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Storia, immaginazione, verità e leggenda: conversazione con Dania Zanotto

A cura di Carlo Sala

Zanotto mecit Entari
Dania Zanotto - Mecit Entari -

Presso la Galleria di Polin di Treviso va di scena la personale di Dania Zanotto intitolata Storia, immaginazione, verità e leggenda. La galleria è “invasa” dai lavori dell’autrice, ricchi di pathos ed evocazione. Si viene così a creare un rapporto spaziale in cui opere, location e visitatore dialogano in modo profondo e intimo.

Il nucleo principale della mostra è costituito da opere realizzate nel 2006. Lavori che partono da storie, miti e spunti culturali, espressi dalla sensibilità soggettiva dell’autrice. Ecco quindi apparire abiti che sembrano usciti da una battaglia medievale, ma anche le vesti degli sciamani, le suggestioni del Medio Oriente o i tratti culturali del Giappone. Questi però non sono una visione descrittiva, ma solo un punto di partenza per una narrazione interpretata in cui echi distanti sono attualizzati ad una cultura visiva contemporanea.
L’oggetto diventa simulacro, portatore di istanze e intriso di sensazioni della persona che immaginariamente lo avrebbe potuto indossare. Si possono “sentirne” l’inquietudine e le suggestioni di attimi che appartengono a esistenze variegate. Momenti che alternano un lato idilliaco a sofferenza. Ad esempio nel lavoro Mecit Entari, in cui la componente sociale è molto forte, una sorta di tributo alla condizione delle donne dei paesi del Medio Oriente. Petali di rosa secchi sono bloccati nell’abito da una cucitura. Questa è metafora del lavoro delle donne, ma anche simbolo della carne umana lacerata dalle tragedie che sconvolgono quelle terre.
Le opere della Zanotto creano delle forti suggestioni nel visitatore. Oggetti che sono avvolti da una aura misteriosa. Una trascendenza insita che va al di là di un credo religioso o dogma specifico, portando ad una spiritualità insita in tutti i popoli.
In occasione della mostra trevigiana ho intervistata Dania Zanotto. Abbiamo parlato delle origini del suo lavoro, degli sviluppi attuali e dei progetti per il futuro.

Riflettiamo sulle origini del tuo lavoro. Dove nasce il tuo interesse per queste tematiche a cavallo tra il sacro ed il profano?
Parte delle tematiche che affronto nel mio lavoro hanno avuto origine in seguito agli studi storici e alle ricerche iconografiche svolte per la tesi, nella quale mi sono occupata del confronto tra sacro e profano. In particolare, come si intuisce dal titolo: Marginalità, Carnevale, musica Grottesca nel Medioevo, nella tesi ho analizzato gli spazi  fisici e temporali in cui il profano veniva relegato, imbattendomi in una serie di strumenti musicali grotteschi improbabili, come la musica del basso corporale. Analizzando anche l’ambito più nobile, mi ha stupita come alcuni di questi strumenti, la cui origine nasceva in Turchia per poi arrivare in Italia attraverso la Spagna, fossero pregni di spiritualità, è il caso dello ûd turco o liuto rinascimentale.
In seguito, incuriosita dalla simbologia, ho cercato di indagare l’ambito delle percussioni, presenti in tutta la musica profana e popolare. Così sono iniziate le letture sulle tradizioni magico-visionarie degli sciamani.
Il suono del tamburo agisce focalizzando l’attenzione dello sciamano e crea un’atmosfera di concentrazione tale da rendergli possibile di penetrare nello stato di trance, fissando quindi la sua attività mentale sul viaggio interiore dello spirito. Alcune ricerche hanno dimostrato che il ritmo sonoro del tamburo sciamanico produce una particolare frequenza nelle onde theta dell’encefalogramma, che sono la lunghezza d’onda celebrale associata con i sogni, lo stato ipnotico e la trance.
Perciò, il tamburo -come pure i costumi cerimoniali degli sciamani- sono pregni di sacralità, si ritrovano con chiarezza i processi mitici che vi sono incorporati. Gli strumenti e gli indumenti magici, nella loro forma e nei materiali di cui sono fatti, nei disegni e nelle figure che vi sono incise, incarnano i legami simbolici con l’altro mondo.
Ecco spigata l’idea di creare delle vesti che vengano allestite sospese dell’alto, come i costumi consunti che i tungusi abbandonano appesi agli alberi della foresta, sono vesti abbandonate dagli spiriti…

Ao
Dania Zanotto -Ao-

Nei tuoi lavori narri le suggestioni di molti popoli. Come ti avvicini a queste culture e perché alcune ti interessano particolarmente?
Hai detto bene parlando di suggestioni, la mia ricerca parte proprio dalle “suggestioni”.
Sono interessata a tutti i fenomeni  e alle pratiche del sacro che si riscontrano in molte zone del mondo. C’è un passo del saggio Immagini e simboli (1952) di Mircea Elide che può aiutare a spiegare meglio le intenzioni concettuali del mio lavoro: “il simbolo, il mito, l’immagine appartengono alla sostanza della vita spirituale, è possibile mascherarli, mutilarli, degradarli, ma non li si estirperà mai… le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità ed adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell’essere. Ne consegue che il loro studio ci permette di conoscere meglio l’uomo, l’uomo tout court, quello che non è ancora sceso a patti con le condizioni della storia.”

Nella galleria dei tuoi “personaggi” ce n’è uno a cui ti senti particolarmente legata?
Bella questa domanda! Certo che c’è un personaggio che ritorna ciclicamente nel mio lavoro, è la figura del guerriero.
L’armatura per me ha un significato evocativo,  perché del medioevo rappresenta il lato della forza, dell’aggressività, della materia. Dunque quest’epoca, ma in genere tutti i periodi  storici ai quali mi ispiro, vale per il potere di creare suggestioni estetiche ed anche per lo spirito che di essa riesco a cogliere, perciò mi sono occupata del guerriero non solo in ambito occidentale, ma anche orientale: i samurai. Dell’uomo medievale, ad esempio, mi incuriosisce la possibilità virtuale, in un percorso dal passato al futuro, che possa ritrovarsi nel ventunesimo secolo e mi chiedo quali sarebbero le sue reazioni di fronte alla contemporaneità. Le mie vesti dalle forme arcaiche e fatte di materiali sia antichi che del presente segnano questa potenzialità di rielaborazione e attraversamento. Attraversamento che io nel contempo compio a ritroso, come se le vesti fossero reperti del passato, rinvenimenti casuali fragili e capaci di suscitare meraviglia. Cerco di ricreare un rapporto con l’abito che richiami la ritualità antica dell’indossare.

Che valore attribuisci alle tue opere nella loro accezione oggettuale? Parlo della fisicità apparente in forma di simulacro che porta con sé suggestioni non tangibili…
Attribuisco alle mie opere, come idea fondamentale, il valore di ierofanie, cioè la manifestazione del sacro nelle realtà cosmiche e in quelle profane.
Cerco le coincidenze tra la dimensione sacra, magica e spirituale.

In alcuni tuoi lavori mi pare emergano anche degli aspetti sociali…
Sicuramente, credo  sia importante per  l’artista occhieggiare alla realtà in cui vive, partecipare  e raccontare con i propri metodi e misure la contemporaneità .

Che idea di spiritualità si può percepire dai tuoi lavori?
Spero si percepisca un’idea  di spiritualità universale, oserei dire cosmologica.
Le mie vesti alludono a presenze non tangibili, ma in modo leggero, sono trasmigrazioni suggerite dalla luce che passa attraverso la trama, alludono alla possibilità di passare attraverso. Tutti gli abiti, che siano kimono, cotta o armatura, lasciano intuire che la veste è pregna di qualcosa, è intrisa di valenze spirituali anche in assenza del corporeo; lasciano immaginare, non sono incasellate in categorie storiche, geografiche o del folclore. Mi aspetto che l’osservatore immagini, che metta in campo il tatto, l’odorato, la vista, l’intuizione.

Una soddisfazione?
Ogni qual volta sperimento un nuovo materiale e vedo definirsi tridimensionalmente l’idea di un nuova opera…  nonché la lettura giornaliera del blog di Beppe Grillo.

Un rimpianto?
Non racconto i miei rimpianti, fanno parte della sfera intima personale…
Però potrei dirti l’essere nata donna in questa contemporaneità (ovviamente è ironica la mia risposta).
L’essere donna non facilita in nessun campo lavorativo, a meno che, per raggiungere la notorietà a tutti i costi,  non si decida di essere immortalate per 365 giorni (almanacchi ormai inflazionati) o di partecipare a qualche programma televisivo nel quale, quasi sempre, non è fondamentale l’essere sagaci o auto-ironiche, semprechè madre natura sia stata generosa, o che un bravo dottore sia intervenuto con il bisturi: delle belle “immagini per frequentazioni maschili solitarie”! (Achille Bonito Oliva).
Lo svilente panorama, con cui  siamo costretti quotidianamente a fare i conti, non ci presenta di certo un’immagine femminile gratificate.
Penso, tuttavia, che le donne che decidono di intraprendere la carriera artistica abbiano, dalla loro, carattere, temperamento, tenacia, professionalità e una grande convinzione e stima del proprio lavoro. Tutti ingredienti fondamentali per aspirare ad una seria e soddisfacente esistenza (o sopravvivenza?) nel mondo dell’arte.

Un sogno?
Conoscere Vinicio Capossela e dedicargli una serie di opere-tributo.

Carlo Sala con l'artista
Dania Zanotto con Carlo Sala

Verso quali poetiche si sta dirigendo il tuo lavoro? Hai pensato cosa realizzare per il nostro prossimo progetto…
Per ora il mio lavoro sta evolvendo verso l’installazione. La mia ultima fatica si intitola Tributo all’Occidente e al Medio Oriente / Preghiera al petrolio.
Misura 5,50m  di altezza, 9m di lunghezza e 4m  di profondità, ed è un’installazione realizzata con  bitume, ferro, pelli di capra e sabbia.
Questo lavoro riassume i temi della mia ricerca: antropologia del simbolo, archetipi e memorie sedimentati dalla storia e dalla tradizione.
Il sacro rigore del simulacro-medium è un sordo lontano rimbombo di uno scontro di culture che ancora,  barbaramente, si ripete. 
La materia rievoca il dibattito  contemporaneo che coinvolge Occidente e Medio Oriente che ha sicuramente, come movente occulto, il petrolio: ostaggio e conseguenza di politiche  puramente economiche, diventa causa e simbolo dell’acutizzarsi degli estremismi religiosi.
I prossimi progetti sono installazioni in cui voglio analizzare tematiche storiche e sociali del nostro tempo, ma non ti racconto altro perché alcune idee me le hanno già indebitamente sottratte.

INFORMAZIONI SULLA MOSTRA

Dania Zanotto

Storia, immaginazione, verità e leggenda

Dal 18 novembre al 16 dicembre 2007

Galleria Polin Arte Moderna e Contemporanea - Treviso
Vicolo S. Pancrazio n°20 (zona Quartiere Latino)

A cura di Abcveneto

IV anno,  2007
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