. Ma era il 2001 ed erano passati comunque tanti anni da Terra rossa. Credo che gli altri libri che ho scritto abbiano una loro importanza, non sono strettamente narrativi, ma sono comunque narrativi. Poi se non ho una buona storia da raccontare non mi ci sforzo, non ho l’esigenza di essere in libreria a tutti i costi. Credo che in libreria ci devi arrivare veramente “corazzato”, cioè con un romanzo che può piacere o meno, ma al quale nessuno possa dire che è furbo o di mestiere. Ci deve essere una forte necessità in ogni libro, questo è un dovere morale dello scrittore. Se altri agiscono in un altro modo, sono liberi di farlo. Qualcuno mi rimprovera di essere poco furbo, ma va bene così.

Prossimamente a cosa lavorerai?
Oggi venendo in macchina a Motta di Livenza probabilmente è nato un progetto. Ma per scaramanzia non ne parliamo. Prima mi hai chiesto perché sono passati tanti anni tra un romanzo e l’altro, ora però posso dirti che non ci metterò così tanto per un altro romanzo.

NOTE BIOGRAFICHE
Roberto Ferrucci è nato a Venezia (Marghera) nel 1960. Ha pubblicato il romanzo Terra rossa (Transeuropa, 1993), Giocando a pallone sull’acqua (Marsilio, 1999), Andate e ritorni (Amos edizioni, 2003). Con Solitudine ha partecipato alla raccolta I nuovi sentimenti (Marsilio, 2006). Insegna Scrittura Creativa alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova. Scrive su giornali e riviste.

Il suo sito è www.robertoferrucci.com

A cura di Carlo Sala

IV anno,  2007
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